Pubblicato il 01/11/11 alle 11:55:59 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Torneo parallelo al campionato russo ufficiale che rispetta in tutto e per tutto il Corano MAKHCHKALA – Il Corano al posto dell'inno della Champions League. La preghiera rivolti alla Mecca sul campo di pallone prima o dopo ogni partita, invece dello scambio di maglie. Niente parolacce, bestemmie e atteggiamenti aggressivi. Lo scopo non è vincere, ma diffondere i (sani) valori dell’Islam. Anche quello più rigoroso.
Succede a Makhachkala, capitale del Daghestan, la repubblica del Caucaso russo più colpita dagli attentati dei ribelli nemici di Mosca, e le rappresaglie delle forze dell’ordine: 315 uccisi dall’inizio dell’anno, 224 feriti, 18 rapiti. La più corrotta, con più disoccupati. Specie giovani. Ma anche in preda a una montante calcio-mania, grazie a Suleiman Kerimov, l’oligarca locale patron del club Anzhi che ha portato in questa landa dimenticata nomi come Eto’O e Roberto Carlos.
La Salaf-Liga è un’altra cosa. “Tutto è cominciato 3 anni fa, da un gruppo di musulmani che volevano giocare a calcio, ma temevano gli eccessi e le violenze del campionato russo ufficiale. Poi si è allargato, e oggi abbiamo un campionato regolare di calcetto, anche se non registrato ufficialmente, con 32 squadre e 200 giocatori, e tanti altri vogliono partecipare”. Idris Yusupov, 32, è uno degli arbitri: consulente economico ed editore di testi islamici, si dice seguace della Sunna e dell’intepretazione del Corano della prima generazione di musulmani.
Porta la barba lunga senza baffi, come altri al torneo: tratto distintivo dei salafiti. In Daghestan, dove la maggioranza è musulmana “sufi”, questo basta per finire nel mirino delle autorità: dal 1999, sull’onda delle guerre cecene, una legge bandisce il “wahabismo”. Ma il termine ha creato confusione, di fatto equiparando pii barbuti e ragazze con l’hijab a ribelli e terroristi. Col risultato di aumentare l’integralismo tra i giovani: protesta contro soprusi e violenze del sistema, quasi una moda.
Anche Idris una volta fu arrestato: “mi hanno messo un cappuccio in testa e interrogato per 5 ore. Per fortuna è finita bene”. Ora la situazione è un po' migliorata, la maggior parte dei commi della legge aboliti, e per molti non è più tabù dichiararsi apertamente "salafita".
Nessuna contraddizione tra calcio e Corano? “No, se ci si comporta in modo giusto – spiega. – Se c’è rigore o fallo, lo segnaliamo noi all’arbitro e ci accordiamo sulla punizione senza bisogno di litigare: tanto, se qualcuno non lo vede, lo vede Allah”. Il regolamento della Liga è molto simile a quello della Fifa, con alcune “correzioni”: ammesso in alcuni casi il fallo di mano, l’arbitro può cambiare idea se riconosce di aver sbagliato.
Tutto gratuito, pagano gli sponsor. A guidare il gruppetto un giovane imam e arbitro, Ahmad Magomedkamilov, che organizza gite fuori porta e lezioni di fede mensili a bordo campo: “Per noi scopo del calcio non è la competizione – dice, - ma educare a disciplina, autoresponsabilità, onestà, lavoro di squadra, e purificarsi dal fango della società moderna”. Nella Salaf-Liga tutti si considerano “musulmani”.
Ma nonostante il nome, non discriminano i meno credenti: qualcuno giocando qui ha cominciato a pregare; un altro, russo, si è convertito, fa il portiere. Le squadre han nomi come Arafat o Umma, ma anche Gagarin. E da quest’anno partecipano anche giocatori professionisti.
L’Anzhi di Eto’O? Lo sport è positivo, unisce le persone e ha valore sociale, dicono nella Liga: “ma quello è un business di un miliardario legato al potere, noi siamo autorganizzati”. E il calcio non risolve certo tutti i problemi: “Anche se l’Anzhi l’anno prossimo vincesse il campionato russo, questo cambierà davvero la situazione in Daghestan?”.