Lo scrittore senegalese eroe dei clandestini è un imbroglione
Scritto il 10/07/09 alle 01:30:16 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Cronaca e AttualitàUn clamoroso falso. Insomma, un magliaro dalla penna facile quasi quanto la sua faccia tosta
Adesso, il più scornato di tutti, ben più dei tanti lettori dalla lacrima facile che si erano precipitati in libreria ad acquistare i suoi due libri, divenuti entrambi best seller, è probabilmente il suo editore, il francese Max Milo. Perché i soldi delle tirature e delle ristampe non sempre bastano e soprattutto perché perfino gli editori, in fondo, hanno un amor proprio.
La notizia è infatti che Omar Ba, il più che acclamato e ammirato ex studente ventinovenne senegalese, divenuto celebre e agiato con due libri in cui narrava la sua epopea personale, quella di un immigrato illegale giunto in Occidente attraverso mille e mille dolorose peripezie, era in verità un tarocco. Un clamoroso falso. Insomma, un magliaro dalla penna facile quasi quanto la sua faccia tosta. Faccia ovviamente d'ebano, più che di bronzo.
Faccia che invece ha sicuramente perso il povero Milo, dal momento che al di là dei soldi che ha sicuramente incassato, lui è in ultima analisi la persona che al sedicente immigrato aveva creduto per primo, l'imprenditore che gli aveva dato carta bianca, l'uomo di cultura e di buone frequentazioni che lo aveva trasformato da disperato senza patria in uomo ricco, rispettato e famoso. Invece, ora si scopre che si era inventato tutto: nessuna odissea strappalacrime, nessuna sofferta clandestinità, bensì un permesso di soggiorno valido, in regola, fin dal suo arrivo.
La notizia, che ha percorso rapidamente di tavolino in tavolino tutti i bistrò parigini, destando incredulità e prevedibile disdoro tra gli intellettuali della gauche impegnati nella loro principale attività quotidiana - «Cameriere, un altro Calvados!» - l'ha data il quotidiano Le Monde. Che insospettito per alcune incongruenze contenute nei libri del senegalese, ha abbandonato per una volta la sua francesissima spocchia per fare invece quello che si fa più umilmente nei giornali: verificare le notizie.
È bastato così un banale lavoro da cronista, mettendo a confronto alcuni fatti narrati da Ba con quella che invece risultava essere l'effettiva realtà di luoghi, date e circostanze a cui lo scrittore aveva fatto riferimento, per vaporizzare anche l'ultima goccia di credito sulla fiducia che era stato concesso all'ex studente di sociologia. Basta partire dal suo presunto arrivo a Parigi, il primo novembre 2002. «Frugavo tra i cestini ricoperti di neve», scrive lui, mentre invece in quei giorni c'erano dieci gradi. E sbagliate sono risultate anche le sue descrizioni delle Isole Canarie, di Lampedusa, della Libia e di Melilla, là dove ha fatto credere di essere passato. Perdipiù, sia l'associazione che aiuta gli immigrati, sia il ministero dell'Immigrazione non hanno traccia né della sua clandestinità, né del suo supposto arresto, né tantomeno della sua millantata espulsione.
Il primo libro di Omar, quello che gli aveva dato immediata fama e ricchezza, era stato «Sete d'Europa». Testimonianza di un clandestino, in cui descriveva un terribile periplo di tre anni tra minuscole barche stracolme, cadaveri e lotte e corpo a corpo con i fili spinati. Il secondo, uscito due mesi fa, s'intitola «Sono venuto, ho visto e non ci credo più», volume nel quale il magliaro d'Africa, ormai ben sistemato in qualche attico del Quartiere Latino, con croissant caldi ogni mattina, ha superato la già insuperabile faccia tosta. Arrivando a lanciare ai suoi presunti e futuri compagni di sventura un ipocrita appello. «Non venite in Europa, non ne vale la pena!». Volendo dire, lo si scopre ora, «io mi sono piazzato, qui siamo già troppi, non venite a rompere anche voi».

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