''Intervista con il potere'' di Oriana Fallaci
Scritto il 19/02/10 alle 00:43:46 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
OrianaIl potere messo nudo. Le interviste di Oriana Fallaci, che odiava profondamente il potere e non lo nasconde, ci fanno comprendere in pieno le miserie dei cosiddetti "grandi"

E intervistando alcuni fra i più notevoli leaders del secolo scorso, comprendiamo in che modo questi uomini, per nulla migliori, anzi spesso peggiori delle persone comuni,  influenzino tuttora le nostre vite.


Questo è ciò che possiamo ricavare dal libro Intervista con il potere edito da Rizzoli. In questo libro sono raccolte alcune delle più importanti interviste della grande giornalista.scrittrice fiorentina: dai due storici incontri con Khomeini e Gheddafi, per approdare alle interviste con Robert Kennedy fratello di JFK,  col leader afroamericano James Farmer, con il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso, coi leaders palestinesi Rascida Abhedo e Faruk el Kaddoumi, cogli italiani Sandro Pertini, Giovanni Malagodi, Ugo La Malfa, Giancarlo Pajetta ed Enrico Berlinguer, al dittatore cinese Deng Xiaoping, col leader di Solidarnosc Lech Walesa e al suo opposto Mieczyslaw Rakowski per terminare col generale israeliano Ariel Sharon.

Per comprendere la filosofia sottesa al libro, bisogna leggere attentamente il prologo della stessa Oriana Fallaci. La vicenda si svolge appena dopo la morte dell'amato Alekos Panagulis, l'uomo che insegnò ad Oriana a diffidare del potere, e in contemporanea alla morte di sua madre. Il fulcro è contenuto in alcune riflessioni di un amico americano sulla natura devastante e perversa del potere: secondo questo amico, se Panagulis fosse sopravvissuto e andato al potere, si sarebbe irrimediabilmente corrotto perché "il potere è una malattia che contagia anche chi crede d' esserne vaccinato. E' un diavolo che porta all'Inferno anche gli angeli del Paradiso" perché "succede qualcosa agli uomini e alle donne che arrivano in un modo o nell'altro al potere. Qualcosa che li imbruttisce, che li incattivisce, che li distrugge e li induce a distruggere anche se volevano costruire sulla Terra il Giardino dell'Eden" perché "erano mossi da un sogno. Il sogno di cambiare il mondo, di renderlo migliore. E per quel sogno avevano sacrificato una vita tranquilla, magari agiata, avevano rischiato la vita, s'erano fatti perseguitare, arrestare, esiliare. Non avevano ambizioni personali, o non sempre. Non intendevano mentire, tradire, uccidere. Eppure, appena abbattuto il potere che mentiva, tradiva, uccideva, hanno cominciato a mentire e a tradire e a uccidere. Sono diventati tiranni. Quanto ai leader che nessuno oggi osa definire tiranni, come Churchill o Roosevelt o De Gaulle, potrei dimostrarti che fino a un certo punto furono tiranni anche loro. E comunque non li definirei campioni di innocenza e di purezza. Hanno tradito e mentito e ucciso quanto i tiranni riconosciuti".

Il potere come malattia, ecco l'inquietante fil rouge che unisce le varie interviste di questo libro. Libro che si apre con una prima parte con le storiche interviste a Khomeini e Gheddafi. Sono interviste "narrative": Oriana non si limita a raccontarci il botta e risposta col vecchio ayatollah e col rais libico, ma narra la sua vicenda, il suo soggiorno a Teheran e Tripoli, le abitudini e le caratteristiche dei due personaggi, i loro gesti e le loro movenze. Oriana ci racconta anche ciò che ha pensato mentre intervistava i due tiranni. E il ritratto psicologico di Khomeini e Gheddafi ci dicono molto anche sul mondo in cui oggi viviamo.

