SULLA MOSCHEA  A GREVE IN CHIANTI
Scritto il 20/05/10 alle 16:04:55 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
LettereLETTERA IN RISPOSTA ALLE ESTERNAZIONI DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA SULLA MOSCHEA DI GREVE
Caro Presidente, in relazione alla possibilità di costruire una moschea a Greve in Chianti, mi si consenta, in qualità di Presidente dell’Associazione “Una Via per Oriana Fallaci”, nata per onorarne la memoria e l’impegno per le battaglie in favore delle libertà democratiche, contro l’islamizzazione dell’Occidente e, a difesa della nostra storia, cultura, identità e civiltà fondate sulle nostre radici Cristiane.
Non esprimerò il mio pensiero a riguardo, è abbastanza scontato, come d’altronde il Suo caro Presidente, non finirebbe a insulti e sputi, ma neanche a tarallucci e vino.

Scelgo quindi, un percorso giuridico-legale tratto dal Tavolo di Studio Moschee e legalità, per dimostrarLe quanto Lei stia calpestando la nostra Costituzione.

Saprà senz’altro che le moschee in Italia sono oltre 750, quasi 800. Quello che invece non sa (almeno spero, altrimenti sarebbe molto grave) è che questi pseudo luoghi di culto, sono tutti incostituzionali. Le spiego subito perché!
L’edilizia di culto con la quale le Regioni e sussidiariamente i Comuni, in questo caso quello di Greve, concede permessi e terreni per la costruzione di una moschea, eludono sia l’Art.8 comma 3 della Costituzione, che le maglie sfrangiate dalle competenze in detta materia identificate nell’art. 117.

Il sinistrato Comune di Greve, che è divenuto famoso nel mondo grazie al vino che bevono i musulmani, non può consentire l’edificazione di una moschea, ergo edificio di culto, che appartiene ad una confessione religiosa diversa da quella Cattolica. Perché secondo l’Art. 8 della Costituzione: è vero che:

1.Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. E fin qui non ci piove!Ma…

2. Le confessioni religiose diverse dalla Cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri Statuti, (al sottoscritto non risulta che i musulmani in Italia abbiano), in quanto “non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”. E come tutti sappiamo, aparte quelli che che fanno finta di nulla, contrastano

3. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla “base di intese” con le relative rappresentanze.
Queste teste di straccio dell’Ucoii, sono una filiale italiana della rete dei “Fratelli Musulmani”, un’organizzazione  fondamentalista, il più importante e aggressivo gruppo di opposizione egiziano, dedita al sostegno finanziario dei gruppi terroristi o perlomeno ideologicamente, fiancheggiatrici del terrorismo, e finanziatori di Al Qaeda e,(accreditati dall’ex ministro Pisanu) che fortunatamente non hanno nessuna “intesa” con lo Stato Italiano, come è necessario specificare, non ce l’ha neanche il Coreis.
La nostra Costituzione, quella bella Signora ultrasessantenne ben portati , anche se con qualche smagliatura che andrebbe corretta, a cui Voi Vi rifate solo quando Vi fa comodo, richiede un “Patto di Intesa”, che viene sottoposto alle Camere per il passaggio in legge e consente un controllo da parte dello Stato affinché la confessione religiosa professata non sia portatrice di una concezione di vita che induce a vivere il rapporto tra fedeli e Stato secondo modalità profondamente diverse dai convincimenti religiosi o meno che la maggioranza dei cittadini recepisce come disvalori e incompatibili con il nostro ordinamento giuridico. Chi di noi sa, chi di noi è appena appena, un po’ informato, sa che  la confessione islamica per moltissimi, direi per troppi aspetti, “contrasta con l’ordinamento giuridico italiano e con i principi di riconoscimento di libertà e di dignità della persona”, garantiti ormai da decenni dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. Dichiarazione, che non solo i “lama bipedi”, non si degnano di riconoscere e che ovviamente non hanno firmato, ma pretendono addirittura di inserirla, di convertirla, con le necessarie modifiche, nella loro Dichiarazione dei Diritti Universali dell’islam (che non è dato sapere quali siano). Tradotto significa: “caro islam non puoi essere riconosciuto in Italia e nello specifico non puoi costruire le tue moschee”.

Anche nella legislazione ordinaria L. 24giungo1929 n.1159 e r d 28 febbraio 1930 n.289 (disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e norme di attuazione) e successive modifiche e/o abrogazioni, la confessione islamica non rientra nei presupposti della norma poiché professa principi contrari all’ordine pubblico.

Presidente, mi consenta una domanda, credo legittima: come mai le confessioni religiose diverse dalla Cattolica, per i loro rapporti con lo Stato Italiano ed in particolare, per quello che attiene la costruzione degli edifici di culto, hanno raggiunto il cosiddetto “Patto di Intesa”, ratificato con legge dello Stato in conformità all’art. 8 comma 2 e 3 (vedi a titolo di esempio L. 8 marzo1989 n.101 e successive modifiche per l’Unione Comunità Ebraiche; L. 12 aprile1995 n. 116 e successive modifiche per Unione Evangelica Battista d’Italia (UCEBI), L. 29 novembre 1995 n.520 e successive modifiche per La Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI ) ).
Presidente mi può spiegare perché la confessione islamica, pur non avendo raggiunto il detto patto costruisce a ritmo esponenziale le moschee?

La materia “bene culturale di interesse religioso” è tra quelle più frammentarie, disorganiche e confuse del nostro ordinamento al punto da non poterla collegare ad un assetto unitario di competenze legislative e amministrative e contestualmente a disposizioni o gruppi di disposizioni normative ad essa specificatamente dedicati.

