L'Africa brucia. L'Eurabia si avvicina? |
| Scritto il 03/03/11 alle 17:35:40 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana |
Il rischio di un esodo che potrebbe ben presto trasformarsi in invasione è ben chiaro a tutti Centinaia di migliaia di persone, da tutta l'Africa subsahariana, sono ammassate sulle coste Libiche e non aspettano altro di poter abbandonare quelle terre e attraversare il Mediterraneo per arrivare in Italia e poi nel resto d'Europa. Cosa è dunque possibile fare per attuare il diritto alla sussistenza, alla libertà sia personale che religiosa, alla dignità di ogni uomo in quanto tale a prescindere dall’etnia di provenienza, razza, cultura o civiltà e/o religione? Cosa è dunque possibile fare per scongiurare che le differenze culturali esistenti causino in futuro problemi di convivenza etnico/religiosa e che fra qualche generazione i musulmani grazie all'immigrazione di massa e all'elevato tasso di fertilità rispetto alle popolazioni europee autoctone, possano snaturare nel giro di qualche decennio l' identità occidentale? L’unica via è quella della consapevolezza della situazione che è la fonte primaria del vivere comune: bisogna ammettere che non sempre possiamo soddisfare i bisogni materiali di tutti, come vorremmo, ma invece dobbiamo dare dignità a tutti, offrendo attenzione e considerazione all’individuo che ci sta davanti chiunque esso sia. Non possiamo permetterci di attribuire agli ospiti della nostra nazione città regione, più diritti di quelli che godono i nostri concittadini, poiché il buonismo ideologico, è solo fittizio e nasconde l’egoismo di chi vuol esorcizzare i propri complessi di colpa o ignorare, senza giustizia, l’equilibrato diritto di ognuno. L’ansia acritica dell’immediata integrazione degli extracomunitari, a tutti i costi, sia economici che politici che sociali, può assumere dei caratteri funesti e contrasta nei fatti con la ragionata e cosciente affermazione del diritto d’ogni persona alla sussistenza ed alla dignità. La minaccia che si avverte, oggi, è lo snaturamento delle individualità, il caos etnico, il caos culturale e religioso. Si deve ribadire che, rispettare ed affermare l’individualità di un popolo che ha i suoi diritti, non significa negare quelli dell’individualità dell’extra-comunitario, che nella scala dei valori etici ha anch’esso valori primari, legati alla sua cultura alla sua religione e al suo modo di vivere. Bisogna sapere che, oggi, ogni civiltà possibile è il prodotto di una compromissione naturale fra diverse culture, modi di vivere e religioni diverse, anche se i principi etici devono sempre e comunque, rimanere comuni a tutte le parti in causa. Bisogna cercare, in questo momento storico, l’umiltà delle parole la condivisione dei valori etici la razionalità dei pensieri, mai dimentichi che sbagliare su certe tematiche può inconsapevolmente provocare un’onda d’urto contraria, che potrebbe sfociare in fenomeni nefasti come per altro si sono verificati nella prima metà del XIX secolo. Dagli ospiti invece, si deve pretendere che compiano i loro doveri e che si adattino ai costumi ed alle leggi locali e nazionali, con la pazienza e la diligenza di chi abita in casa altrui, cercando l’integrazione, nell’attesa che le nuove generazioni possano imparare ed insegnare nuovi valori e nuove tradizioni. Come si sa i cambiamenti , le innovazioni, le integrazioni, sono sempre uno shock per il popolo, che per consuetudine è abitudinario. Ma in questo momento dove bussano alla nostra porta milioni di nostri fratelli, bisogna esercitare la speranza e l'azione e applicare quei principi universali quali, la tolleranza l’uguaglianza e la libertà. Conscio che l’irrazionalità, l’emotività, l’egoismo, la xenofobia, inconsci o meno che siano, fanno parte del bagaglio psicologico di ognuno di noi. Conscio che nessuno può dirsi veramente immune da impulsi biologici potenti come il sospetto, la paura, il rifiuto dell’altro, dell’alieno, dello straniero, del diverso. Sicuro che lo Stato ci garantirà, sicurezza protezione ed equità e che saprà tutelare le nostre radici religiose storiche e sociali. Andrea Cevasco |
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