I decreti ''ad listam'' che piacciono a sinistra
Scritto il 08/03/10 alle 20:11:45 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
PoliticaIl centrosinistra chiese un decreto ad hoc, anzi ad listam, per votare nel Lazio tre settimane dopo, insieme a tutte le altre regioni. Solo in questo modo avrebbe ottenuto più tempo per cercare di riorganizzars
Emma Bonino sostiene che potrebbe anche ritirarsi dalla competizione elettorale per il Lazio perché non può sedersi a tavola con i bari. E ha ragione. Perché i bari, gli imbroglioni, quelli che predicano l'intransigenza per gli altri e invocano l'indulgenza per se stessi sono proprio coloro che la sostengono, nessuno escluso.

Quelli con i quali da tempo l'ex-ministro del fallimentare governo Prodi, la vice presidente del Senato, la donna pronta per tutte le poltrone, siede a tavola tutti i giorni servendo il pane del più partitocratico degli opportunismi politici. Basterebbe guardare ai fatti che sono testardi e parlano chiaro.

Le elezioni regionali del Lazio erano state convocate per il 28 e 29 marzo – come per tutte le altre regioni giunte alla naturale scadenza del mandato – alla fine di ottobre dello scorso anno: era stato il ministro dell'Interno, parlando a L'Aquila il 22 ottobre, ad annunciare la convocazione delle urne per l'ultima domenica di questo mese.
Solo il giorno dopo, il 23 ottobre, i giornali pubblicavano la notizia dell'arresto di quattro carabinieri che avrebbero ricattato il presidente in carica della Regione Lazio, quel Piero Marrazzo che fino a pochi giorni prima annunciava la sua ricandidatura, rilasciava interviste sulla coalizione che avrebbe voluto a suo sostegno, raccontava flautando a Famiglia Cristiana la sua giovinezza trascorsa negli oratori.

Il giorno dopo l'arresto dei carabinieri ricattatori, il Governatore laziale attribuiva a una manovra politica in vista delle regionali la tentata estorsione; e ringraziava la magistratura di aver stroncato la circolazione di quelli che definiva falsi dossier. Negare servì a poco: vennero fuori i video e la verità sui pomeriggi del Governatore che, con auto di servizio, visitava spesso via Gradoli per ragioni tutt'altro che istituzionali. Una verità che scoppiò come una bomba nella sinistra farisaica e moralista.

Furono giorni convulsi, nei quali il centrodestra non ricorse all'armamentario moralistico che gli avversari avevano diffuso a piene mani contro il premier. Cinque giorni dopo le prime notizie, il pomeriggio del 27 ottobre Marazzo si dimise irrevocabilmente, mettendo fine a quell'abuso istituzionale dell'autosospensione che aveva tenuto in piedi la giunta regionale una settimana in più.

Allora, se si fossero seguite fino in fondo le “regole”, quelle “regole” per le quali la sinistra praticherà l'ostruzionismo in Parlamento e mobiliterà le piazze, quelle “regole” che la senatrice Emma Bonino sventola oggi contro il governo accusando di barare, si sarebbe dovuta seguire una sola e unica strada: scogliere il consiglio regionale del Lazio e andare a votare ieri domenica sette marzo e oggi lunedì otto.
Invece il centrosinistra chiese un decreto ad hoc, anzi ad listam, per poter votare nel Lazio tre settimane dopo, insieme a tutte le altre regioni. Solo in questo modo avrebbe ottenuto più tempo per cercare di riorganizzarsi e per evitare che in campagna elettorale si parlasse di come Marrazzo
non trovasse il tempo necessario a limitare il deficit sanitario della Regione Lazio, giunto a livelli insopportabili.

Il governo, per bocca di Silvio Berlusconi – l'uomo che oggi vogliono dipingere come despota e tiranno per un sacrosanto decreto – accolse questa richiesta senza colpo ferire, senza profittare delle difficoltà altrui.

Il 28 ottobre, il giorno dopo le dimissioni di Piero Marrazzo, Berlusconi disse che il Lazio sarebbe andato a votare insieme alle altre regione e che anticipare le elezioni non aveva senso. E per questo il governo emanò ben due decreti ad hoc, anzi ad listam.

Perché allora la senatrice Bonino e i radicali, perché l'onorevole Di Pietro, perché i dirigenti del Pd non si incatenarono a Palazzo Chigi contro il “cambiamento delle regole a gioco iniziato”? Non è difficile concludere che quella decisione – che cambiava le regole a gioco iniziato – dava loro un po' di fiato, consentendogli di non essere travolti dalla indignazione popolare.

Dunque se c'è un errore che il governo ha fatto, non è certo il decreto dell'altro giorno, ma quelli che hanno consentito di posticipare la data delle elezioni nel Lazio e alla sinistra l'opportunità di rientrare in partita.


Oggi, di fronte al plateale ribaltamento della verità, di fronte ai ricorsi alla Corte Costituzionale presentati dalla Giunta regionale del Lazio e da quella del Piemonte (che vorremmo sapere a che titolo si inserisce nel soccorso rosso) forse sarà il caso di cercare il modo di portare alla Consulta anche i due decreti con cui si sono spostate le elezioni e commissariare il Lazio per almeno un anno, seguendo alla lettera le “regole”.

8 marzo 2010 - Sandro Renzaglia

L'articolo e i commenti sono pubblicati sul sito: Una via per Oriana
La responsabilità dei commenti è dei rispettivi autori.