Intervista a Ali Haidar / 8 miliardi di barili sotto il Medio Oriente (CONCORSO)
Scritto il 08/07/08 alle 10:17:11 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Borsa di Studiodi Paolo Della Sala

Perché Siria e Iran puntano sul Libano e combattono Israele? Non è solo politica e religione. Sotto c’è qualcos’altro: petrolio e gas. Probabilmente in grande quantità

Ebraismo contro islam, cristiani contro sciiti, laici contro credenti, Occidente contro Oriente, russi contro americani, iraniani contro sauditi. Da decenni il Medio oriente è sconvolto da conflitti, attentati, stragi, omicidi politici, intifade, guerre civili. Quando lo scontro avviene in Kuwait, in Iraq o in Iran si pensa al petrolio, mentre quando ci si avvicina alle coste del Mediterraneo, da Israele al Libano e alla Siria, si parla di nazionalismi e guerre di religione.

Questo schema va rovesciato. Bisognerà considerare i conflitti in Libano, Israele e Palestina sotto una nuova luce. Perché la Siria e l’Iran da decenni puntano sul Libano e combattono contro Israele? Non si tratta solo di politica, e non si tratta soltanto di religione.
Sotto c’è qualcosa d’altro: petrolio e gas. Probabilmente in grande quantità, in diversi bacini sedimentari, il primo dei quali si trova nel mare vicino a Cipro e si spinge fino al largo di Beirut. Solo nell’off-shore tra Beirut e Tripoli ci potrebbero essere almeno otto miliardi di barili di greggio. Se ne parla questa settimana nel convegno EAGE (Londra, 11-14 giugno), nel quale saranno presentati i dati rilevati dalla società norvegese PGS, che ha effettuato lo studio dei fondali marini a sud di Cipro, lungo la dorsale del vulcano sottomarino Eratostene, dove c’è un immenso giacimento, distribuito lungo le acque territoriali di Siria, Cipro, Libano.
Non solo: il delta del Nilo produce una grande quantità di gas, e a Porto Said è presente l’ENI. Al largo di Gaza ci sono altri giacimenti, gestiti dalla British gas.
Ma anche lungo le coste di Israele potrebbero esserci dei giacimenti. Rilevanti, dal momento che il gas viene a galla spontaneamente. Altri indizi puntano al sottosuolo del Mar Morto.
I dati che riguardano il Libano sono monitorati dal professore Ali Haidar, membro di diverse commissioni governative, a partire dal “Comitato libanese-siriano per l’esplorazione del petrolio in Libano”, fino alle clamorose novità di questi mesi. Ali Haidar insegna al Dipartimento di geologia dell’università americana di Beirut, si è laureato a Parma ed ha nazionalità italiana e libanese.
Prepariamoci a rivedere l’intera geopolitica del Medio oriente.

Professore Haidar, come mai si è trovato soltanto adesso petrolio in Libano?
Negli anni ’60 furono scavati una dozzina di pozzi, con esiti deludenti. Quando il Libano finì sotto l’occupazione di Damasco abbiamo potuto studiare i siti siriani. Si formò la Commissione mista  siriano-libanese, incaricata di monitorare il territorio del Libano. Analizzando i bacini sedimentari della Siria abbiamo capito gli errori commessi: non avevamo scavato abbastanta, ci eravamo fermati al livello geologico cretacico, mentre invece bisognava scendere fino allo strato triassico, oltre i 200 milioni di anni. La terra non segue i confini politici: man mano che ci orientiamo dal sud ovest siriano verso il Libano del centro e del nord, il bacino diventa più profondo e ampio. Quando si scava a profondità intermedie si trova del petrolio, mentre se la profondità aumenta le stesse risorse si presentano sotto la forma di gas. Pertanto noi ci aspettiamo di trovare del gas nel territorio libanese, visto che lo stesso bacino petrolifero siriano prosegue in Libano, a una profondità superiore.

Verso il Libano del nord?
L’area si estende al 70% nel nord e al 30% più a sud. Quando governava il padre del presidente Assad, per un certo periodo Damasco ci ha fornito i dati relativi all’esplorazione in Siria. Questo avvenne in corrispondenza di una fase politica precisa [quando il Libano era sotto completo controllo siriano, ndr]. Ho partecipato a quasi tutte le commissioni sull’energia, istituite dai ministeri del petrolio e dell’Industria. La Siria ci ha fornito una collaborazione utile e gratuita, bisogna dirlo. I siriani non si interessavano all’esplorazione dell’off-shore libanese, perché non avevano la tecnologia necessaria. Questo fatto andava bene al governo Hariri, il quale forse preferiva che l’esplorazione su terra on-shore andasse lentamente e quella nel mare invece procedesse velocemente.

