Pubblicato il 21/03/09 alle 15:15:24 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Il tradizionalismo non muore, scrive Introvigne, i wahhbiti, ricevono dalla natura un aiuto insperato, il petrolio, dell’Arabia Saudita La recente conferenza dell’Internazionale per la ricostruzione di Gaza sostenuta dall’Egitto di Hosni Mubarak, con la partecipazione di Sarkozy e del nostro Berlusconi, è stata aspramente criticata da diversi studiosi tra cui Daniel Pipes ed Efraim Inbar, direttore del Begin-Sadat (BESA). Lo storico americano si chiedeva se queste eminenti personalità credano veramente che la guerra a Gaza sia acqua passata e che il tempo per la ricostruzione sia prossimo.
Costoro evidentemente non sono stati costretti a leggere i dispacci provenienti dal sud d'Israele che riportano le cronache quotidiane di una guerra che in quei luoghi continua. In una protesta ufficiale indirizzata alle Nazioni Unite, l'ambasciatrice israeliana Gabriela Shalev ha rilevato che dalla tregua del 18 gennaio scorso «ci sono stati circa un centinaio di lanci di razzi e di attacchi a colpi di mortaio sferrati dalla Striscia di Gaza» ovvero oltre due al giorno. Ma il loro numero aumenta, con una dozzina di razzi lanciati contro Sderot, soltanto l'1 marzo. Mentre per Inbar la campagna in atto per la ricostruzione di Gaza, dove è al potere l’organizzazione radicale islamista di Hamas, è pura follia strategica. E’ inoltre molto improbabile che possa dare risultati efficaci. E, date le attuali circostanze, è anche immorale. E' semplicemente un’idiozia facilitare la continuità di un simile governo.
Forse era opportuno conoscere un po’ di storia sul movimento di Hamas e sulla guerra di Gaza, bisogna avere pazienza di documentarsi, leggere, conoscere, tra i tanti lo ha fatto Massimo Introvigne, direttore del Cesnur e della monumentale Enciclopedia delle religioni in Italia (Elledici, Leumann, Torino). Da decenni il professore Introvigne studia i fenomeni religiosi nel mondo, non poteva mancare di occuparsi del fondamentalismo islamico, di Hamas, tra l’altro è autore di un volumetto, Hamas, fondamentalismo islamico e terrorismo suicida in Palestina.Che cosa sostiene Introvigne, per capire Hamas occorre conoscere la sua storia, infatti si ha l’impressione che le anime belle europee, tipo Massimo D’Alema, stiano ancora a guardando una vecchia fotografia di Hamas.
Addirittura Introvigne parte dalla sconfitta delle armate ottomane sotto le mura di Vienna nel 1683, qui l’esercito turco, più forte, non poteva perdere e invece ha perso. Da questa sconfitta ne sono nate altre, poi la maggioranza dei musulmani si trova a vivere sotto dominio coloniale europeo. Poiché il profeta Maometto aveva prospettato ai credenti un futuro di sole vittorie, il problema che ne nasce non è solo politico: è teologico. Per riprendere il titolo di un’opera dello specialista Bernard Lewis, «what went wrong?», “che cosa è andato storto?”. (Massimo Introvigne, Il suicidio di Hamas, da manuale, 24 gennaio 2009 Il Domenicale)
Perché siamo stati sconfitti? Il mondo islamico dà due risposte: nella prima, l’islam è rimasto indietro rispetto all’Europa. La cura dunque è l’occidentalizzazione che va dalla tecnica militare all’amministrazione dello Stato. La seconda risposta, l’islam ha perso perché è troppo simile all’Europa. La fede si è corrotta e l’esercito perde. Tra le due prevale la prima: il piano politico con il formarsi dei regimi nazionalisti laici; mentre la seconda lettura, quella tradizionalista, prevale in periferia, diventando ideologia wahhbita, e liquidata dagli intellettuali del sultano come dottrina di beduini ignoranti.
