ARTICOLO RIPRESO DA UN SITO. L’AUTRICE MINACCIA QUERELA!
Scritto il 15/03/10 alle 19:23:42 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Articoli e OpinioniQui sotto l’articolo che abbiamo preso dal Sito: Milleunadonna , leggetelo!
"BURQA: E' ORA DI FINIRLA CON LE IPOCRISIE", di Valeria Coiante

Valeria Coiante, autrice e conduttrice di "Crash - Contatto, Impatto, Convivenza". Ha condotto "Un mondo a colori".

Dopo sette anni passati a occuparmi di immigrazione, integrazione e culture "altre" dalla nostra, ho la presunzione di considerarmi più esperta su questi argomenti di tanti altri, che pure non rinunciano a parlarne, perché troppo spesso le parole, gli slogan, gli ideologismi se li trovano già pronti davanti e a quel punto perché non usarli? Tanto in Italia ormai sono due le parole completamente svuotate di senso e significato: la prima è la parola "merito" (ma di quella parleremo un'altra volta), la seconda è "competenza". Nessuno più, in Italia, crede che meritarsi qualcosa serva poi ad ottenerla, come nessuno più, ormai, richiede a chi parli di qualcosa la competenza per farlo.

Il burqa è un "vestito"
Se burqa è un capo d'abbigliamento, lo erano anche le divise dei nazisti, o i pigiami a righe degli internati di Auschwitz. Il burqa, come ogni altra divisa, non è "mobile", non cambia a seconda delle mode, non si adatta a chi lo indossa, non parla "di" lui o di lei, non racconta la sua storia di individuo. Il burqa è rigido, è immutabile, è al di là della persona, parla una lingua sua che trascende la persona che lo porta in giro, è portatore di un messaggio preciso.
Il burqa non è un mezzo, è il messaggio.
Il burqa non è un vestito.

Il burqa è l'espressione di un sentimento religioso.
Non esiste una religione, nel mondo, che presciva e obblighi le donne all'uso del burqa. Esistono invece uomini, e governi, che rifacendosi a un'interpretazione del Corano che noi in occidente chiamiamo "integralista", emanano leggi dello Stato che obbligano le donne a portarlo. Esistono poi singoli individui che pur non vivendo in Stati dove la legge imponga alle donne il burqa, costringono ugualmente le proprie donne ad indossarlo.
Nel primo caso non c'è conflitto fra poteri, visto che negli stati di cui sto parlando vige il potere religioso: a dettar legge è il Corano e chi ne dà le sue interpretazioni, e non si discute. Quindi, in nome di Dio, burqa, taglio delle mani, lapidazione e quant'altro.
Nel secondo caso bisognerebbe vagliare, di volta in volta, se la conculcazione dei diritti della persona (in questo caso la donna) prevalga o meno sul diritto che in quello Stato si applica. Un esempio: immagino che nello Utah nessuna legge impedisca agli Amish di vivere senza riscaldamento ed energia elettrica, ma immagino anche che se in uno dei loro insediamenti cominciassero a morire assiderati tanti bambini, lo Stato interverrebbe obbligando i genitori a comprare una stufetta elettrica. In quel caso, i diritti dei bambini prevarrebbero sul diritto dei genitori di interpretare la loro religione in maniera fondamentalista.
Ma se domani gli Amish dovessero diventare maggioranza e decidessero di far diventare legge dello stato la loro lettura fondamentalista della Bibbia, probabilmente diventerebbe legale far morire di freddo i bambini e nessuno potrebbe protestare (a parte le solite associazioni per i diritti umani). Il burqa non ha niente a che fare con la religione, ma solo col diritto e le sue interpretazioni.

Il burqa è un argomento che interessa tutti

Il burqa è uno strumento che è possibile adoperare solo su metà del genere umano, quella femminile.
Nei paesi dove questo è obbligatorio per legge, quelle leggi sono amministrate solo da una metà del genere umano, quella maschile.
Se il burqa non è un vestito ma una divisa che "parla" all' esterno di chi lo indossa, rendendolo assolutamente passivo, e se l'obbligo di portarlo è figlio di una elaborazione giuridica operata dagli uomini, ne discende che in tutta la faccenda le donne sono le uniche vittime della volontà degli uomini.
Il burqa riguarda e interessa solo le donne, in quanto solo le donne possono restarne sotto. Quindi, per quello che mi riguarda, penso ce ne sia abbastanza per augurarmi che su quest'argomento in Italia siano soprattutto le donne a decidere.

