MA TU GUARDA CHE COMBINAZIONE
Scritto il 17/09/10 alle 21:15:12 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Giustizia e IngiustiziaFalsi i “pizzini” e il “papello” consegnati da Ciancimino alle procure di Calatanissetta e di Palermo. Allora arrestano Brusca
Pizzini apocrifi, rinviata a 28 settembre l'udienza del processo Mori

Roma, 16 set (Il Velino) - Chi ha scritto i “pizzini” e il “papello” consegnati da Massimo Ciancimino alle procure di Calatanissetta e di Palermo? È l’interrogativo che si pongono investigatori e inquirenti dopo che le perizie sui “documenti” spontaneamente consegnati dal figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, o rintracciati nel corso di alcune perquisizioni, eseguite dalla polizia scientifica, hanno accertato che l’esame grafico comparativo con la grafia di decine di boss, da Bernardo Provenzano a Totò Riina, evidenzia che non sono stati loro a scriverli. Per i tre esperti - Marco Pagano, Maria Vincenza Caria e Lorenzo Rinaldi - tutti i caratteri presenti sui documenti “non risultano in battuta originale e sono stati originariamente impressi, con elevata probabilità, da un’unica macchina per scrivere a martelletto verosimilmente portatile. La suddetta macchina non è riconducibile a nessuna delle macchine per scrivere utilizzate per redigere gli undici documenti trasmessi per comparazione (cioè con altri documenti dattiloscritti inequivocabilmente da Provenzano, ndr). Né tanto meno l’esame grafologico ha evidenziato che a scrivere “papello” e “pizzini” depositati agli atti del processo contro l’ex comandante del Raggruppamento operativo speciale, Mario Mori, sia stato l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino.

http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1199461&t=Pizzini_apocrifi_rinviata_sine_die_ludienza_del_processo_Mori

Brusca, si "pentirà" una seconda volta?
Roma, 17 set (Il Velino) - Giovanni Brusca non ha perso tempo e dal suo via vai dal carcere di Rebibbia dove gode di innumerevoli benefici per il suo contributo per aver fatto arrestare centinaia di ex suoi sodali con i quali ha confessato di aver ucciso direttamente “oltre un centinaio di persone” tanto da meritarsi il soprannome di “scannacristiani”, ha continuato a gestire il patrimonio accumulato prima che lo arrestassero il 20 maggio del ’96 vicino ad Agrigento. Già all’epoca della sua cattura ci furono feroci polemiche sollevate da chi sosteneva che prima di concedergli lo status di pentito con tutti i vantaggi avrebbe dovuto consegnare allo Stato il patrimonio accumulato con il crimine. E ciò perché fin dal ‘96 Brusca era accreditato di un buon patrimonio e per le spese correnti, nel covo di Cannatello dove fu arrestato dalla squadra catturandi di Palermo, gli investigatori trovarono una cinquantina di milioni di lire. I carabinieri di Palermo che oggi lo hanno nuovamente arrestato stanno adesso verificando le proprietà immobiliari e gli affari, ma si tratterebbe di un buon patrimonio gestito attraverso prestanomi e parenti, ma di cui si occupava personalmente grazie, appunto, al suo andirivieni dal carcere per i benefici disposti a suo favore dal giudice di sorveglianza del tribunale di Roma.

Comunque fin dal suo arresto Brusca su alcune vicende non è mai apparso del tutto trasparente. Nei verbali, a migliaia, riempiti da diverse procure a volte “dice e non dice” come sul periodo, prima e dopo, delle stragi, lasciando intendere che settori delle istituzioni e dei partiti cercarono ognuno per proprio conto di capire cosa stava succedendo in Cosa Nostra. Nel corso della sua testimonianza al processo contro Marcello Dell'Utri, Brusca sostenne che di quanto accadeva nel '92 con le stragi di Capaci e via D' Amelio e nel '93 con gli attentati a Roma, Firenze e Milano "la sinistra era a conoscenza. Non voglio dire che la sinistra è mandante delle stragi; voglio dire che in quel momento chi comandava sapeva quello che accadeva in Sicilia e nel Nord Italia". Una circostanza questa ritenuta molto importante e posta bene in evidenza dal capo della procura della Repubblica di Palermo Francesco Messineo. Il magistrato nella richiesta di archiviazione dell'indagine sui mandanti occulti della strage di via D'Amelio, firmata a Caltanissetta quando guidava quella procura, ne ha ribadito il concetto lasciando aperta ogni valutazione. Come senza risposte sono rimaste le inchieste, tutte archiviate, sul primo avvocato di fiducia di Brusca, Vito Ganci, il primo a parlare di una “ trattativa” e di incontri del suo cliente con esponenti delle istituzioni, anche delle opposizioni.

Brusca, in compenso, non ha mai creduto alla ricostruzione giudiziaria della strage di Via D’Amelio ed al pentimento di Vincenzo Scarantino, anticipando di dieci anni quanto poi ha sostenuto Gaspare Spatuzza. E da tempo non veniva più chiamato dai piemme nei tribunali dove sono in corso ancora processi direttamente o indirettamente legati alla “trattativa”, e le sue testimonianze, tutt’al più sono state rispolverate, ma mai dai magistrati, per contestare le nuove ricostruzioni fornite da Spatuzza e da Massimo Ciancimino. La nuova indagine, adesso potrebbe fargli perdere i benefici del programma di protezione e, chissà, costringerlo magari ad un nuovo pentimento in modo, come auspica Giuseppe Lumia del Pd, che possa chiarire meglio alcune vicende, sulle quali è apparso un po’ troppo generico. E se ne accorge soltanto oggi?

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