Khomeini, dinanzi al quale Oriana Fallaci si levò il velo (da lei definito con disprezzo "cencio da Medioevo"), è descritto come un uomo terribile. Si fatica ad immaginarlo in una posa differente che non sia quella dell'asceta severo e disumanamente rigido. Oriana è sconcertata dalla rivoluzione islamica: le sembra di essere piombata nel Medioevo: anzi in un mondo peggiore del Medioevo, in quanto gli ayatollah soffocano ogni forma di arte e di cultura, cosa che non avveniva certo nel Medioevo cristiano. Khomeini è descritto con odio, ma non con disprezzo: è un uomo malvagio, ma anche un uomo di oscura grandezza. Oriana Fallaci sostiene che sia impossibile metterlo in ridicolo: mentre tutti gli uomini di potere da Hitler, Mussolini, Napoleone e Fidel Castro hanno qualcosa di autoparodistico nelle loro pose, in Khomeini questo è assente: un particolare che lo rende ancora più terribile. Questo fa comprendere come il gesto del levarsi il velo sia stato doppiamente coraggioso da parte di Oriana. Ma questo ci fa comprendere la terrifica serietà del regime khomeinista, nonostante il fatto che Ahmadinejad abbia quel qualcosa di ridicolo che mancava al grande ayatollah. Questo fa comprendere come, oggi più che mai, i rivoltosi iraniani siano da ammirare (e comprendiamo perché la Fallaci sia popolare tra i ragazzi di Teheran: quando intervistò Khomeini qualcuno cercò di toccarla, perché era stata "partecipe" della santità dell'ayatollah. Oggi le ragazze iraniane ammirano la donna che si liberò del velo dinanzi al terrifico mullah).

Se passiamo a Gheddafi la cosa cambia. Gheddafi è ridicolo, al limite dell'autoparodia. Dall'intervista di Oriana Fallaci emerge il ritratto di un piccolo, stupido e narcisista satrapo mediorientale, un uomo che si crede carismatico e invece è ridicolo. Uno stupido signorotto di bassa levatura intellettuale ma dall'ego smisurato che crede di cambiare il mondo con il suo Libro Verde, un'accozzaglia di sciocchezze e banalità ("E' un fatto indiscutibile che l'uomo e la donna sono esseri umani. Una donna mangia come un uomo, ama e odia come un uomo, addirittura può pensare come un uomo. Infine, vive e muore come un uomo...Perché Allah non ha creato un mondo di soli uomini o di sole donne? Deve esserci una ragione. E questa ragione è la differenza che esiste tra l'uomo e la donna: il particolare che l'uomo sia di sesso maschile e la donna di sesso femminile" La Palisse non avrebbe fatto di meglio!) che Gheddafi arriva a paragonare addirittura al Vangelo ("I am the Gospel" grida alla fine dell'intervista). Oriana rammenta un dialogo con Pietro Nenni sulla stupidità media del dittatore moderno. Il fatto che l'Italia si faccia continuamente prendere in giro da questo cretino, si faccia mettere sotto dall'idiota di Tripoli concedendogli qualsiasi cosa la dice moltolunga sulla pochezza dell'attuale classe politica (non a caso Oriana definì Berlusconi e Prodi, i due principali sponsor di Gheddafi "due fottuti idioti").

Ma il mondo di oggi lo si capisce anche da altre interviste: ad esempio quella a Deng Xiaoping, che è stato di fatto il creatore della Cina capitalista che oggi sfida tutti i mercati mondiali. Il suo prendere le distanze dalle disastrose misure economiche di Mao fecero acclamare Deng come il "Krusciov cinese". Niente affatto, risponde Deng. Egli non farà mai a Mao ciò che Krusciov ha fatto a Stalin. E questa intervista a Deng ci fa capire quanto ci si inganni a pensare che la svolta capitalista cinese significhi un rinnegamento degli orrori maoisti. Non si rinnega neppure Stalin. Mao ha commesso degli errori, nota Deng, ma il suo ritratto resterà per sempre in Piazza Tienanmen. Il capitalismo selvaggio e schiavile non è che una patina dietro la quale si nasconde ancora l'ombra di Mao, il più grande assassino di tutti i tempi. Deng sosteneva che "non importa se il gatto è bianco o nero, l'importante è che prenda i topi". L'intervista a Deng ci fa comprendere appieno come la Cina capitalcomunista, fondata dal successore del Grande Timoniere, sia un pericolo da non sottovalutare, perché ha la volontà di non democratizzarsi, di restare totalitaria.