Presidente consenta a me ora di spiegarLe tecnicamente e giuridicamente come funziona la cosa: Il legislatore con il decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.42 (Codice dei Beni Culturali e del paesaggio) e successive modiche (Decreto legislativo 26 marzo 2008 n.62) nel cercare di riordinare la materia abroga il precedente decreto legislativo 29.10.1999 n. 490 (Testo unico delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali ), a sua volta abrogativo della legge 01 gennaio1939 n. 1089 (Tutela delle cose di interesse artistico e storico) e formula un unico sibillino articolo (art-9) per i Beni Culturali di interesse religioso. Mentre l’art.19 dlgs 490/99 identificava al primo comma i Beni Culturali di interesse religioso “quelli appartenenti ad Enti ed Istituzioni della Chiesa Cattolica o di altre confessioni religiose”, rinviando però, al comma 2,  per detti beni appartenenti alle confessioni religiose diverse dalla Cattolica, alle leggi emanate sulla base di Intese sottoscritte a norma dell’art. 8 comma 3 della Costituzione, l’attuale Codice dei Beni Culturali del 2004 all’art. 9 affida la competenza al Ministero dei Beni Culturali e “per quanto di competenza” alle Regioni, provvedendo relativamente alle esigenze di culto, d’accordo con le rispettive autorità.

La definizione di “bene culturale” è invece enunciata all’art.2 di detto decreto “sono beni culturali le cose immobili e mobili, che ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etno-antropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà” (come si può notare, nemmeno una parola sull’edificio di culto).

Quindi schematizzando, la Chiesa Cattolica costruisce i propri edifici di culto sulla base degli accordi Stato – CEI del 1984 e 1996 modificativi dei Patti Lateranensi, le confessioni diverse dalla Cattolica, ma equiparate alla stessa con le varie Intese, costruiscono il Bene Culturale di interesse religioso sulla base dei Patti che di fatto si occupano anche degli edifici di culto e allora? Vi chiederete, le confessioni professate prive dei Patti di Intesa?

Considerando che nell’ampio genere di Beni Culturali di interesse religioso esistono anche la sottospecie dei beni destinati al culto (ovvero edifici di culto) stante l’attuale normativa ordinaria: “ogni culto, anche se professa principi contrari all’ordinamento giuridico italiano e ai principi di dignità e di uguaglianza della persona, potrebbe costruire, bypassando il vaglio dell’art. 8 comma 2 e 3 della Costituzione, ottenendo privilegi riconosciuti dallo Stato solo a quelle confessioni o culti che hanno l’Intesa.

Ancora una volta una legislazione ordinaria lacunosa, sibillina, monca. Per fortuna c’è sempre il filo conduttore della Costituzione, che supera i pasticci, le lacunosità e le incongruenze degli attuali legislatori.
A sostegno della necessità del vaglio dello Stato effettuato con il Patto di Intesa per la costruzione degli edifici di culto vediamo il Titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001, ovvero i commi 2° e 3° dell’art. 117. Art. 117 Cost. comma 2 “lo Stato ha legislazione esclusiva …..c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose …..s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” mentre al 3° comma “sono materie di legislazione concorrente ( ovviamente regionale) quelle relative a …valorizzazione dei beni culturali”.

Non è facile delimitare con precisione il confine in questa materia tra la competenza esclusiva dello Stato (tutela del Bene Culturale) e quella concorrente regionale (valorizzazione del Bene Culturale).
Leggendo i diversi articoli del Codice dei Beni Culturali e successive modifiche, nonché la recente sentenza della Corte Costituzionale (n.9 del 13 gennaio 2004), la “tutela” è una cosa diversa dalla “valorizzazione”. Lessicalmente, “valorizzazione” è accrescere il pregio di qualcosa di già esistente.

Di conseguenza la costruzione dell’edificio di culto della confessione e/o culto diversa dalla Cattolica rientrerebbe nel comma 2 lett c) e s) dell’art. 117 Costituzione, in quanto in primis ( lett. c) è lo Stato che con i Patti di Intesa regolamenta i rapporti con la confessione religiosa e gli aspetti di questa che non siano in contrasto con il nostro ordinamento giuridico e successivamente si riallaccia alla lett. s) posto che la tutela del bene culturale (nella specie religioso e in maggior analisi dell’edificio di culto) è la salvaguardia delle esigenze e degli interessi di carattere religioso.
Infatti, si parla di costruzione di edifici di culto per le religioni diverse dalla Cattolica solo ed unicamente nei Patti di Intesa, mai nella legislazione ordinaria!

Furbescamente i figli di Allah, con la collaborazione o meglio con la complicità dei sinistri, utilizzano sia la lacunosità, la sovrapposizione e i confini a volte indefiniti della nostra legislazione, per costruire ovunque edifici di culto, eludendo sia le leggi e le  sue maglie sfrangiate della nostra Costituzione.
Noi?!?! Assistiamo stupidamente stupiti, che tra Comuni e comunità islamica, stipulano convenzioni inserendo in leggi regionali, non solo l’autorizzazione a costruire, ma addirittura, a semplice richiesta della confessione religiosa (ricordo, non riconosciuta) e la Regione sosterrà con i soldi dei contribuenti la costruzione.

Tratto dal Tavolo Moschee e legalità

Armando Manocchia Presidente Associazione “Una Via per Oriana Fallaci”
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e-mail unaviaxoriana@unaviaxoriana.it

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