C'è del marcio in Norvegia
Scritto il 26/07/11 alle 13:17:44 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Articoli e OpinioniC'è del marcio in Norvegia e non solo nella testa di Anders Behring Breivik

 C'è del marcio in quel paese se il massacratore di Utoya, lo stragista di Oslo, che oggi porta sorridente il peso di 76 morti violente, alla tenera erà di 53 anni sarà di nuovo in circolazione.

In quel paese aperto e civile non si può stare in carcere per più di 21 anni, non sarebbe politicamente corretto, consono alla buona educazione e ai buoni sentimenti. L'isolamento e il freddo fanno forse ritenere di essere immuni dai virus del mondo, indenni dalla follia e dall'odio, neutri o neutrali davanti alle grandi faglie dei tempi terribili che viviamo.  O forse, più semplicemente, in quel paese non si è riusciti ad immaginare un crimine che meritasse più di 21 anni. E oggi che l'hanno subito non lo sanno riconoscere.

C'è del marcio in un paese che vuole linciare l'attentatore, farlo a brandelli con la furia della folla assetata di vendetta, mentre i giudici si preparano, nel peggiore dei casi, a tenerlo in una confortevole cella  per vent'anni.

C'è qualcosa che non funziona in un paese dove il carcere di Bastoy, che contiene i peggiori criminali,  viene così descritto da un recente articolo del Time: "I prigionieri vivono in singoli chalet di legno dipinti a colori sgargianti, vanno a cavallo, possono fare il barbecue, hanno il cinema, lettini solari e due piste da sci a disposizione".

Il direttore di Bastoy, Arne Nilsen - racconta il Time - fa un patto con i nuovi arrivati: "Se scappate cercate di fare una telefonata per farci sapere che state bene, così evitiamo di mandare l'elicottero".

La prigione di Halden, dove sembra possa essere trasferito Breivik, spiega ancora il Time "è stata costruita per somigliare a un piccolo villaggio, così che i prigionieri si sentano ancora parte della società. Le celle hanno televisioni flat screen e frigo bar e sono tutte a due letti così che i detenuti possano ricevere ospiti". Il direttore di Halden ha appena stanziato un milione di dollari per fornire il carcere di opere d'arte.

C'è qualcosa che non va se poi i criminali di mezza Europa, e non solo, vanno a fare i loro affari in Norvegia: il peggio che gli possa capitare è una pena più bassa che in qualsiasi altro paese comunitario da scontarsi in una sorta di Grand Hotel.

E c'è del marcio anche nelle parole del padre dell'omicida. Un padre che non vede il proprio figlio da quando questi aveva 16 anni e vive rititato nella campagna francese. Poi vede la faccia del suo ragazzo, invecchiato, magari vi intravede se stesso alla sua età, e la prima cosa che dice è questa: "Come ha potuto andare lì e uccidere così tante persone innocenti, e pensare che tutto è ok? Avrebbe dovuto togliersi la vita anche lui". Non è stato elegante, non è stato coerente: si fosse ammazzato forse sarebbe stato "tutto ok"?

E la seconda cosa che dice è anche peggio: "Dovrò vivere con questa vergogna per il resto della mia vita, la gente mi collegherà sempre a lui". Non una parola per il dolore delle famiglie, queste sì collegate per sempre al carnefice dei loro figli e parenti, ma solo la preoccupazione per la vergogna. C'è del marcio in un paese dove la vergogna, l'onta di essere additati alle spalle,  è più spaventosa del crimine.

E c'è del marcio in un paese che coltiva nostalgie neonaziste e forse le tollera magari in nome della privacy o di qualche altro nuovo diritto d'opinione o di rimpianto.

Non c'è voglia di fare una lezione alla Norvegia, non ne avremmo diritto e non ne abbiamo il pulpito. Ma un consiglio verrebbe da darlo: se si immagina di vivere nel mondo dei Teletubbies il risveglio può risultare fragoroso.

http://www.loccidentale.it/node/108314

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