Altre interviste sono rivelatrici: la terrorista palestinese Rascida Abhedo è una fanatica (anche se di ispirazione marxista e non islamista. L'islamismo prenderà il sopravvento più tardi, in Palestina) che, nonostante abbia un fidanzato, sostiene che nella sua lotta non vi è posto per i sentimenti: e che non prova alcuna remora morale nell'uccidere bambini israeliani: "più bambini morranno, più sionisti comprenderanno che è giunto il momento di andarsene" dice. Ed è la stessa logica che muove oggi i fanatici di Hamas: in Israele non ci sono civili. Ma la Fallaci attacca frontalmente anche Ariel Sharon, mettendo in evidenza la brutalità e la ferocia di diverse sue repressioni e bombardamenti in Libano (cosa che denuncerà anche nelo splendido, struggente Insciallah).  Enrico Berlinguer, spesso visto come un "comunista liberale" rivela nell'intervista la sua anima totalitaria di comunista, che ragiona per schemi di partito, che condanna l'imperialismo americano e svicola sugli orrori sovietici, e che rifiuta anche le posizioni dei liberal americani, dei laburisti inglesi e dei socialdemocratici tedeschi. Faruk el Kaddoumi alias Abu Lotuf che sostiene la superiorità dei fidayin palestinesi sui soldati israeliani perché questi ultimi hanno un' "eccessiva preoccupazione di morire" (cosa che anticipa il sinistro "Vinceremo perché amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita" di Osama bin Laden). Il comunista Pajetta è simpatico, ma ha quella punta di fanatica e ottusa obbedienza al partito che lo porta a fare agghiaccianti affermazioni come "se il partito me lo ordina, ti farò fucilare". Il leader afroamericano James Farmer, nonostante cerchi di mantenersi su posizioni moderate, ogni tanto lascia trapelare odio verso i bianchi e disprezzo verso lo "zio Tom" Martin Luther King.

Il potere quindi avvelena chiunque? Tra queste interviste di Oriana pochi si salvano.  Uno è Robert Kennedy, il fratello del presidente americano assassinato a Dallas: persona mite, umile, con un bel rapporto con i ragazzi. Forse, direbbe l'amico di Oriana, ne conserviamo un così bel ricordo perché non ha fatto in tempo a raggiungere il potere come suo fratello. Poi abbiamo Lech Walesa, il leader del sindacato polacco Solidarnosc, che fu di fatto lo strumento nonviolento col quale Giovanni Paolo II abbatté il potere sovietico in Polonia dando inizio ad un inarrestabile effetto domino. Walesa è rozzo, impulsivo, e non gli garba il gesto del velo sbattuto in faccia a Khomeini: all'inizio si scontra con Oriana,  ma poi, come Peppone e don Camillo, questi due caratteri forti si lasciano con affetto, perché sia Lech che Oriana indovinano l'uno nell'altra sincerità e generosità, pur avendo posizioni differenti ("Se la censura polacca lascerà pubblicare il suo libro, iolo leggerò. E sarà il primo libro della mia vita. Ci rivedremo mai? Se vado in Paradiso, le tengo il posto. Così si parla del grano che cresce sulle pietre" promette Walesa). A Sandro Pertini la lega l'antifascismo viscerale, una forma di opposizione la potere. E infine bisogna menzionare il colloqui con il Dalai Lama, ricordato con affetto da Oriana anche ne La rabbia e l'orgoglio. La giornalista fiorentina, notoriamente non religiosa, resta molto colpita dalla figura del Buddha vivente. Non parla male di Mao, nonostante abbia martirizzato lui e il suo popolo. Non parla con odio dei cinesi. Oriana resta colpita da una frase della Guida spirituale del buddhismo tibetano: "un buddhista non ha nemici". La ricorda anche nel suo controverso pamphlet scritto con ira all'indomani dell'11 settembre.

Ma Tenzin Gyatso ha un potere più alto di quello temporale: ha la signoria spirituale su se medesimo. "Non vi è maggior né minor signoria che quella di sé medesimo" scriveva Leonardo da Vinci, che come i buddhisti non mangiava carne per non far soffrire nessun essere vivente. Gli altri, i politici, sono avvelenati dal potere. E la natura infida, pericolosa, letale del potere è riassunta dalla Fallaci in un'intervista che però non è presente in questa raccolta, quella a Giulio Andreotti: "Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza".

http://www.magdiallam.it/node/1794

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