Pubblicato il 17/12/09 alle 14:19:52 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Che importanza riveste il recente referendum svizzero indetto per proibire la costruzione dei minareti (guglie annesse alle moschee dalle quali viene diffuso il richiamo alla preghiera)? Qualcuno potrebbe considerare pressoché irrilevante quella decisione – ratificata dal 57,5 per cento dei "sì" contro il 42,5 per cento dei "no" – che ha approvato un emendamento costituzionale. Probabilmente il divieto non diverrà mai esecutivo, poiché l'establishment politico si oppone all'emendamento. Solo il 53,4 per cento dell'elettorato ha votato, pertanto un mero 31 per cento dell'intera popolazione approva il divieto. Quest'ultimo non si occupa delle aspirazioni islamiste, e men che meno di terrorismo musulmano. Non ha alcun impatto sulla pratica dell'Islam. Non impedisce la costruzione di nuove moschee né esige la demolizione dei quattro minareti esistenti nel Paese.
È anche possibile considerare il voto come il bizzarro risultato della singolare democrazia diretta della Svizzera, una tradizione che risale al 1291 e non esiste altrove in Europa. Joseph Joffe, l'insigne analista tedesco, ravvisa nel voto una violenta reazione populista contro una serie di umiliazioni che gli svizzeri hanno subito nel corso degli ultimi anni, culminanti nel sequestro di due uomini d'affari in Libia e nelle mortificanti scuse del Presidente elvetico per ottenere il loro rilascio.
Io però credo che il referendum abbia delle conseguenze che vanno ben oltre i confini svizzeri.
Innanzitutto, esso solleva delle delicate questioni di reciprocità nei rapporti tra cristiani e musulmani. Ecco alcuni esempi. Quando Nostra Signora del Rosario, la prima chiesa cristiana aperta nel 2008 in Qatar, fece a meno di croci, campane, cupola, campanile o di insegna, Padre Tom Veneracion, il parroco della chiesa, spiegò in tal modo la loro assenza: "L'idea è stata quella di essere discreti perché non vogliamo urtare la sensibilità di chiunque". E quando i cristiani di una città dell'Alto Egitto, Nazlet al-Badraman, dopo quattro anni di "laboriosi negoziati, di suppliche e di feroci lotte con le autorità" sono riusciti finalmente ad ottenere nell'ottobre scorso il permesso di restaurare una vacillante torre della Mar-Girgis Church, una folla di circa duecento musulmani ha attaccato i fedeli cristiani, lanciando pietre e inneggiando slogan islamici e faziosi. La situazione dei copti è talmente pessima che essi sono tornati a costruire delle chiese segrete.
Perché mai, come la Chiesa Cattolica e altri si domandano, i cristiani dovrebbero subire tali oltraggi, mentre i musulmani godono di pieni diritti nei Paesi storicamente cristiani? Il voto elvetico incarna questo nuovo spirito. Naturalmente, gli islamisti non accettano questa premessa di eguaglianza; il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, ha messo in guardia la sua controparte elvetica da indeterminate "conseguenze" di ciò che egli ha definito atti anti-islamici, minacciando implicitamente di fare del divieto dei minareti una questione internazionale paragonabile al pandemonio scatenatosi in seguito alla pubblicazione delle vignette satiriche danesi del 2006.
In secondo luogo, l'Europa si trova a un crocevia riguardo alla popolazione musulmana. Delle tre principali prospettive future – tutti vanno d'amore e d'accordo, i musulmani assumono una posizione dominante oppure vengono rifiutati – il primo scenario è assai improbabile, ma il secondo e il terzo sembrano ambedue possibili. In questo contesto, l'esito referendario elvetico rappresenta una legittimazione potenzialmente importante delle opinioni anti-islamiche. Il voto ha suscitato dei consensi da un capo all'altro dell'Europa, come evidenziato dai sondaggi d'opinione online promossi dai principali media e dalle dichiarazioni rilasciate da figure di spicco. Qui di seguito un piccolo assaggio:
Francia. 49.000 lettori di Le Figaro, con un margine del 73-27 per cento, voterebbero per vietare la costruzione di nuovi minareti nel loro Paese. 24.000 lettori de L'Express si sono detti favorevoli al divieto, con un margine dell'86-12 per cento, e con un 2 per cento di indecisi. Ivan Rioufol, un editorialista di spicco de Le Figaro, ha scritto un articolo titolandolo "Ossequi alla resistenza del popolo svizzero". Sono state riportate così le parole pronunciate dal presidente Nicolas Sarkozy: "La gente, in Svizzera come in Francia, non vuole che il loro Paese cambi, che venga snaturato. Vogliono conservare la loro identità".
Germania. 29.000 lettori hanno votato sul sito di Der Spiegel, con un 76 per cento di "sì", un 21 per cento di "no" ed un 2 per cento di indecisi, per vietare la costruzione di minareti in Germania. 17.000 lettori di Die Welt hanno votato con un margine dell'82-16 per cento a favore di "Sì, mi sento ostacolato dai minareti", contro "No, la libertà di culto è limitata" .
Spagna. 14.000 lettori di Venti Minutos hanno espresso la loro preferenza, con un margine del 96-6 per cento, a favore dell'asserzione: "Bene, dobbiamo tenere a freno la crescente presenza dell'islamizzazione" e contro: "Male, è un ostacolo all'integrazione degli immigrati". 35.000 lettori di El Mundo hanno risposto, con un margine dell'80-20 per cento, che sono favorevoli a un divieto per la costruzione di minareti simile a quello elvetico
Benché non sia scientifica, l'asimmetria di questi (e altri) sondaggi, visto che le maggioranze che approvano il referendum svizzero oscillano dal 73 al 93 per cento, sta a indicare che l'elettorato elvetico incarna i crescenti sentimenti anti-islamici in Europa. Il nuovo emendamento convalida altresì e incoraggia in fieri la resistenza all'islamizzazione in tutto il continente.
Per questi motivi il voto elvetico rappresenta una possibile svolta decisiva per l'Islam europeo.