MA QUALE 'WE CAN'? UN MARE DI GUAI PER L'AMERICA E PER NOI
Pubblicato il 26/03/09 alle 12:35:18 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Hanno votato l'uomo che non cambia "le cose" ma il modo di chiamarle La rivoluzione linguistica di Obama: la “guerra al terrorismo” è terminata Una vera e propria rivoluzione nel modo di comunicare la guerra quella varata dall’Amministrazione di Barack Obama che ha rimosso tutti i “master messages” elaborati dopo l’11 settembre 2001 da George Bush. Dopo aver eliminato le definizioni di “islamista” e “islamico” in riferimento agli insorti in Iraq e Afghanistan e alle cellule terroristiche dei gruppi affiliati ad Al Qaeda, il presidente americano ha rimosso anche l’espressione “guerra al terrorismo” che aveva accompagnato tutte le operazioni militari americane in Iraq, Afghanistan e su altri fronti meno noti (Somalia, Filippine, Yemen) negli ultimi anni. L’ordine è partito dall‘Ufficio del Management e Budget (OMB) della Casa Bianca, guidato da un fedelissimo di Obama, Peter Orszag, che ha già utilizzato il nuovo termine “operazioni d’emergenza all’estero” per definire le guerre in Iraq e in Afghanistan. In una mail indirizzata ai vertici politici, del Dipartimento dell’Homeland Security e del Pentagono , il responsabile dell’Ufficio per la revisione della sicurezza dell’OMB, Dave Riedel, ha scritto che “questa amministrazione preferisce evitare l’uso di termini “lunga guerra” e ”guerra globale al terrorismo” da sostituire con “operazioni d’emergenza all’estero” (Overseas contingency operation).
Il primo a fare le spese delle nuove “norme di linguaggio” stabilite dallo staff di Obama è stato il generale dei marines John Bergman al quale è stato imposto di correggere le “vecchie” definizioni utilizzate nella sua relazione che stava per esporre al Congresso.
L’ipotesi di sostituire l’espressione “guerra globale al terrorismo” (l’acronimo GWOT utilizzato al Pentagono) era stata proposta anche durante la precedente amministrazione repubblicana ma George W. Bush si era sempre opposto. Obama punta invece a rimuovere ogni parola che sottintenda lo stato di guerra o la minaccia terroristica che anche oggi costituiscono problemi irrisolti per gli Stati Uniti. Da quando è entrato alla Casa Bianca Obama ha utilizzato solo una volta, e di sfuggita, il termine terrorismo parlando dell’Iran in una conferenza stampa.
Il nuovo linguaggio della sua Amministrazione sarà forse politically correct ma rischia di apparire inadeguato per un’America che continua a registrare la morte di decine di soldati ogni mese in Iraq e Afghanistan (da gennaio sono caduti complessivamente 80 militari) e a tratti ridicolo come dimostra la definizione adottata dalla direttrice dell’Homeland Security, Janet Napolitano, che ha soppresso l’uso del termine “terrorismo” sostituito con “disastri causati dall’uomo” (man-caused disasters).
Il tentativo di Obama di mettere la sordina alla guerra per puntare anche mediaticamente sull’emergenza economica e le problematiche interne non renderà gli Usa più sicuri contro la minaccia di altri attentati. Al tempo stesso esiste il rischio che queste nuove norme di linguaggio a basso profilo così come l’ostentata disponibilità di Obama a negoziare con talebani e Iran e l’annuncio di una exit strategy dall’Afghanistan convincano i gruppi jihadisti che l’America è debole e non più in grado di sostenere la lotta. Una percezione che potrebbe avere effetti devastanti per Washington e i suoi alleati su tutti i fronti di quella che al Pentagono fino a ieri chiamavano guerra globale al terrorismo.