Pubblicato il 06/11/09 alle 21:44:05 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Nemmeno alle Poste (78%) e alle Ferrovie (76%) c'è un simile tasso di sindacalizzazione. Il loro sindacato (Anm) è l'azionista di maggioranza del Csm Silvio Berlusconi non lo sa, ma nel gruppo Espresso c'è un giornalista che, sia detto senza malizia, lavora per lui meglio di tanti supporter strapagati dal Cavaliere. Questo giornalista si chiama Stefano Livadiotti, scrive bene, non è uno dei tanti giustizialisti in circolazione e, piccolo dettaglio, non risulta che conosca Berlusconi né che l'abbia mai incontrato o intervistato. Eppure il suo saggio sui privilegi dei giudici (Magistrati -L'ultracasta, Bompiani), è molto più efficace di quanto i berluscones (avvocati, editorialisti, conduttori tv) siano riusciti a scrivere e a dire in tv per 15 anni sulle toghe politicizzate. Già il fatto che il libro di Livadiotti, praticamente senza traino pubblicitario, sia giunto alla sesta edizione, conferma che la malagiustizia interessa sempre di più agli italiani, anche a quelli che non hanno mai messo piede in un tribunale, ma si rendono conto che lo scontro in atto tra politica e magistratura impone di capire perché la giustizia non funziona (tra penale e civile, in Italia ci sono 9 milioni di cause arretrate per 9 mila giudici in servizio) e come se ne possa venire a capo.
Il primo nodo da sciogliere, suggerisce Livadiotti ed è la pura verità, riguarda il Csm (Consiglio superiore della magistratura). Oggi la governance della giustizia è, infatti, un affare privato della magistratura organizzata, che attraverso i propri sindacati controlla il Csm e, per questa via, decide tutto: le promozioni e le carriere dei magistrati, le assegnazioni alle sedi di lavoro, i procedimenti disciplinari, le autorizzazioni agli incarichi extragiudiziari, le concessioni dei congedi.
In passato, con i governi di centrosinistra, i magistrati prestati dal Csm al ministero della Giustizia provvedevano anche a scrivere le leggi che concernono il funzionamento dell'apparato giudiziario. Non solo. Il Csm si è arrogato anche un ruolo (improprio e abusivo) di terza Camera, non perde occasione per sindacare sull'operato del governo, critica le leggi sgradite alle toghe e guida di fatto l'opposizione al governo in chiave giudiziaria.
Tutto ciò non ha alcuna giustificazione sul piano costituzionale. La tesi delle toghe politicizzate, per cui il Csm sarebbe organo di autogoverno della magistratura, pertanto intoccabile, è una frottola bella e buona, smentita da una sentenza della Corte costituzionale, in cui si riconosce sì al Csm il ruolo di organo di governo «autonomo» della magistratura, ma ciò - ha sentenziato la Consulta - non significa affatto «autogoverno», in quanto «non può affermarsi che il Csm rappresenti, in senso tecnico, l'ordine giudiziario, di guisa che attraverso di esso se ne realizzi immediatamente il cosiddetto autogoverno».
Eppure questa sentenza (n. 142 del 1973) è stata ed è tuttora sistematicamente ignorata dal Csm. Non solo. Facendo leva sulla frottola dell'autogoverno, la magistratura politicizzata ha costruito nel Csm una sorta di legittimazione del proprio potere in chiave di appartenenza politico-sindacale. Due anomalie, ormai patologiche, che una riforma della giustizia degna di tale nome non può più ignorare.
Oggi nel Csm siedono 24 consiglieri: 16 eletti direttamente dalle toghe e otto laici di nomina parlamentare. I consiglieri togati sono dunque in maggioranza (due terzi), e fanno il bello e il brutto tempo. Ma come vengono scelti? Attenzione: qui entra in funzione un intreccio perverso tra sindacato e Csm, che non ha eguali al mondo. I magistrati italiani hanno infatti un sindacato unico, l'Anm (Associazione nazionale magistrati), che detiene il record mondiale per tasso di sindacalizzazione: su 9.116 tra giudici e pubblici ministeri in attività, quelli iscritti all' Anm sono 8.522. Il 93 per cento. Alle Poste, giusto per fare un confronto bulgaro, il tasso di sindacalizzazione è del 79 per cento e alle Ferrovie si arriva al 76.
Come si spiega il 93 per cento di magistrati sindacalizzati? Semplice. L' Anm è l' azionista di maggioranza del Csm e poiché il Csm è l' organismo che decide tutto nella carriera dei magistrati, dalle promozioni alle sedi di lavoro, va da sé che il suo potere di attrarre consensi non ha eguali.
In apparenza, questi consensi sono espressi in modo democratico, perché all'interno dell'Anm vi sono diverse correnti organizzate: c,è Unicost (che ha sei membri nel Csm), c'è Md-Magistratura democratica (4 toghe rosse nel Csm), c'è Mi-Magistratura indipendente (tre seggi) e c'è il Movimento per la giustizia (tre seggi). Una divisione che è soltanto apparente, perché sui privilegi di potere e sulla loro distribuzione non c'è mai alcun dissenso. Non solo. Nel Csm è impossibile trovare un consigliere che sia un cane sciolto. E non da ora: il saggio di Livadiotti rivela che in 30 anni solo due volte (su 164 nomine) è stato eletto al Csm un magistrato non iscritto al sindacato. Ecco perché tutti gli incarichi decisi dal Csm sono lottizzati in modo scientifico, da quelli più modesti, come un l'inserimento in un comitato scientifico, fino a quelli più importanti, come la promozione a un incarico elevato o l'assegnazione a una sede di prestigio.
Non si scappa: chi aspira a guidare una procura importante, o anche solo a farne parte, non può prescindere dall' iscrizione al sindacato. Lo riconosce perfino il dottor Felice Lima, un magistrato di Catania, che in un saggio afferma: «L'Anm dà luogo a un legame perverso con gli elettori-clientes. Un legame fondato sul fatto che le correnti chiedono ai magistrati voti e offrono in cambio favori da parte dei loro consiglieri al Csm».
L'accusa è davvero forte e, ovviamente, l'attribuiamo a chi l'ha formulata: il Csm, che in teoria è l'istituzione più alta della magistratura, in pratica sarebbe il frutto di un voto di scambio «interessato» tra magistrati di base e consiglieri togati, come nelle peggiori politiche clientelari. Accusa eccessiva? Dipende dai punti di vista. Ma questo, senza dubbio, è il primo «nodo» che il governo Berlusconi deve affrontare se vuole davvero porre fine allo strapotere del Csm. Tra le ipotesi di riforma sul tavolo, il sorteggio dei candidati al Csm, proprio perché sottrarrebbe le nomine all'influenza esclusiva dei sindacati delle toghe politicizzate, che sono una minoranza agguerrita, ma pur sempre una minoranza, potrebbe essere la strada giusta ed efficace per ripristinare in Italia un rapporto tra politica e giustizia sereno, di una normalità che potremmo dire europea. Un primo passo positivo. Ovviamente, perché la giustizia diventi un servizio più efficiente, serve anche altro. Ne riparleremo.