''QUANTO VALE UN UOMO NEL GULAG''
Scritto il 04/02/09 alle 11:18:32 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Libri e Recensionipresentazione del libro di Evfrosinija Kersnovskaja


 La settimana scorsa ho assistito alla presentazione del libro di Evfrosinija Kersnovskaja, Quanto vale un uomo, presso la Libreria Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano, sarà un caso o una coincidenza voluta, ma la casa editrice Bompiani per farlo ha scelto la giornata della memoria.
 
Già prima dell’inizio degli interventi la saletta era straordinariamente stracolma, un gran successo di pubblico; il racconto del Gulag tira ancora. Ha introdotto Elena Kostioukovitch, curatrice del libro, che ha rilevato la portata storico-culturale dell’evento, una prima mondiale per il racconto della scrittrice russa, morta quindici anni fa. Si tratta della prima testimonianza illustrata della vita quotidiana all’interno del gulag. Centinaia di illustrazioni, disegni originali, affissi alle pareti nella saletta della libreria. Naturalmente di fotografie nel gulag era impensabile.  C’è qualcosa di Solgenitsin e Salamov, nella Kersnovskaja, ha detto il professore Vittorio Strada, il decano della manifestazione, che ha relazionato sul contesto storico che ha visto il socialcomunismo imperversare sulla Russia e sui russi dal 1917 al 1991.

Il professore Strada approfittando della giornata della memoria, ha comparato i due crimini contro l’umanità: il gulag comunista e il lager nazista. “Non si tratta, naturalmente, di mettere su un’abominevole bilancia i morti dei due genocidi per un mostruoso conteggio comparativo - aveva scritto qualche anno fa Strada - ma semplicemente di ricordare che i massacri sono stati due, frutto di diverse ideologie scellerate[…]Chiedere che la memoria collettiva commemori anche il genocidio del Gulag(Gulag è la sigla russa di Glavnoe upravlenie lagerej), non significa fare un’operazione di equilibrismo politico, bensì compiere un atto di elementare giustizia morale che tolga alla memoria del crimine antisemita ogni velo di ipocrita unilateralità”. Si parla di negazionismo della Shoah, ma anche il gulag sovietico ha avuto i suoi negazionisti, in particolare la sinistra francese era tra le più attive.

Il negazionismo del gulag per il professore Strada era più grave perché negava un fenomeno che era ancora vigente, attuale. Poi quando arrivò Solgenitsin con il suo Arcipelago Gulag, non si poteva più negare.
 Dopo è intervenuto Igor Chapkosvkij, che è quello che si prese cura della scrittrice russa e dei suoi quaderni scritti tra il 1965 e il 1972; 1500 pagine battute a macchina durante la notte stando attenti a non essere scoperti dal Kgb. Dopo la perestrojka nel 1990 una parte dei diari fu pubblicata sulla rivista Ogoniok; Delle 1470 pagine dedicate alla sua triste avventura, in Russia uscirono solo estratti fino al 2006, quando fu editata una versione oversize da 4 chili e mezzo, "un’assurdità che nessuno può leggere nè comprare - commenta l’erede dell’autrice, - visto che costa 250 dollari". La curatrice Elena Kostioukovitch decise di portare il maxi tomo alla fiera del libro di Francoforte, dove l’editor di Bompiani Mario Andreose decise di acquisirne i diritti per una versione più maneggevole, subito venduta in America e Francia.
 
 La storia racconta la deportazione di Kersnovskaja, dopo l’occupazione sovietica della sua Bessarabia, diventa prima bracciante e poi é deportata in Siberia. Condannata al massacrante lavoro del taglio del bosco, riesce a fuggire e percorre a piedi, da sola, 1500 chilometri nella tajga. Catturata e condannata alla fucilazione, la pena le viene commutata e viene rinchiusa nel lager di Norilsk, uno dei più famosi del sistema del gulag staliniano. Nonostante il freddo, la fame, le privazioni, il duro lavoro in miniera e le angherie, grazie alla sua cultura e alla sua statura morale, Evrfosinja riesce a non perdere mai dignità e coraggio, tanto da essere considerata, oggi, in madrepatria, alla stregua di una santa o di una martire. Nel racconto la Kersnovskaja descrive la realtà dei campi comunisti: avevo già avuto modo di osservare la denutrizione in tutti gli stadi possibili e immaginabili, ma non avevo ancora incontrato un simile esempio di scheletro vivente.

 In mezzo agli escrementi, in una cella di rigore, d’inverno, completamente nuda, resistette declamando ad alta voce versi del suo poeta preferito.
 Di fronte a questi crimini l’Occidente è stato cieco e muto, si è rifiutato di vedere e di parlare, c’è stata una sottile ipocrisia della nostra cultura(dai massmedia all’Università, alle varie associazioni politiche). Invece, di denunciare coraggiosamente questi massacri si è preferito un comodo conformismo “buonista” condiviso pure da molti ambienti religiosi. “[…]come è potuto e può ancor oggi accadere - si chiedeva Ernesto Galli della Loggia -  che dell’esistenza di questo fiume di sangue la nostra cultura abbia così scarse memoria e consapevolezza?”
 Perché la cinematografia ancora non produce film su questi orrori come per quelli della shoah, perché ancora nelle nostre scuole, racconti come quelli di Solgenitsin o della Kersnovskaja non hanno cittadinanza.
  
 Certamente anche le vittime dell’ideologia socialcomunista hanno diritto ad essere ricordate, non possono essere abbandonate all’oblio della Storia.“Le parole della Kersnovskaja, scritte su quaderni di fortuna e poi recuperate e ordinate prima di morire, oggi rendono alle vittime i loro nomi – e anche i volti, grazie ai disegni a pastello che corredano i brevi capitoli – mentre quelli dei loro persecutori sembrano parallelamente sprofondare nell’immondezzaio della storia”. (Dario Fertilio, L’inferno di gelo e una voce che non si arrese, 21.1.09 Il Corriere della Sera).

 Rozzano MI, 28 gennaio 2009
 Festa di S. Tommaso d’Aquino
 DOMENICO BONVEGNA      domenicobonvegna@alice.it

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