Probabilmente Hariri si sentiva più sicuro cercando il petrolio lontano dai confini siriani…
Non mi occupo di questioni politiche, ma questa potrebbe essere una motivazione corretta. …Si formò una commissione per l’esame dell’off-shore libanese, incaricata di perfezionare gli accordi tra il governo Hariri e le compagnie di rilievo sismico [l’esplorazione dei bacini geologici, che può prendere in considerazione fattori sempre più precisi, con una procedura a più dimensioni, dal 2-D al 4-D, ndr].
Una seconda commissione, di cui facevo parte, ha perfezionato un accordo con la società Spectrum [compagnia di esplorazione inglese, poi confluita nella norvegese PGS, ndr]. Abbiamo avuto alcuni problemi tecnici e contrattuali, ma alla fine la compagnia ha fatto il rilievo sismico 2-D lungo le coste libanesi.
Abbiamo individuato alcune zone al largo di Beirut (centro) e al largo di Tripoli (a nord). Uno dei principali punti di interesse trova a sud di Cipro, a partire dal vulcano estinto Eratostene, un rilievo sottomarino di circa 100 km di raggio. Qui i rilievi della Spectrum avevano evidenziato la presenza di “trappole” che sembrano racchiudere un’enorme quantità di petrolio.
A quel punto abbiamo proseguito il rilievo sismico lungo le coste libanesi. Era il 2002. Il rilievo è stato eseguito lungo la maggior parte delle nostre acque territoriali, per circa 15.000 kmq. Sono state individuate 31 posizioni potenzialmente produttive.

A maggio la Siria ha affidato alla società inglese Wavefield Inseis l’esplorazione di quattro posizioni lungo 5000 kmq delle proprie acque territoriali. Il ministro del petrolio siriano Al-Allao ha dichiarato che le recenti scoperte a Cipro, in Egitto e in Libano sono state il motore per questi nuovi rilievi.
Infatti anche noi, dopo avere fatto i rilievi 2-D, abbiamo approfondito l’analisi con tecnologia 3-D, siglando un contratto con la compagnia norvegese PGS. Sono stati compiuti altri rilievi tra Beirut e Tripoli, in 2400 kmq di mare.

Il blocco che si trova al largo di Tripoli corre lungo il confine siriano…
E’ alquanto vicino ai confini di Siria e Cipro. Comunque, il governo norvegese è molto interessato a lavorare con noi. Le prime indiscrezioni sui rilievi effettuati in acque libanesi sarranno presentate dalla PGS a Londra, nel convegno della EAGE (European association geoscientists & engineers) tra l’11 e il 14 giugno. I rilievi (“surveys”) si sono concentrati su una profondità di 1200 metri, con 590 milioni di recording, e sono terminati a marzo. I dati definitivi saranno presentati nel novembre del 2007.
La PGS dichiara di aver investito 30 milioni di dollari. In cambio il governo concederà gli eventuali appalti alle compagnie di perforazione. I norvegesi ci anche hanno fornito la consulenza per realizzare buoni contratti.

Ci può anticipare quale potrebbe essere la consistenza dei giacimenti?
 Finora abbiamo individuato trappole di grande estensione. La presenza di petrolio dev’essere ancora certificata, ma le stime preliminari parlano un totale di 8 miliardi di barili.
Ci sono altri elementi di cui è utile parlare, nello studio dei sedimenti geologici della zona, iniziando dall’arco siriano, che parte dal delta del Nilo e risale lungo Israele/Territori palestinesi, il Libano e la Siria.  Geologicamente bisogna distinguere tra il bacino arabo-iracheno e l’arco siriano: non hanno la stessa origine, l’arco siriano è ricco di gas.

…Infatti a Porto Said ci sono i terminali dell’Eni e a Gaza è attiva la British gas, che potrebbe fornire il gas off-shore palestinese a Israele, in alternativa alle condutture sottomarine provenienti dal porto turco di Ceyhan verso Ashkelon…
C’è dell’altro, ancora più significativo. A nord di Gaza, lungo le coste di Israele, una nave oceanografica americana ha osservato delle fuoriuscite di gas dal fondo del mare. In seguito a questa scoperta Israele ha investito –si dice- più di un miliardo di dollari. Potrebbero esserci grandi quantità di gas lungo le stesse coste di Israele.
Se guardiamo la mappa della distribuzione dei pozzi di petrolio in Siria, notiamo che la maggior parte di questi si trova vicino ai confini con l’Iraq e la Turchia. Esiste però un’altra struttura geologica, quella del Mar Morto. Vicino a questa faglia, all’interno del territorio siriano, sono state compiute alcune perforazioni.

…Alla fine degli anni ’90 sono stati fatte perforazioni anche all’interno del territorio israeliano. Si parlava di una “enorme riserva di petrolio”. John Brown, un cristiano evangelico, ha creato la Zion oil&gas company nel 2000, partendo dai testi biblici, dove la distruzione di Sodoma –sul mar Morto-  avviene per mezzo di “fuoco e zolfo”, e dove si scrive che la tribù di Asher “tufferà il suo piede nell’olio”. Al di là della fede, c’è qualcosa di concreto…
Negli anni ’70 si pensava che l’area tra la Siria e il Mar Morto fosse povera di gas o petrolio. Invece i test più recenti sono positivi. Il pozzo siriano più vicino al Libano si trova a 40 chilometri dal confine. Questo pozzo produce del gas e si trova in un bacino sedimentario che ha una grande estensione verso il Libano. Quindi ci sono indicazioni positive anche per quanto riguarda il gas. Posso confermare che in Libano ci sono molte risorse energetiche, in base a tutte le indicazioni che abbiamo.

Conferma anche, per quanto riguarda il petrolio off-shore, l’indicazione di otto miliardi di barili?
Sì, ma tenendo conto che i dati 3-D sono ancora nella fase di processing.

Lei non parla di politica. Tuttavia ritiene che il governo italiano e francese che si trovano in Libano per la missione Unifil, siano a conoscenza della presenza di petrolio e gas?
Non saprei. In questo campo le grandi compagnie spesso sono più informate dei governi nazionali.

di Paolo Della Sala
L’Opinione delle Libertà, edizione 122 del 12-06-2007

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