Il burqa va "combattuto" con un "processo culturale" che porti le donne a liberarsene, senza interventi legislativi.

Questa è allo stesso tempo una tautologia e un ossimoro.
Una legge è sempre figlia di un processo culturale. Anzi, direi che è allo stesso tempo la sintesi e il punto di arrivo più alto di ogni processo culturale.
Se io stato laico emano una legge che stabilisce il divieto del burqa, è perché arrivo da un centinaio di anni di lotte per la parità dei sessi, è perché ho alle spalle una storia che si è nutrita e ha prodotto un processo culturale. Esprimo così la mia cultura, che afferma la responsabilità individuale della persona, la sua riconoscibilità e il suo diritto/dovere ad essere indivuduo che si autodetermina come persona, e non come cartello pubblicitario portatore di messaggi. Inoltre, così facendo metto al riparo la maggioranza di donne che ora sono costrette a portarlo da una violenza che lede i loro diritti quotidianamente.
E quella minoranza che dice di portarlo come "libera scelta"? Direi che si adeguerà, così come probabilmente tutti i giorni esistono milioni di persone che si adeguano per esempio al divieto di svoltare a destra col semaforo rosso, pure se non passa nessuno: semplicemente, si fermano per non prendere la multa. C'è sempre poi l'opzione di invitarli a cambiare nazionalità: nello stato di New York, per esempio, puoi svoltare a destra anche se il semaforo è rosso.

Il burqa per le donne islamiche è come il lifting per le donne occidentali.

In tutte le civiltà, purtroppo, le donne subiscono l'imposizione di un modello che viene loro dettato da chi detiene il potere, e il potere (purtroppo) è quasi sempre nelle mani degli uomini.
Ma in quest'ultimo ideologismo, imperante soprattutto nella sinistra italiana, davvero non si capisce come sia possibile mescolare un obbligo di legge (infrangendo la quale si rischia la pelle) con l'aderenza più o meno inconsapevole a modelli imposti dai mass media (infrangendo la quale si rischia sempre la pelle, sì, ma sotto forma di rughe). Quando rifarsi la faccia in Italia sarà obbligatorio per legge, ne riparleremo. Spero solo che in quel caso lo passi il SSN, o la Casagit. (Fonte: Arabiyya )


NOI (cattivi) INVECE - VISTO CHE L’ARTICOLO DELLA GIORNALISTA CI PAREVA ALQUANTO SINGOLARE, IN QUANTO ATTRIBUISCE A CHI PORTA IL BURQA, LO STESSO RAPPORTO CHE LE DONNE OCCIDENTALI HANNO CON IL LIFTING - LO ABBIAMO VOLUTO EVIDENZIARE E LO ABBIAMO MESSO AL POSTO DI: “Burqa: e’ ora di finirla con le ipocrisie” .  Probabilmente non avremmo dovuto aggiungere il nostro commento uscito dal cuore:  “Cose da pazzi”. E’ evidente che  la giornalista non è pazza, esprime solo un suo punto di vista!
BISOGNA DIRE LA VERITA’, LO ABBIAMO FATTO, DOBBIAMO  AMMETTERLO E CE NE SCUSIAMO, MA LO ABBIAMO FATTO PERCHE’ OCCORRE ARTE, ARTE VERA, NELLA MANIPOLAZIONE DELLE MENTI, PER AFFERMARE UNA IPOCRISIA DEL GENERE.  E’ IPOCRISIA ALLO STATO PURO SOSTENERE CHE IL BURQA PER LE DONNE ISLAMICHE E’ COME IL LIFTING PER LE DONNE OCCIDENTALI, ED E’ UNA SCOPERTA CHE ANCHE  LE DONNE ISLAMICHE HANNO FATTO QUI IN ITALIA A ROMA  GRAZIE A QUESTA GIORNALISTA CHE VIVE  DAVVERO IN UN MODO A COLORI!!!
ALTRO REATO DA NOI COMMESSO E ANCHE PER QUESTO CE NE SCUSIAMO PUBBLICAMENTE E’ L’AVER SCRITTO “CIO’ CH’ER CORE C’IADDETTO”  “COSE DA PAZZI”.



