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Scritto il 11/03/11 alle 13:57:32 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana |
![]() ![]() Il colosso svedese apre un nuovo punto vendita a Catania. Nello spot due uomini mano nella mano e la scritta: "Rendiamo più comoda la vita di ogni coppia, qualunque essa sia". Una scelta che di sicuro farà discutere Catania - "Siamo aperti a tutte le famiglie". Sull'imponente cartellone pubblicitario due uomini, mano nella mano, passeggiano per il grande magazzino reggendo borse gialle e blu cariche di nuove compere. A Catania è sbarcata la democratica Ikea: "Da noi vi sentirete a casa. Perché quello che cerchiamo di fare è rendere più comoda la vita di ogni persona, di ogni famiglia e di ogni coppia, qualunque essa sia". Cosa c'è dietro? Non certo la sensibilizzazione dei diritti per le coppie gay, ma una chiara strategia di marketing. L'importanza della terminologia Se l'Ikea approda a Catania pubblicizzando il proprio punto vendita con una coppia omosessuale, di certo non lo fa a casaccio. C'è dietro uno studio. All’Ikea tutto ha un nome. Klaus Kjoller, esperto di scienza delle comunicazioni dell’università di Copenaghen, aveva fatto notare come ogni nome nasconda un significato tutt'altro che secondario. Non a caso nel quartier generale dell’Ikea, che si trova ad Almhult in Svezia, esiste una piccola divisione pagata per dare i giusti nomi agli oggetti che noi troviamo sugli scaffali. Un compito tutt’altro che facile: il catalogo comprende svariate migliaia di articoli con nomi incomprensibili e impronunciabili, destinati a fare il giro del mondo. Così si scorge un Billy, un Ivar, uno Sten. E ancora: Koge, Brondby, Sindal. Quello strano "imperialismo svedese" Proprio perché ogni nome deve avere un significato, emerge una curiosità che Kjoller attribuisce all'"imperialismo svedese". La stragrande maggioranza degli articoli battezzati con toponimi danesi sono zerbini o tappeti da pochi soldi. Non solo. Una tavoletta per il water è stata "battezzata" Oresund, lo stretto di mare che separa la Svezia dalla Danimarca. E ancora: Niva è un rivestimento per pavimenti. Insomma, sempre qualcosa che si calpesta. "Forse è solo una coincidenza – si era chiesto tempo fa Reinhard Wolff del Die Tageszeitung – eppure, perché uno dovrebbe pulirsi i piedi sporchi su Koge per poi calpestare Nastved e Sindal". Anche l'idea di creare un non-luogo che si rivolge ai consumatori in una forma confidenziale e usando locuzioni adatte ai ragazzini rientra in una chiara scelta di marketing. [...] il giornale |
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