La delusione da Obama spinge a cercare nuove alleanze
Pubblicato il 15/04/09 alle 01:02:22 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
È la nostra prima Pasqua nel mondo post americano, e da Gerusalemme si vede molto bene Mentre tutti i media si entusiasmano a un punto tale dell’impostazione pacifista di Obama da averlo gratificato di un applauso alla conferenza stampa di Londra, il mondo intero cerca di affrontare una realtà percorsa, per motivi ideologici o di interesse, da invincibili correnti di ostilità in cui tuttavia l’America sembra posare lo scettro. Si conquistano postazioni, il mondo cambia alleanze e molti cercano di mettere il cappello sulla sedia adesso che l'atmosfera prescritta è ottimista.
È dunque uno strano tempo di brutalità e minuetti, un ponte sospeso e dondolante. Un esempio mediorentale: ieri Hassan Nasrallah, il capo degli Hezbollah, dopo che cinquanta uomini ritenuti suoi sono stati accusati dai servizi segreti di Mubarak di preparare attentati sul suolo egiziano e passaggio d’armi iraniane verso Gaza, ha ammesso, persino attaccando con foga Mubarak perché non aiuta “la resistenza” di Hamas, che Sami Shehab, uno degli arrestati è un leader Hezbollah in azione sul territorio egiziano. Se ne è vantato. Ovvero: il Cairo cerca di fermare la sovversione iraniana sulla sua terra e nella Striscia di Gaza e Hezbollah gonfia il petto e afferma di essere fiero di diffondere l’egemonia sciita iraniana con il terrorismo.
È uno scontro di esplicita violenza che mostra senza veli la faglia sciita-sunnita. Tutto ciò mentre gli inglesi, certo consigliati dagli Usa, cercano pubblicamente un colloquio con Nasrallah, che pone condizioni. Intanto Ahmadinejad dice al settimanale tedesco Der Spiegel che è pronto a colloqui solo se verranno riconosciute con rispetto le sue scelte, ovvero la sua strada atomica. E non si è dimenticato di aggiungere il marchio di fabbrica: tutto il popolo tedesco odia Israele, ha affermato. Tutto questo a pochi giorni di distanza dall’annuncio di grandi, irreversibili, progressi nucleari, mentre Obama si accinge al colloquio. Questa aggressività serve a mettere i segnaposto al tavolo mondiale mentre si cerca la propria sedia. Così pure il missile nord coreano, o il florilegio di mostruose violazioni di diritti umani ovunque, come la legge afghanistana pro-stupro, il sostegno di Bashir da parte araba ecc. Tutti ci provano. E se, ad ogni minaccia, la risposta è un allontanamento americano da coloro, democrazie o paesi musulmani moderati, che erano abituati a essere difesi, se Obama simbolicamente, quasi si genuflette davanti al re saudita o dice stranamente che l’Islam nella storia ha aiutato gli Usa, gli abbandonati cominciano a cercare un rifugio.
L’Egitto, il Golfo, la Giordania, non si sentono tranquilli di fronte ai nuovi colloqui con l’Iran mentre l’Iran li minaccia uno a uno col nucleare; l’Irak, dopo la visita in cui Obama non ha fatto promesse chiare per la sua democrazia, è certo confuso. L’uscita del ministro della Difesa Robert Gates, dopo il lancio del missile a tre stadi di Pyongyang, che «gli Usa sparerebbero solo se il missile fosse diretto contro il territorio americano» deve aver preoccupato il Giappone; l’idea ripetuta da Obama che l’India col suo rifiuto di passare il controllo del Kashmir ecciti il terrorismo proveniente dal Pakistan; la sensazione creatasi durante il viaggio in Europa che gli Usa siano interessati soprattutto a disinnescare la corsa agli armamenti e a evitare ogni traccia di nuova Guerra fredda induce certo negli ex satelliti un senso di abbandono. Israele, mentre Netanyahu si prepara a visitare Obama alla Casa Bianca, data l’apologia di Obama del piano saudita, la richiesta continua di avviarsi senza obiezioni alla soluzione “due Stati per due popoli” e i passi verso la Siria che non dà nessun segno di volersi staccare dall’Iran, certo si domanda se non le converrebbe trovare qualche nuovo amico. È iniziata una storia di nuovi patti che possono cambiare il mondo.