La gente scende in piazza e urla 'Siamo stati traditi dallo Stato'
Pubblicato il 09/01/10 alle 12:41:45 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
La protesta: a noi bastonate, gli immigrati liberi di distruggere tutto. L’ombra della ’ndrangheta ROSARNO (Reggio Calabria) — All’ora di pranzo davanti al Municipio arrivano le mamme. Alcune tengono i bambini per mano, si piazzano sotto le finestre e cominciano a gridare: «Vergogna! Bastardi!». Perché, che è successo? «Hanno portato da mangiare ai neri!». Cioè hanno fornito un pasto agli extracomunitari nella ex fabbrica dove sono rinchiusi. Forse è vero, forse no, come tutto quello che in queste ore corre di bocca in bocca fra i cittadini di Rosarno.
Ma basta per un nuovo scoppio d’ira popolare. «Noi abbiamo pagato 50 euro per la mensa della scuola, bastardi!», e giù altre urla. Non più contro i «neri», ma contro lo Stato che gli dà da mangiare. Se questo è razzismo, il razzismo è qui. Se è solo esasperazione, è qui ed è tanta. Se c’è una fetta di mafia — che da queste parti si chiama ’ndrangheta—a fomentare la protesta, forse è arrivata fin qui, a lanciare anatemi contro il commissario straordinario arrivato a Rosarno poco più di un anno fa, dopo lo scioglimento del consiglio comunale per sospette infiltrazioni mafiose. Di certo, quello che sta accadendo dopo la scintilla che ha scatenato la risposta violenta dei clandestini e adesso la reazione ugualmente violenta della popolazione locale, è la degenerazione di una situazione già degenerata, avviata non si sa bene come e da chi, ma che sembra andare oltre i 1.500 o 2.000 «neri che se ne devono andare», come ripetete ogni rosarnese sceso in strada o affacciato da finestre e balconi, dal più quieto al più esagitato.
A ventiquattr’ore di distanza dai primi disordini, nessuno è ancora in grado di dire con esattezza come e perché è scoccata la scintilla. Ci sono due o forse più africani che raccontano di essere stati feriti da proiettili arrivati da un’auto in corsa. Piombini sparati da un fucile ad aria compressa, pare. Quell’episodio ha provocato la protesta «anti-razzista» dei clandestini che lavorano come stagionali nella raccolta degli agrumi, sfociata in distruzioni senza senso e senza limiti.
Da lì la reazione dei «bianchi» contro i «neri», con le nuove violenze di chi si lancia nella caccia al «marocchino» da rispedire a casa, trova l’ostacolo delle forze dell’ordine e le aggredisce: «A noi ci prendete a bastonate e a quelli li lasciate liberi di distruggere macchine e case! Fate schifo!».
Non più i «neri», ma poliziotti e carabinieri, cioè i rappresentanti dello Stato che tentano di dialogare, con sempre maggiori difficoltà. «Vi avverto, state commettendo reati gravi», cerca di spiegare a metà mattinata un funzionario di polizia ai ragazzi che rovesciano i cassonetti in mezzo alla strada per bloccare il passaggio delle auto. Quelli rispondono a urla, andandogli sotto col viso arrossato e le vene del collo gonfie: «Arrestateci, e poi ci pagate l’avvocato col gratuito patrocinio!».
Il funzionario scuote la testa. Anche quelli apparentemente più ragionevoli gli si scagliano contro: «Invece di difendervi da noi, dovreste difenderci da quei bastardi». Il poliziotto prova a dire che lui cerca solo di far rispettare la legge, ed eccone un altro che lo accusa: «La legge dice che questi sono clandestini e se ne devono andare, se non li cacciate voi fatevi da parte, che ci pensiamo noi!».
Naturalmente i rosarnesi protagonisti di questi dialoghi calabresi di inizio 2010 raccontano la scintilla in tutt’altro modo. Nessuna spedizione punitiva, nessuna bravata xenofoba: «Uno di questi neri ha fatto i suoi bisogni davanti a una casa, il proprietario s’è scocciato e gli ha sparato coi pallini!». Molti giustificano gli spari, e anche chi non se la sente dice che bisogna comprendere: «Qualche pazzo c’è, ma la situazione ormai è insopportabile! ». [...]
«Ma che mafia e mafia, noi siamo gente onesta e siamo stanchi», ribattono in strada, e raccontano di gente «nera» ubriaca che dà fastidio ai passanti, di boss arrivati da chissà quale angolo d’Africa (ma sono sempre tutti «marocchini ») a spacciare droga e gestire prostituzione. Ai piani alti del palazzo comunale, dirigenti in giacca e cravatta riflettono sul possibile diversivo creato dalla ’ndrangheta rispetto alla bomba esplosa meno di una settimana fa a Reggio Calabria, e alla parata di ministri e divise con cui lo Stato ha risposto a tamburo battente. «È solo una coincidenza?», si chiede il commissario prefettizio Domenico Bagnato, lasciando la domanda in sospeso. [...]