La tesi dell’autore di ''Rossi-Neri-Verdi: l’alleanza estremista''
Pubblicato il 27/01/10 alle 23:13:24 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Basta con i sensi di colpa: l’Europa deve reagire ai “ghetti” In queste ultime settimane si è molto parlato del burqa in tutta Europa e specialmente in Francia, dove Jean François Coppé - il presidente del gruppo Ump all'Assemblea nazionale, la formazione neo-gollista guidata da Sarkozy - ha proposto all’Assemblea un disegno di legge che proibisce il burqa negli spazi pubblici. Questa proposta è stata oggetto di un’importante polemica all’interno della classe politica francese: tra destra e sinistra, ovviamente, ma anche all’interno dello stesso UMP.
La decisione presa dal Presidente francese è stata quella di proporre in un primo tempo una risoluzione contro il burqa seguita, in caso, da una legge per vietarlo nei luoghi pubblici. La proposta Coppé non è una novità. È infatti il semplice seguito di una legge del 2004 (adottata sotto Chirac) che vieta il velo islamico nelle scuole pubbliche. Questa prima legge non vieta il velo islamico come tale, ma si oppone «a tutti i simboli religiosi ostentati nei luoghi pubblici». Dietro questa ipocrisia, però, tutti sanno che per “simboli religiosi ostentati” si intendono quelli islamici. È ovvio che il velo è l’unico problema e che le giovane ragazze marocchine e turche sono le uniche integraliste che si sarebbero opposte - a volte in maniera violenta - alla legge. Questo primo testo ha avuto un significativo successo.
La reazione islamica: strategia dell'escalation e della colpevolizzazione
Per reagire a questa sconfitta, le organizzazioni islamiche integraliste hanno applicato una nuova strategia, che consiste nel chiedere sempre di più e nel provocare nuovi scandali per banalizzare le richieste precedenti. Si tratta della strategia dell’escalation. Fino ad un paio d’anni fa, infatti, il dibattito riguardava essenzialmente il velo islamico, a mio giudizio definibile come un ”abito politicoreligioso”, una sorta di muro simbolico in grado di separare donne musulmane e maschi musulmani e non, che copre tutto il corpo, le orecchie, i capelli e il collo. Oggi invece, la battaglia è stata indirizzata su un abito politico-religioso ancor meno accettabile del velo islamico: il burqa, che copre anche il viso della donna, considerata un essere diabolico capace di rappresentare, in ogni centimetro della sua carne, una “tentazione” per i maschi musulmani integralisti. Questi ultimi sono talmente ”fragili” che nei Paesi islamici hanno lanciato una moda: tirare l’acido sul viso delle donne che li “provocano” e li fanno cadere nel peccato semplicemente mostrando un occhio, una bocca, un orecchio o una guancia.
La creazione di un "ghetto volontario"
Non si può quindi negare, sia in Francia che altrove, l’escalation ideologica dell’islamicamente corretto. E qui bisogna ricordare che le organizzazioni totalitarie islamiche europee hanno come scopo principale la creazione di un “ghetto volontario” in grado di impedire qualsiasi forma di integrazione degli immigrati musulmani. Con tale visione, sono riuscite a fare spostare l’epicentro del dibattito dal velo islamico (ormai banalizzato) al burqa. La stessa cosa vale per le moschee: mentre qualche anno fa si discuteva sull’opportunità di costruirle, oggi, si discute sul fatto di impedire o meno i minareti, perchè la questione delle moschee (pur essendo controllate da una maggioranza di organizzazioni integraliste contrarie ai valori europei) è ormai un fatto totalmente accettato.
Questa strategia dell’escalation appartiene a un’altra strategia più ampia: quella della conquista islamica dell’Europa. Di fatto agisce (strumentalizzandolo) sul senso di colpa degli europei a cui si vuole far credere che le leggi contro il velo, il burqa e i minareti, sarebbero nient’altro che le prove di un “razzismo anti-islamico”e di una “islamofobia”europea. Nel far questo hanno ottenuto dai governanti Ue - desiderosi di dimostrare che non sono “islamofobi” - un consistente abbassamento del livello delle loro esigenze di fronte alle richieste sempre più esigenti delle organizzazioni islamiche principalmente controllate dai Fratelli musulmani e dai salafiti in generale.
La strategia della banalizzazione del velo islamico in funzione relativista ha avuto grande successo in molti Paesi islamici e negli ultimi 15 anni anche in Turchia: prima, il velo islamico era mal visto dai turchi laici o kemalisti e si vedeva esclusivamente nelle campagne (la stessa cosa valeva per l’Egitto, l’Iran e il Maghreb, dove si indosava soltanto un classico copri capo, alla stregua della Corsica e della Spagna). Poi, gli islamici radicali hanno fatto credere che il velo islamico fosse obbligatorio e che le donne islamiche dovevano indossarlo nei Paesi musulmani e rivendicarlo nei Paesi europei o laici, in nome del “diritto alla differenza” e dei diritti dell’Uomo. In caso di rifiuto, queste donne erano accusate di essere delle “cattive musulmane”, infedeli e traditrici, se non complici dei “perversi crociati” occidentali.
Consapevoli come siamo del fatto che la reislamizzazione radicale dei giovani è stata competata nei Paesi musulmani con una strategia dell’escalation basata su provocazioni, scandali mediatici, colpevolizzazione e l’accusa permanente di essere “islamofobi”, (termine coniato dall’Ayatollah Khomeini nel 1987), l’Europa non deve lasciarsi colpevolizzare dagli islamici che fingono di essere ”perseguitati” dai cristiani e dagli ebrei in Occidente e che non provano alcun senso di colpa nel perseguitare ebrei, cristiani e altre minoranze nei loro Paesi.