antiberlusconismo d'accatto
Scritto il 15/05/09 alle 12:13:53 GMT pubblicato da giorgiaccio
PoliticaHANNO ZERO
  “Perché siamo antipatici” (sottotitolo: “La sinistra e il complesso dei migliori”) è un libro a mezzo cui qualche anno fa il docente universitario e scrittore progressista Luca Ricolfi, con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue, tentò di richiamare a Terra una classe dirigente da troppo tempo veleggiante sulle alate sfere dell’autoreferenza politico-morale. Dopo la debaclè piddina del 2008 e la rapidità con cui a sinistra proseguivano imperterriti nel bruciare i residui margini di peggioramento, Ricolfi ha dato alle stampe un’edizione aggiornata del suo best seller. Niente da fare, però: troppo forte l’atavico richiamo della foresta verso un’alterigia su cui la sinistra, malgrado il crollo di consensi che definire verticale è un eufemismo, continua pervicacemente ad insistere. Ormai in fuga dalla politica, al PD ed annessi caudatari mediatici non è rimasto che aggrapparsi con tutti gli artigli alle vicende familiari di Silvio Berlusconi e signora, cavalcando anche in tal caso quella disinformazia pelosa che dal ‘94 fa da puntuale corollario all’azione politica degli antagonisti del premier. Non essendo mai riusciti a metabolizzare la siderale popolarità del Cavaliere, rifiutano ancor oggi di accettare il fatto che quelli che loro solitamente additano come i suoi peggiori difetti, per la maggioranza degli italiani rappresentano invece incomparabili pregi. Come d’altronde attesta l’epocale consenso che già lo ha proiettato oltre De Gasperi.
      Il sermoncino ammannito in collegamento diretto con la  “terza camera” di Vespa dal mellifluo direttore del Corsera, De Bortoli, assurto a paterno mentore del premier per significargli la presunta topica dell'aver partecipato alla festa di compleanno della figlia di un militante, e financo di essersi fatto ritrarre in qualche foto con cuochi ed inservienti (di cui uno indossava – orrore! - una maglietta con scritto SONG ‘E NAPOLI), è il paradigma ideale di questa sinistra del superattico definitivamente inabilitata ad intercettare il consenso della gente comune. Di certo un arbiter elegantiarum dall’algido aplomb come Max spezzaferro D’Alema non si sarebbe mai lasciato immortalare a fianco di umili cucinieri: vuoi mettere – questione di stile – le photo opportunity in Libano a braccetto coi due maggiorenti Hezbollah?  
     Fallisce pure il pedestre tentativo delle truppe d’assalto santoriane – ormai Hanno zero… – cui questa sinistra alla canna del gas ha delegato l’estremo tentativo di arginare la straripante allure del premier. Non è servito il “Wishjinsky de noantri”, Travaglio, sostanzialmente inefficace malgrado la consueta centocinquantina di ore settimanali trascorse a spulciare tra emeroteche ed archivi giudiziari; né il Vauro monomaniacalmente involuto quasi come le sue più penose che esilaranti vignette; ne la signora Guerritore in Zaccaria, già Lupa, Femmina, Mutanda pazza, Sensi e Scandalosa Gilda (sono i titoli di cinque suoi film, tanto per capire da che pulpito). Ed è tutta fuffa anche la pletora di comunicati stampa diramati urbi et orbi dal liquidatore del PD, Franceschini, abile come nessuno nel riempire il vuoto con l’inutile, singolare fattispecie di elisione politica – che dà come risultato il nulla - tra padre partigiano e nonno fascista, per di più podestà. Al punto che a sinistra già s’ode netto "a’ ridatece er Veltrone". Che magari, col amenità tipo “I care” et similia, qualche voto operaio in meno riuscirebbe pure a perderlo. Del resto la gauche caviar, adusa da sempre negare il progresso in nome del progressismo, o e snob o non è. Come sintetizzò mirabilmente un acuto osservatore, comunisti ed aristocratici gratta gratta sono uguali, perché entrambi odiano il popolo. Ma c’è una differenza: i primi, il popolo, lo hanno pure mandato in Siberia.
      http://www.giorgiocolomba.it

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