Il governo combatte gli Spatuzza con l'antimafia di leggi e fatti
Scritto il 10/12/09 alle 13:35:05 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
PoliticaL’antimafia dei fatti e delle leggi che meglio e più di ogni altra cosa “spaventa per davvero la mafia” perché agisce su due direttrici vitali per la criminalità organizzata
L’antimafia delle leggi e dei fatti. L’antimafia dei 3844 mafiosi arrestati in diciannove mesi, del carcere duro per 167 boss, dei 21 su 30 latitanti più pericolosi catturati e depennati dalla black list, degli oltre sei miliardi in beni e patrimoni costruiti su piombo e morti ammazzati. L’antimafia che lavora a un piano straordinario (pronto a gennaio) per dare l’ultimo colpo, quello mortale, a Cosa nostra. La migliore risposta dello Stato ai “mi hanno detto che Berlusconi…”  del pluriomicida mafioso Gaspare Saptuzza, oggi pentito e con la mission di restituire “verità alla storia".

L’antimafia dei fatti e delle leggi che meglio e più di ogni altra cosa “spaventa per davvero la mafia” perché agisce su due direttrici vitali per la criminalità organizzata: il 41 bis che in 19 mesi ha decapitato,  ad esempio, le cosche  palermitane al punto che “oggi  non si riesce a capire chi comanda dal momento che tutti i capi sono in carcere” e il sequestro e la confisca dei beni accumulati fuori dalla legge. Il ministro della Giustizia Alfano e il titolare del Viminale Maroni snocciolano concetti e numeri nella conferenza stampa a Palazzo Madama insieme ai capigruppo del Pdl Gasparri e Quagliariello, il sottosegretario all’Interno Mantovano, la vicepresidente del Senato Rosi Mauro (Lega).  Cifre e dati, che se non raccontano molto su cosa c’è dietro l’arresto di ogni boss, cioè mesi di indagini serrate con forze dell’ordine e magistratura in prima linea, danno chiaro il quadro  dell’offensiva lanciata dal governo contro la criminalità organizzata.

I numeri dell’antimafia. Un attacco frontale che il Guardasigilli inquadra in una “delle stagioni più gloriose della lotta alla mafia” e che per tipologia di norme applicate (specie sul trattamento dei patrimoni sequestrati e confiscati), rappresenta un ''modello'' in ambito europeo ed internazionale.  La mafia non ha più teste e seconde linee, scandisce il ministro che rilancia l’obiettivo finale: sconfiggere una volta per tutte la mafia. Gli fa eco Maroni annunciando che il governo Berlusconi  lo farà con il piano di contrasto straordinario che “approveremo a gennaio” e poi passerà all’esame del Parlamento. Un piano in dieci punti tra i quali vi sarà la proposta del ministro dell’Interno di istituire un’Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati ai clan criminali.

Non manca una stoccata sul protagonismo di alcuni magistrati che Alfano non risparmia quando  osserva che “qualche luce accesa delle telecamere e qualche convegno in meno, ma qualche arrestato in più fa bene al Paese”. A stretto giro la replica dell'Anm che considera "legittima la presenza pubblica dei magistrati" e quelle di molti procutatori, da Grasso e Caselli. Non tutta la magistratura però, tanto è vero che Alfano ci tiene a ringraziare il procuratore capo di Palermo, Messineo, "per il tris di arresti Raccuglia, Nicchi e Fidanzati,  che ha consentito di decapitare la mafia palermitana”.  Anche per Nicchi, spiega il Guardasigilli è pronto il 41 bis, identica trafila dei 167 provvedimenti di 41 bis ai quali se ne aggiungono altri 769 di proroga per un totale di 946 decreti di carcere duro. Di questi, “solo 67 sono stati annullati dai tribunali di sorveglianza - sottolinea il ministro della Giustizia -, un dato dimezzato rispetto agli anni trascorsi'', mentre per in sedici casi è stato riapplicato il 41 bis.

I beni sottratti alla mafia. Il concetto è chiaro: ti porto via i tuoi beni e li uso contro di te, mafia. Frase efficace che Maroni scandisce per dire quanto è stato fatt e per replicare alle polemiche  sollevate dall’opposizione ma pure da settori della maggioranza (ad esempio il finiano Granata vicepresidente della commissione antimafia alla Camera)  sui rischi che la vendita di questi beni, prevista da un emendamento in Finanziaria, possa in qualche modo di farli tornare nelle mani di mafiosi o fiancheggiatori.  E’ una delle accuse che il ministro degli Interni respinge con forza ricordando come la norma che prevede la vendita a privati di beni aziendali risalga al ’99  e porti la firma del governo Amato. Anche qui parlano i numeri: sono  8.933 i beni immobiliari confiscati alla criminalità organizzata. Di questi 5.407 hanno trovato una destinazione, gli altri sono inutilizzati”.

Ecco perché in Finanziaria è prevista la possibilità della loro vendita. Si è detto che così si aiuta la mafia, non è così e non sarà così”. Il principio che un asset della mafia possa essere messo in vendita è già presente nella legge attuale, ma adesso dai beni aziendali viene esteso agli immobili. La nuova norma – spiega Maroni –  contiene tutte le cautele per evitare che un’azienda o una casa possano direttamente o indirettamente tornare nelle mani delle cosche siciliane, dei clan campani o della cupola calabrese.  Saranno i prefetti e le strutture dello Stato a gestire sul territorio la vendita dei beni confiscati con una priorità: la destinazione a scopi istituzionali e sociali. A questo si aggiunge la previsione di un’agenzia nazionale che “come proposto anche da settori del centrosinistra, possa utilizzare al meglio i beni confiscati” annuncia Maroni che nel giro di qualche ora incassa il placet anche dello scettico Granata.

Il ministro si sofferma poi sul fondo unico di giustizia, nel quale è finito il denaro contante sequestrato alla mafia depositato in banche, assicurazioni e uffici postali e adesso messo a disposizione del ministero dell'Interno e della Giustizia: le previsioni parlavano di un miliardo alla fine dell'anno, ma "al 30 novembre è già arrivato alla straordinaria cifra di un miliardo e 402 milioni," sottolinea il ministro che ricorda un ultimo dato: quattordici consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose.

Al bilancio di 19 mesi si aggiungono le analisi. Se per Gasparri il centrodestra è "docente dell'antimafia, altri della sinistra sono latitanti dell'antimafia", Quagliariello insiste su un punto: è tempo di chiudere con la storia delle ''due antimafie'' se si vuole mettere davvero la mafia con le spalle al muro "come sta facendo il governo con le forze dell'ordine e la magistratura". Un appello e insieme una denuncia quella del vicepresidente dei senatori Pdl per il quale "da una parte c'è l'antimafia dello Stato, dall'altra c'è l'antimafia dei professionisti, per dirla con Leonardo Sciascia: quella che punta sull'effetto mediatico ma dai risultati pratici assai dubbi".

Ma la polemica tra politica e giustizia non si ferma qui. La giornata si chiude con la decisione della sesta commissione del Csm che bolla come incostituzionale il ddl sul processo breve.

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