La preoccupante involuzione dell'Onu
Scritto il 09/09/08 alle 14:01:42 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Giustizia e IngiustiziaIl Consiglio dei diritti dell’uomo è diventato una macchina di guerra ideologica nei confronti dei suoi principi fondatori.

Il 2008 festeggia il sessantesimo anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo da parte dell'ONU. E lo fa curiosamente, assecondando la contemporanea negazione dei suoi principi fondanti.

Nel giugno 2006, l’ONU da vita al “Consiglio dei diritti dell'uomo”.
Sotto un nome così roboante parrebbe celarsi un futuro radioso per la sconfinata massa planetaria di cirenei assettati di giustizia e libertà.
Eppure qualcosa di strano c’è. Non tanto il posto prescelto per la sede ufficiale, Ginevra.
Città che sta da tempo barattando la propria Università con i finanziamenti islamici sauditi e che ha fornito lavoro e gloria nientemeno che a Tariq Ramadan, pensatore (chiamiamolo così) già espulso dalla vicina Francia per le sue poco intonse attività.
Quanto piuttosto il laborioso parto.

Il Consiglio dei diritti dell’uomo nasce con 170 voti favorevoli su 191.
Si distinguono tra i contrari gli USA, Israele, mentre l’Iran si astiene.
E già colpisce vedere fuori l’unica democrazia mediorientale e la maggiore planetaria.
Ma il bello viene scrutando la lista dei 47  (numero invero profetico) Stati membri che guidano l’Assemblea generale. Ossia quell’organo deputato ad emanare quei giudizi, sentenze e direttive che tanto terrorizzano i politici europei di ogni dove.

L’occhio attento scorre la lista mentre, di conserva, il cuore si rallegra scorgendo, fra coloro che concorrono ad emettere condanne e documenti che bacchettano le “cattive democrazie” del pianeta, fior di garanti delle libertà individuali.

Conforta sapere che siamo monitorati nientemeno che dal Pakistan (la patria dei veri talebani, nazione dove è legale la schiavitù, specie dei cristiani, e la lapidazione; nazione dove puoi finire sotto terra per la semplice accusa di blasfemìa), il Bangladesh (vedi Pakistan un po’ diluito), l’Algeria (quella che trecentomila morti in dieci anni fra scannamenti maomettani o alqaidisti), l’Arabia Saudita (quella che è vietato scendere all’aeroporto di Riad con bibbia, crocifisso o qualsiasi altra appendice che non sia coranica, quella dove le donne possono respirare, per il resto chiedere a marito o tutore), il Bahrein (leggi Arabia S.)  la Cina (paese con il record mondiale delle condanne a morte eseguite da mezzo secolo in qua), la Russia (chiedere ad Anna Politkovskaja), Cuba (il modello sociale che ha riscosso un successo superato solo dai Jalisse).

Bene.
Ora proviamo a capire l’assurdo.
Un clandestino “pescato” in Italia, pakistano o algerino, bengalese o saudita,  di fatto non può essere estradato perché, cita la giurisprudenza nostrana, finirebbe in un paese (anche se il suo d’origine) dove non verrebbero tutelati i suoi diritti fondamentali.
Curiosamente sono gli stessi paesi chiamati a pontificare sulla qualità dei nostri diritti.
Chiaro no? Siamo giudicati da chi ci vorrebbe morti….


Il Consiglio dei diritti dell’uomo è diventato una macchina di guerra ideologica nei confronti dei suoi principi fondatori. Una macchina capace solo di stigmatizzare sistematicamente le democrazie occidentali.
Ignorata colpevolmente dei grandi mass media, giorno dopo giorno, sessione dopo sessione, risoluzione dopo risoluzione, una retorica politica è forgiata per legittimare i passaggi all'atto e le violenze di domani.
“Una triplice alleanza” composta da l' Organizzazione delle conferenze islamiche (OCI) rappresentata fino ad oggi dal Pakistan, del movimento dei non allineati dove Cuba, il Venezuela e l'Iran hanno un ruolo centrale, e della Cina - con il comodo cinico della Russia - opera così alla messa in atto di una vera rivoluzione assertivamente “multiculturale”.

Sarà un caso che il relatore speciale dell'ONU sulle forme contemporanee di razzismo Doudou Diène abbia dichiarato che enunciare una critica contro il porto del Burqa costituisce un'aggressione razzista?
Che la laicità è ancorata in una cultura schiavista e colonialiste?
Che la legge francese contro l’esibizione dei segni religiosi a scuola è propedeutica al favoreggiamento  dell’islamofobìa ed il razzismo anti-musulmano?

Nel settembre 2007, l'alto commissario ai diritti dell'uomo (mica un Fantozzi qualunque), la signora Louise Arbour, partecipa ad una conferenza a Teheran dedicata “ai diritti dell'uomo e la diversità culturale”
In un paese dove già solo essere gay comporta rischiare il pomo d’Adamo.
La signora si presenta indossando il velo, come legge della repubblica islamica la esige, pur di non contravvenire ai valori religiosi. Pur di non essere tacciata di razzismo.
E nella ghiotta ribalta il santissimo presidente Ahmadinejad rinnova il suo appello alla distruzione di Israele, stato membro dell'ONU e fortemente legittimato proprio da quest'ultimo.
Interrogata sul suo silenzio, l'alto commissario giustifica la propria passività con il rispetto della legge iraniana al quale, come giurista, si riteneva tuta e per preoccupazione “non di offendere i suoi ospiti”.


I grandi crimini politici hanno sempre avuto bisogno di parole per legittimarsi.
Così, nel dicembre 2007 la suddetta “Assemblea” ha ratificato testi che condannano forme d'espressione considerate diffamatorie dell'islam.
Il bavaglio è stato preparato.
Il più grande conflitto mondiale ebbe origine dal fallimento dell’ONU dell’epoca.
Si chiamava Società delle Nazioni. E pretese di “dialogare” con un soggetto chiamato Hitler.


Oggi nel nome del “multiculturalismo” si mettono a tacere vere persecuzioni. Come a Taslima Nasreen (fuggita dal Bangladesh per i suoi scritti troppo favorevoli alle donne) a Salman Rushdie, a Robert Redeker (professore francese che ha perso il posto per aver criticato l’slam) a Mohamed Sifaoui.
Tanti auguri a noi.

Maurizio De Santis
da GIUSTIZIA GIUSTA

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