Il tradizionalismo non muore, scrive Introvigne, i wahhbiti, ricevono dalla natura un aiuto insperato, il petrolio, dell’Arabia Saudita. Attraverso i Fratelli Musulmani, fondati in Egitto da Hasan al-Banna, il Tradizionalismo, diventa ideologia e quando sembra perdente nel 1979, avviene l’imprevisto, i fondamentalisti vanno al potere con la rivoluzione iraniana. L’Iran dimostra ai fondamentalisti – scrive Introvigne - che essi possono vincere, tanto più che molti regimi laico-nazionalisti, impopolari e corrotti, si sono legati all’Unione Sovietica. La caduta del comunismo fa venire peraltro meno tale sostegno e apre la strada al successo dei fondamentalisti in diversi Paesi, dall’Afghanistan al Sudan. L’Iran da un lato è una risorsa perché più o meno finanzia i movimenti fondamentalisti di tutto il mondo, ma è anche un problema perché l’Iran è un Paese sciita e il fondamentalismo, fin dalle origini è radicalmente antisciita.
Il fondamentalismo in Palestina nasce con Sa’id Ramadan, padre del controverso intellettuale musulmano Tariq Ramadan e genero di al-Banna, che lo manda a fondare in Palestina proprio i Fratelli Musulmani. L’organizzazione consegue un discreto successo nelle moschee, ma è minoritaria rispetto al movimento nazionalista di Yasser Arafat e sotto la guida di Ahmad Yasin, i fratelli musulmani decidono di ritirarsi dalla politica, dedicandosi alle istituzioni sociali, educative e religiose.
Nel 1987 decidono di tornare alla politica e prendono il nome di Hamas, acronimo dell’espressione araba che sta per “Movimento di resistenza islamica”. Il loro successo è dovuto per l’impegno che avevano profuso nelle attività caritative e sociali, ma anche per gli attentati suicidi. Hamas persegue, per statuto, la distruzione dello Stato d’Israele e la rioccupazione musulmana dell’attuale territorio ebraico. Gli ebrei che non lasceranno il Medio Oriente vivranno come dhimmi, cittadini di serie B. Se questa è la tesi,- scrive Introvigne - Hamas ha sempre coniugato – come diceva Yasin – la poesia dell’idealismo con la prosa del realismo. Senza rinunciare al principio, quindi, e neppure agli attentati suicidi, propone ripetute “tregue” trovando interlocutori per trattative sotterranee condotte con israeliani e statunitensi, in particolare dopo la liberazione nel 1999 di Yasin dal carcere israeliano dove si trovava rinchiuso.
Dopo l’11 settembre Hamas si scontra con al-Qa’ida che gli fa concorrenza in Medio Oriente, creando cellule fondamentaliste ancora più radicali. A sua volta Hamas si radicalizza sempre più e i suoi dirigenti sono costretti a rivolgersi al grande elemosiniere del fondamentalismo internazionale: l’Iran. Gli iraniani pagano, ma vogliono nuove offensive a colpi di missili contro Israele, il quale risponde uccidendo Yasin nel 2004. Inoltre, Teheran induce Hamas a rompere con la Giordania e con l’Egitto, anti-iraniani. Poi con il successo elettorale ottenuto nel 2006, dà ad Hamas il governo della Palestina, in coabitazione con l’esponente di Fatah Abu Mazen, che resta presidente. Ad Hamas viene offerta l’occasione di essere riconosciuta se rinuncerà al proposito di distruggere Israele e al terrorismo suicida. Hamas decide di seguire gl’iraniani, e ogni tregua s’interrompe per ordine di Teheran. Anzi, i cattivi maestri iraniani consigliano di porre fine alla coabitazione con Abu Mazen nel 2007 e Hamas s’impadronisce con le armi di Gaza (a Fatah rimane la Cisgiordania), di fatto sequestrandone gli abitanti.
È sempre l’Iran a consigliare alla fine del 2008 di riprendere i lanci missilistici contro Israele e a fornire gli strumenti tecnici che ne aumentano la gittata. Israele non può che reagire militarmente. Ma proprio questo vogliono gl’iraniani, che dal 2001 operano perché la trattativa sia impossibile(…) Consegnandosi agli iraniani i dirigenti di Hamas hanno insomma sottoscritto un patto con il Diavolo. Hanno ricevuto molto denaro (troppo: i grandi capi di Hamas, a Damasco, appaiono non meno corrotti dei laici di Fatah), ma politicamente hanno scelto la strada di un lento suicidio. È questo che le nostre anime belle si ostinano a non capire. (ibidem).