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Quei “terroristi” di Al Qaeda che la Polizia arresta ed il Tribunale libera

Arrestati perché sospettati di pianificare sanguinosi attentati terroristici, un attacco all’Occidente nel cuore delle sue città, in nome della guerra santa islamica. Trovati in possesso di piani strategici per attaccare luoghi simbolici – dalle caserme alle chiese – o istruzioni per fabbricare esplosivi.
Proprio come Mohamed Jarmoune, il marocchino di 20 anni arrestato ieri all’alba dagli agenti della Polizia di Stato di Brescia perché sospettato di aver pianificato un attentato alla sinagoga di Milano.
Ma poi, poiché fermati prima di portare a termine il loro obiettivo, in una linea sottile fra intenzione e azione, assolti dai Tribunali.

Mohamed Jarmoune, mago del computer, quasi un hacker, capace di creare complicati sistemi di controllo che facessero da scudo alle sue pagine web dove incitava alla guerra santa, che reclutava simpatizzanti e con loro si scambiava informazioni sull’uso dell’esplosivo e delle armi, è sospettato di aver tentato di pianificare un attacco al tempio di via della Guastalla, a Milano. il suo computer, dove aveva creato siti web che ospitavano discussioni e diffondevano documenti su tematiche jihadiste, potrebbe nascondere anche altri legami con cellule di matrice terroristica straniere. Nella sua casa, però, nel corso delle perquisizioni, non sono stati trovati armi né esplosivi.

Secondo Claudio Galzerano, dirigente della divisione antiterrorismo internazionale della Dccp/Ucigos, infatti, non aveva un piano operativo preciso, ma “un percorso verso un fanatismo sempre più integralista”. In carcere, però, Jarmoune, potrebbe non rimane a lungo. E soprattutto, non arrivare a una condanna.

Il confine, infatti, che intercorre fra la preparazione di un attentato e la vera e propria azione, già nel passato è riuscito a “graziare” numerosi altri magrebini sospettati di essere terroristi islamici.
Tanto che a scriverlo nero su bianco è addirittura una sentenza emessa dalla della Corte d’Assise di Monza tre anni fa, che ha assolto due marocchini sospettati di far parte di una cellula di Al Qaeda: “Progettare attentati non è un reato”.

Non a caso, i processi nei confronti di presunti terroristi della Jihad, negli ultimi anni si sono conclusi con più assoluzioni che condanne.

Così accadde nel 2007, nei confronti di tre marocchini sospettati di essere tre terroristi islamici, e di aver finanziato la guerra santa con i soldi ricavati dal traffico di droga, alla fine assolti per non aver commesso il fatto. Il titolare dell’indagine, Elio Ramondini, aveva chiesto l’assoluzione, poi sentenziata dal giudice, «non perché io non sia convinto della responsabilità degli imputati, ma perché sono impossibilitato a provarla”. nove mesi di carcere preventivo, dunque, sono stati rimessi in libertà. E poi espulsi.

E così è accaduto anche, appunto, due anni fa, quando Abdelkader Ghafir e Rachid Ilhami, predicatore del centro culturale “di Macherio, erano stati arrestati nel 2008 dalla Digos di Milano perché trovati in possesso di video inneggianti alla Jihad islamica e sospettati di preparare attentati alle caserme dei carabinieri nell’Hinterland milanese, contro il parcheggio di un supermercato e contro un bar. La sentenza di assoluzione, innovativa dal punto di vista giuridico, pronunciata dai giudici della Corte d’Assise di Monza, parla infatti chiaro: abbracciare l’ideologia di Al Qaeda, senza farne parte, e documentarsi a lungo su internet per trovare nei siti integralisti indicazioni e strategie per compiere attentati e poi condividere con altri l’idea di Jihad, non è un reato.

Emblematico, poi, il caso del tunisino Riad Nasri, detenuto per otto lunghi anni nella base militare di Guantanamo perché sospettato di far parte di una cellula legata al Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, con base anche a Milano, che reclutava martiri destinati ai Paesi in guerra. Per il Tribunale di Milano, però, non c’erano prove sufficienti per condannarlo. Ed è stato assolto.

Lo stesso copione si era ripetuto un anno prima con la liberazione del presunto terrorista tunisino Ben Mabrouk Adel (condannato a due anni, ma con sospensione della pena), anche lui detenuto per oltre sette anni a Guantanamo e consegnato all’autorità giudiziaria italiana nel novembre 2009.

A fare storia, poi, ci aveva pensato l’allora gup di Milano Clementina Forleo, nel 2005, con una delle sentenze più controverse degli ultimi vent’anni: per lei, Mohamed Daki, Alì Toumi Ben Sassi e Bouyahia Maher, accusati di terrorismo internazionale, andavano assolti perché da considerarsi “guerriglieri” e non “terroristi”.

http://blog.panorama.it/italia/2012/03/16/quei-terroristi-di-al-qaeda-che-la-polizia-arresta-ed-il-tribunale-libera/

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