LEGGETE PURE L’ARTICOLO QUI SOTTO:
(come pubblicato qui COSE DA PAZZI: Il burqa è come il lifting per le donne occidentali

Manca solo il titolo, l'artcolo è quello, uguale uguale.

Il burqa va "combattuto" con un "processo culturale" che porti le donne a liberarsene, senza interventi legislativi
Valeria Coiante è giornalista caporedattrice di "Un mondo a colori" RAI TRE
Dopo sette anni passati a occuparmi di immigrazione, integrazione e culture "altre" dalla nostra, ho la presunzione di considerarmi più esperta su questi argomenti di tanti altri, che pure non rinunciano a parlarne, perché troppo spesso le parole, gli slogan, gli ideologismi se li trovano già pronti davanti e a quel punto perché non usarli? Tanto in Italia ormai sono due le parole completamente svuotate di senso e significato: la prima è la parola "merito" (ma di quella parleremo un'altra volta), la seconda è "competenza". Nessuno più, in Italia, crede che meritarsi qualcosa serva poi ad ottenerla, come nessuno più, ormai, richiede a chi parli di qualcosa la competenza per farlo.

Il burqa è un "vestito".

Se burqa è un capo d'abbigliamento, lo erano anche le divise dei nazisti, o i pigiami a righe degli internati di Auschwitz. Il burqa, come ogni altra divisa, non è "mobile", non cambia a seconda delle mode, non si adatta a chi lo indossa, non parla "di" lui o di lei, non racconta la sua storia di individuo. Il burqa è rigido, è immutabile, è al di là della persona, parla una lingua sua che trascende la persona che lo porta in giro, è portatore di un messaggio preciso.
Il burqa non è un mezzo, è il messaggio.
Il burqa non è un vestito.

Il burqa è l'espressione di un sentimento religioso.

Non esiste una religione, nel mondo, che presciva e obblighi le donne all'uso del burqa. Esistono invece uomini, e governi, che rifacendosi a un'interpretazione del Corano che noi in occidente chiamiamo "integralista", emanano leggi dello Stato che obbligano le donne a portarlo. Esistono poi singoli individui che pur non vivendo in Stati dove la legge imponga alle donne il burqa, costringono ugualmente le proprie donne ad indossarlo.
Nel primo caso non c'è conflitto fra poteri, visto che negli stati di cui sto parlando vige il potere religioso: a dettar legge è il Corano e chi ne dà le sue interpretazioni, e non si discute. Quindi, in nome di Dio, burqa, taglio delle mani, lapidazione e quant'altro.
Nel secondo caso bisognerebbe vagliare, di volta in volta, se la conculcazione dei diritti della persona (in questo caso la donna) prevalga o meno sul diritto che in quello Stato si applica. Un esempio: immagino che nello Utah nessuna legge impedisca agli Amish di vivere senza riscaldamento ed energia elettrica, ma immagino anche che se in uno dei loro insediamenti cominciassero a morire assiderati tanti bambini, lo Stato interverrebbe obbligando i genitori a comprare una stufetta elettrica. In quel caso, i diritti dei bambini prevarrebbero sul diritto dei genitori di interpretare la loro religione in maniera fondamentalista.
Ma se domani gli Amish dovessero diventare maggioranza e decidessero di far diventare legge dello stato la loro lettura fondamentalista della Bibbia, probabilmente diventerebbe legale far morire di freddo i bambini e nessuno potrebbe protestare (a parte le solite associazioni per i diritti umani). Il burqa non ha niente a che fare con la religione, ma solo col diritto e le sue interpretazioni.

Il burqa è un argomento che interessa tutti.

Il burqa è uno strumento che è possibile adoperare solo su metà del genere umano, quella femminile.
Nei paesi dove questo è obbligatorio per legge, quelle leggi sono amministrate solo da una metà del genere umano, quella maschile.
Se il burqa non è un vestito ma una divisa che "parla" all' esterno di chi lo indossa, rendendolo assolutamente passivo, e se l'obbligo di portarlo è figlio di una elaborazione giuridica operata dagli uomini, ne discende che in tutta la faccenda le donne sono le uniche vittime della volontà degli uomini.
Il burqa riguarda e interessa solo le donne, in quanto solo le donne possono restarne sotto. Quindi, per quello che mi riguarda, penso ce ne sia abbastanza per augurarmi che su quest'argomento in Italia siano soprattutto le donne a decidere.

