Gli sceicchi comprano l'Italia
Scritto il 07/09/08 alle 20:47:03 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Cronaca e AttualitàIndustrie, palazzi, alberghi. Talvolta interi quartieri. I nababbi del Golfo fanno shopping da Milano alla Sicilia.

Perché con il petrolio alle stelle hanno enormi somme da investire. E i buoni affari non mancano.

Nei capannoni abbandonati delle acciaierie Falck di Sesto San Giovanni, periferia industriale di Milano, il sultano del Dubai, Ahmed Bin Sulayem, non c'è mai stato. Il re Mida del Golfo Persico, coinvolto in mille business planetari e fervido appassionato di immersioni subacquee e corse di resistenza, dicono i biografi ufficiali, non può seguire di persona tutti gli affari dell'Emirato. I suoi manager, però, stanno trattando per comprare una porzione enorme del comune che un tempo veniva chiamato la Stalingrado d'Italia: un milione e mezzo di metri quadrati.

La cifra in ballo è di circa 500 milioni di euro e il buon esito non è scontato
, considerando le difficoltà della partita. A vendere è l'immobiliarista Luigi Zunino, schiacciato dai debiti dopo una carriera fulminante culminata qualche anno fa.

Al sultano, però, interessa la firma del progetto di riqualificazione delle vecchie acciaierie: l'architetto star Renzo Piano, che per la Sesto del futuro ha disegnato una vera città nella città. Con tutte le complicazioni, burocratiche ed economiche, che ne derivano.

L'interesse di Sulayem per Milano non è un caso isolato. Negli ultimi tempi il fiume di denaro che dal Golfo si sta riversando in Europa e negli Stati Uniti ha iniziato a toccare anche l'Italia. Ogni giorno che passa con il prezzo del petrolio sopra i 100 dollari al barile, gli esperti calcolano che gli sceicchi accumulino una ricchezza di un miliardo di dollari. Denari che fanno gola a tutto il mondo. E che le élite arabe stanno investendo sempre più all'estero per allargare la loro sfera d'influenza.

L'Italia non è una delle destinazioni predilette: troppe incertezze, scarsa crescita economica, burocrazia imprevedibile. Tuttavia, cercando di superare la cortina di silenzio dietro la quale gli emiri amano nascondere i loro affari, emergono numerose operazioni di peso. Nel mirino della finanza araba figurano alberghi di prestigio, resort di lusso ancora da costruire, grandi progetti di ristrutturazione urbana, come quello per rifare il look al litorale di Palermo.

Gli esempi sono numerosi. A Roma raccontano che Mohamed Ali Alabbar, membro di spicco del governo del Dubai, abbia messo gli occhi sul bel palazzo di via Veneto che ospita il Café de Paris. Il cinquantenne imprenditore, ritenuto una delle personalità più influenti del mondo arabo, in Italia ha già messo piede in pianta stabile. Ha aperto a Roma una filiale della sua agenzia londinese Hamptons, che costruisce e vende dimore da sogno. Ed è il socio che lo stilista Giorgio Armani ha scelto per realizzare gli alberghi che portano la sua griffe. Così via Veneto sarebbe il posto giusto per aprire il primo Armani Hotel della capitale.

Già oggi, invece, la compagnia elettrica Enel paga l'affitto dei propri uffici localizzati in numerose città italiane a un proprietario che pochi conoscono. Si chiama Sulaiman Abdul Aziz Al Rajhi, ha 88 anni e una sessantina di figli. Assieme ai fratelli ha fondato la banca Al Rajhi, una delle maggiori in Arabia Saudita. La sterminata famiglia è una delle più in vista del Regno, con interessi nell'acciaio, nell'agricoltura e nell'edilizia. Per la rivista americana 'Forbes', Sulaiman Abdul Aziz è il numero 107 nella classifica dei miliardari mondiali, 17 posizioni dietro Silvio Berlusconi.

I palazzi occupati dall'Enel, tra i quali spicca la sede napoletana di via Galileo Ferraris, li ha comprati a fine 2006 in un pacchetto da 600 milioni di euro messo in vendita dalla Deutsche Bank, che a sua volta li aveva rilevati qualche anno prima. Che cosa il gruppo Al Rajhi ne farà non è noto: per il momento, tuttavia, incassa l'assegno che la società elettrica controllata dallo Stato gli stacca ogni mese (nel 2007 il totale si è aggirato attorno ai30 milioni di euro).

Soltanto pochi anni fa, quando era ancora caldo il trauma degli attentati dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti, non era facile immaginare un così rapido sviluppo degli investimenti dei paesi del Golfo al di fuori dei loro confini. Proprio gli Al Rajhi, ad esempio, erano stati indicati dal quotidiano 'Wall Street Journal' tra i sospetti finanziatori dell'estremismo islamico, un'accusa alla quale avevano risposto in maniera sdegnata, condannando il terrorismo "in maniera inequivocabile".

di M. Mezzetti e L. Piana
ESPRESSO

Commenti a questo articolo:
 
 eccoli qui
Scritto il 07/09/08 alle 21:34:46 GMT pubblicato da Elio
sono loro i più pericolosi, (molto più degli stranieri nelle nostre strade) e noi gli stiamo vendendo l'Italia.
Tra poco saremo sopraffatti dal basso e dall'altro, dagli immigrati che minano la nostra vita quotidiana e dai finzieri.
Amen. Povera Italia

 sharia
Scritto il 08/09/08 alle 13:30:57 GMT pubblicato da MarianoLorusso
trovano tutti i mezzi possibili per portare l'islam qui, piuttosto che stare fermi ci comprano e poi quando hanno comprato tutto sostengono che tutto quello che c'è, arte scienza e altro ancora è islamica.

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