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Scritto il 05/04/08 alle 20:47:36 GMT pubblicato da Annarita |
![]() ![]() In solo due parole i greci hanno condensato l'inspiegabile. Inspiegabile davvero, perché col passare del tempo non siamo più capaci a prestare attenzione alle situazioni e, sopratutto, alle parole. Non siamo mai bravi a cogliere il fattore terrificante di un determinato evento. Volando basso, mi riferisco ai giochi olimpici di Pechino 2008 e alla disumanità aberrante di ciò che per definizione, ahimé, è quel Governo. Se Oriana fosse ancora qui in carne ed ossa, già da tempo avrebbe parlato con infinita e dovuta indignazione della quasi simbiosi storica tra le Olimpiadi messicane del 1968 e questo disumano schifo. Ben 40 anni secchi. per essere punto e a capo. Qui non si tratta in percentuale maggiore di memoria corta, qui si tratta di presa di potere alfine di compiere sciacallagio dei Diritti Umani. Ancora. Nel Messico, come spero rammentiate, i Ferrocarilleros, il Movimento Studentesco e molta parte della cittadinanza volle usufruire dell'ultima carta che rimane a un popolo per dissentire il Governo. Vollero davvero occupare Piazza delle Tre Culture portando con sé striscioni e cartelli. «Moriamo di fame» era l'unica "arma affilata" che possedevano e con la quale erano ben disposti ad affettare come si deve un Governo sordo-cieco-muto e anarchico verso il senso stesso di civiltà. Oggi cosa cambia? La motivazione, ma la ferocia no. Anzi, a confronto è assai più orrido quel che sta succedendo proprio sotto i nostri occhi. Ma per spiegare la motivazione bisogna retrocedere di molto, giungendo dunque alla nascita delle Olimpiadi. A scuola abbiamo imparato il "fatterello" (secondo il metodo e la mentalità del tutto erronea propria di alcuni insegnati) narrato da Omero nell'Iliade prima e poi nell'Odissea. L'Iliade narra del funerale di Paco, fratello di Achille, durante il quale si inducono delle competizioni sportive in onore del defunto; nell’Odissea, il capitolo dedicato allo sport, è quello che narra dell’incontro tra Ulisse ed una principessa, in seguito alla sua vittoria in alcuni giochi. Dunque, da ciò ne deriva la totale pacificità delle dispute. Questo significato fu il presupposto dal quale si partì poi per disputarle nelle Nazioni in pace, cosa che la Cina non è. «Chiediamo pace. La Cina non può opporre ostracismo politico sul simbolo di pace delle Olimpiadi», piangono convulsi i monaci buddisti. E con tali scottanti prove la Cina deve solo tacere, anziché fare nettezza urbana di monaci storicamente simbolo dell'inoffensività e tentando di cancellare la secolare natura dell'evento. Per secoli il Tibet ha avuto rapporti diversi di dipendenza o autonomia con l'impero cinese, ora la disumanità cagna di quel potere ha rotto gli argini. Ha iniziato ad annegare il Tibet, i monaci simbolo di libertà incondizionata e anche noi. Noi, sì, proprio noi che accendiamo la tivù per lasciarla parlare o per non far parlare chi in quel momento è nella stanza assieme a noi. Noi, sì, che amiamo il nostro piccolo strumento di potere e decidiamo d'imporre il silenzio tra i rapporti aumentando il volume delle insensatezze dal telecomando. Ma tanto che ci frega, noi stiamo al di qua, "lontani e al riparo". Buoni buoni. Senza comprendere o, peggio, senza voler comprendere che è già cambiato il senso delle Olimpiadi, che si è già sporcata la storia della pace ancora una volta e, cosa assai più grave, senza voler tenere acceso il flebile lumino della ragione che consente di vivere la libertà. Sì, ma tanto la storia è solo una materia da concludere al liceo con scarsa importanza del voto ottenuto. Sì, ma tanto abbiamo da pensare che c'è da fare la spesa, pagare le bollette, accompagnare i bambini a scuola e cercare di arrivare in orario sul lavoro per poterli prendere in tempo poi... insomma, abbiamo da rispettare il sistema che ci soggioga, abbiamo da vivere in una condizione per nulla necessaria. E questo non è essere "lontani e al riparo". Buoni buoni. Questo è decidere di decimare la realtà, frantumandola, macerandola per concedere terreno alla deviazione umana. Le immagini che la correttissima Cina continua a trasmettere, imbambolando le porcellane con gli occhi a mandorla, le ha dovute manipolare, come il portale di Google ed altri motori di ricerca nonché tutto il circuito dei siti internet, facendo infiltrare tra i monaci l'esercito. L'esercito cinese (di cui si è servito il Governo per dar sfogo alla sua sete bellica) ha sfregiato l'ultimo angolo immune dei Diritti Umani. Non dimenticatelo. Mai. "Pathei mathos" è la lezione di vita. Ma, giustamente, spunta la classica domanda di chi improvvisamente esce dalla massa, smette di asservire una assurda realtà e punta il dito contro:«Si, ma io cosa posso fare? Io cosa c’entro?» Minimizzando un po’ le cose, rispondo immediatamente. Siamo abilissimi, capacissimi, sfacciatissimi a difenderci quando veniamo attaccati con le parole o con i fatti. Sì, ma solo se ci tocca, se succede “a casa nostra”. Poi ci piace disperderci nella definizione marxista di “massa”, e mi riferisco alla reazione nei confronti di un fatto gravissimo e corale. No. E smettiamola. La massa non esiste: si è sempre soli ed individuali. E’ vero, determinate questioni, determinati problemi toccano altre corde, altre sfere. Ma noi non viviamo in base a degli equilibri, mi domando? Il concetto, le nozioni di rispetto ed educazione e di senso civico di protezione e di onestà che ci vengono impartite sin da bambini, si piantano e si curano solo nel piccolo orticello in cui siamo nati, oppure sono valori morali personali e collettivi incondizionati da applicare senza ristrettezze? Non sono moralista, comprendo i dissapori, la discordia, l’inimicizia, ma a tutto c’è una misura. Anche all’odio. |
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