Il burqa va "combattuto" con un "processo culturale" che porti le donne a liberarsene, senza interventi legislativi.

Questa è allo stesso tempo una tautologia e un ossimoro.
Una legge è sempre figlia di un processo culturale. Anzi, direi che è allo stesso tempo la sintesi e il punto di arrivo più alto di ogni processo culturale.
Se io stato laico emano una legge che stabilisce il divieto del burqa, è perché arrivo da un centinaio di anni di lotte per la parità dei sessi, è perché ho alle spalle una storia che si è nutrita e ha prodotto un processo culturale. Esprimo così la mia cultura, che afferma la responsabilità individuale della persona, la sua riconoscibilità e il suo diritto/dovere ad essere indivuduo che si autodetermina come persona, e non come cartello pubblicitario portatore di messaggi. Inoltre, così facendo metto al riparo la maggioranza di donne che ora sono costrette a portarlo da una violenza che lede i loro diritti quotidianamente.
E quella minoranza che dice di portarlo come "libera scelta"? Direi che si adeguerà, così come probabilmente tutti i giorni esistono milioni di persone che si adeguano per esempio al divieto di svoltare a destra col semaforo rosso, pure se non passa nessuno: semplicemente, si fermano per non prendere la multa. C'è sempre poi l'opzione di invitarli a cambiare nazionalità: nello stato di New York, per esempio, puoi svoltare a destra anche se il semaforo è rosso.

Il burqa per le donne islamiche è come il lifting per le donne occidentali.

In tutte le civiltà, purtroppo, le donne subiscono l'imposizione di un modello che viene loro dettato da chi detiene il potere, e il potere (purtroppo) è quasi sempre nelle mani degli uomini.
Ma in quest'ultimo ideologismo, imperante soprattutto nella sinistra italiana, davvero non si capisce come sia possibile mescolare un obbligo di legge (infrangendo la quale si rischia la pelle) con l'aderenza più o meno inconsapevole a modelli imposti dai mass media (infrangendo la quale si rischia sempre la pelle, sì, ma sotto forma di rughe). Quando rifarsi la faccia in Italia sarà obbligatorio per legge, ne riparleremo. Spero solo che in quel caso lo passi il SSN, o la Casagit. (Fonte: Arabiyya )

http://milleeunadonna.blogspot.com/2010/02/burqa-e-ora-di-finirla-con-le-ipocrisie.html

Commenti a questo articolo:
 
 Madonna, ma che Ignorante!
Scritto il 16/03/10 alle 20:22:09 GMT pubblicato da Franca
C'è da non crederci, il Burqa come il Lifting? Che sotto il Burqa ci stia una Donna complessata (perché i Complessi glieli hanno fatti venire) e forse pure sotto il Lifting (per via del Mito della Bellezza e dell'eterna Giovinezza), vada,

ma che il Burqua, stile Divisa nazista, la cui soggiacente Ideologia affligge una Società intera, ed il Mondo intero, con le sue Leggi,

sia come il Lifting, che è un Fatto puramente personale, da farsi o no a Dipendenza della Voglia e della Disponibilità economica, che affligge solo chi se lo fa fare e chi lo opera,

è davvero una Cavolata colossale!

Mi risulta che a Livello internazionale, per quanto riguarda l'Ideologia soggiacente il Burqa ci siano in Ballo

una Dichiarazione dei Diritti Umani Universali nell'Islam, Cairo 1990, che si basa esclusivamente sulla Shari'a (razzista, discriminante, pedofila), e che vuole imporsi al Mondo intero,  

ed una Risoluzione anti Blasfemia (Roba da Medioevo inquisitorio),

mentre per quanto riguarda l'Ideologia soggiacente il Lifting c'è, be', un bel Nulla e, semmai, un gran Sacco di Cavoli propri che non affliggono alcuno, tantomeno a Livello internazionale, e men che meno imponentesi al Mondo intero!

[Volendo: il Burqa resta un Segno di Disparità - lo portano le Donne e non gli Uomini; mentre il Lifting è Eguaglianza, lo fanno Donne e Uomini, senza Problemi!]

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