Pubblicato il 19/02/10 alle 00:51:39 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Ha accumulato un disavanzo plurimiliardario la cui sostenibilità fiscale è ormai critica: il suo debito sanitario è pari al 60% di quello nazionale La recente crisi del debito pubblico greco ha acceso i riflettori sulla tenuta dell'euro e del suo patto di stabilità. Disavanzi significativi oggi non sono più bancabili nei mercati finanziari preoccupati dai rischi di default degli emittenti pubblici e sempre meno sensibili alla copertura implicita offerta dalla moneta unica. Così l'effetto domino legato alla sostenibilità dei debiti pubblici si è abbattuto sui nuovi Pigs, Portogallo, Irlanda (entrata in campo nel 2009 in sostituzione dell'Italia), Grecia e Spagna, mentre l'Italia si è risvegliata in purgatorio. Tengono le sue entrate fiscali, hanno ricominciato a partire le esportazioni, i suoi grandi gruppi come Fiat, Eni ed Enel, nell'ultimo biennio di crisi, hanno guadagnato quote di mercato internazionale, la domanda di titoli di stato resta sostenuta e per di più si avvantaggerà dei capitali non più disponibili a sottoscrivere obbligazioni emesse dai Pigs a parità di tassi, la disoccupazione è soltanto leggermente cresciuta attestandosi al 10%, le banche domestiche sono meno esposte delle concorrenti europee agli effetti write-off globali, gode di una insolita stabilità politica. Insomma l'Italia, anche se non ne ha ancora preso appieno conoscenza, è uno dei principali mattatori della peggiore recessione del dopoguerra. E adesso la sua classe dirigente deve volare alto per cogliere al meglio l'opportunità: diventare il paese di riferimento dell'eurozona mediterranea ed un player geopolitico vero per chiunque sia interessato a fare business in questa parte del pianeta.
Ma non tutto funziona bene nel Belpaese. La regione della sua capitale è una piccola Grecia. Ha accumulato un debito plurimiliardario la cui sostenibilità fiscale inizia a farsi critica.
Il Lazio, da solo, vale circa il 60% del debito sanitario nazionale e, nonostante aumenti di imposta e incrementi dei ticket, nel 2009 dovrebbe chiudere con un disavanzo di 1,7 miliardi. Si aggiungono ai 10 miliardi di debito già accertati a fine 2005 dalla Corte dei conti ed ai disavanzi successivi: buco di 2,2 miliardi nel 2006, di 2,1 miliardi nel 2007 e 1,85 miliardi nel 2008. In pratica, al netto delle maggiori entrate, stimate soltanto nel 2009 pari a 930 milioni di euro cioè un salasso sulle imprese territoriali, il disavanzo annuale del Lazio è in linea con quanto accadeva nel 2005. Il piano di rientro non ha prodotto alcun serio risparmio, solo tanta spesa per consulenza aggiuntiva. E qui entrano in gioco la recessione e il credit crunch. Se il Pil del Lazio scenderà nel 2009 del 5%, come taluni prevedono, significherà un calo della produzione di valore aggiunto di circa 8 miliardi. Tradotto in minori entrate implica un minor gettito Irap per 400 milioni. Una voragine.
Con un rating S&P BBB già da junk bond, la finanziabilità dell'extra deficit sanitario da parte del Lazio diventa effettivamente a rischio.
Insomma il Lazio è una piccola Grecia o un Portogallo, regge perché la gestione del debito italiano, da parte del Ministero dell'Economia, è stata efficace. Ma i problemi del debito sanitario del Lazio restano immutati pur trascorrendo gli anni e cambiando i colori delle giunte.
L'ultimo presidente era stato nominato anche commissario governativo dal governo Prodi, aveva tutti i poteri per incidere sul problema ma i numeri a consuntivo, più dei festini a base di transessuali e polvere bianca cui dedicava gran parte del suo tempo istituzionale, dimostrano che non ha saputo combinare nulla.
Le due candidate hanno ora la possibilità di fare un bagno di realismo proponendo soluzioni effettivamente in grado di riportare il Lazio in pareggio di bilancio e di ridurre la pressione fiscale. Se non lo faranno la competitività laziale sarà gravemente penalizzata e il governo nazionale dovrà farsi carico di intervenire senza perdere ulteriore tempo perché l'effetto Grecia ha già cambiato lo scenario dell'eurozona.