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Figli ai gay, S. Sede contro Cassazione: i bambini non sono una merce

12 gen. – “L’adozione dei bambini da parte degli omosessuali porta il bambino a essere una sorta di merce”. Lo afferma il presidente del dicastero vaticano per la famiglia, arcivescovo Vincenzo Paglia. Non si puo’ considerare, spiega alla Radio Vaticana senza citare in alcun modo la sentenza della Cassazione, che “come ho diritto a questo, ho diritto anche a quell’altro”.

In realta’, sottolinea il capo dicastero del Vaticano, “il bambino deve nascere e crescere all’interno di quella che, da che mondo e’ mondo, e’ la via ordinaria, cioe’ con un padre e una madre. Il bambino deve crescere in questo contesto“.

E se puo’ accadere di nascere con un solo genitore, si tratta di “situazioni drammatiche”, che non fanno testo. “Inficiare questo principio – infatti – e’ pericolosissimo, per il bambino anzitutto, ma per l’intera societa’”. Per l’arcivescovo, annullando il valore della famiglia tradizionale e della funzione genitoriale paterna e materna preferendo parlare di genitore A e genitore B, “rischiamo solo il ridicolo, ma e’ amara la condizione di quello che sta accadendo”. “Anzitutto – ragiona – mi chiedo perche’ uno sia A e l’altro B, e non viceversa, se proprio si vuole obbedire al discorso dell’uguaglianza.

Ma, attenzione: negare la diversita’ porta a dire che alla fine uno e’ uguale solo a se’ stesso, anzi: non e’ neppure uguale al suo clone, perche’ c’e’ una differenza”. Nell’intervista, che prende spunto dall’opposizione dei vescovi francesi alle nozze gay (domani a Parigi si terra’ una manifestazione di questo segno), monsignor Paglia rileva la inadeguatezza etica della visione oggi diffusa per la quale davanti al desiderio del singolo “tutto diventa possibile”.

Se il metro e’ l’io e la soddisfazione di tutti i suoi desideri, e’ chiaro – ragiona il presule – che puo’ accadere di tutto: appunto, la distruzione della civilta’. E questo e’ il nodo nel quale noi oggi ci troviamo”. In merito, nell’intervista concessa a Radio Vaticana, il presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia propone “un solo esempio: che un padre e una figlia debbano volersi bene – osserva – e’ ovvio, e questo amore deve crescere. Ma non posso pretendere che questo amore diventi amore coniugale, perche’ altrimenti squilibriamo tutto e andremmo nella Babele delle parole che e’ la spiaggia del baratro per la stessa societa’”.

In effetti, elenca Paglia, “gli ultimi ‘no’ che ancora un po’ resistono sono quelli alla poligamia e all’incesto: ma resistono ancora per quanto? E li stiamo gia’ intaccando per una dittatura dell’io che certamente come prima conseguenza ha la distruzione della famiglia e poi della citta’, della societa’ e del concerto delle nazioni”. “Ecco perche’ – conclude il capo dicastero – la Chiesa, conoscendo la forza anche sociale e antropologica della famiglia, la difende in ogni modo: perche’ ama l’uomo, ama la donna, ama tutti, e non vuole che venga distrutta la culla dove nasce e si irrobustisce la stessa societa’”. (AGI) .

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