Pubblicato il 06/04/10 alle 12:16:13 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Da sei anni c’è un killer libero e un innocente in galera NAPOLI (5 aprile) - In cella da sei anni a scontare una condanna per un omicidio mai commesso. Inchiodato in carcere, alle prese con una pena definitiva per un delitto consumato da qualcun altro. Accade a Napoli, accade in terra di camorra, terra di faida: dove c’è un killer libero e un innocente in galera. Può succedere così che si imbastisca un’inchiesta, che spuntino due pentiti e un testimone oculare che indicano la persona sbagliata: che viene arrestata, processata e condannata in via definitiva a 22 anni di reclusione.
Una condanna sbagliata, a giudicare dalla richiesta di revisione processuale firmata dalla Procura di Napoli e indirizzata alla Corte d’appello di Roma. Un atto con cui la Procura fa marcia indietro, ammettendo l’errore giudiziario. Istanza all’insegna del fate presto, che punta a rimediare al peggiore errore giudiziario che possa accadere in terra di faida: un’istanza di revisione processuale che punta a rimettere in libertà un innocente arrestato e condannato al posto di un killer vero, da sei anni libero e impunito.
È il caso di Giovanni De Luise, che prima di finire in manette - dicembre 2004 - era incensurato e faceva lo spedizioniere. In poche ore la sua vita cambia in modo drammatico: prima gli ammazzano il fratello, Antonio De Luise (finito nel mirino degli scissionisti); poi viene arrestato come killer di Massimo Marino, a sua volta cugino di Gennaro Marino (ras degli scissionisti). Scenario investigativo chiaro, nell’ottica degli inquirenti: l’omicidio Marino è la risposta dei Di Lauro a quello di Antonio De Luise.
Ma non è tutto: la svolta, in quel dicembre 2004, arriva subito, grazie a un sms inviato da Cinzia Marino, sorella di Massimo Marino, poche ore dopo la morte del congiunto. La donna è in obitorio a piangere il fratello ucciso, quando si materializza la sagoma di Giovanni De Luise. Lei lo riconosce e spedisce un sms a un’amica: «C’è il killer di mio fratello, l’ho visto poche ore fa, arma in pugno, uccidere mio fratello». Versione confermata in aula, al termine di un interrogatorio teso, drammatico. Cinzia Marino (poi diventata teste protetta) fissa De Luise e lo inchioda con sguardo e parole: «È lui, l’ho visto affacciarsi dal muro di cinta, ha ammazzato mio fratello».
Al racconto della sorella della vittima, si aggiunsero poi le dichiarazioni di due pentiti della prima ora della faida di Scampia - Domenico Rocco e Pietro Esposito: entrambi confermarono scenario e movente, raccontando di un feroce botta e risposta tra dilauriani e scissionisti. Caso chiuso, insomma, la sentenza diventa definitiva.
Ma la storia dell’ex spedizioniere si riapre pochi mesi fa, quando spuntano altri due collaboratori di giustizia - gente del calibro di Antonio Prestieri e Antonio Pica - che raccontano la «vera» verità dell’omicidio di Massimo Marino: «Quell’uomo è innocente, Giovanni De Luise non uccise Massimo Marino. Quel delitto fu consumato da omissis». Indagini in corso. Parole che bastano a spingere gli inquirenti a chiedere la revisione del processo, all’insegna della massima onestà intellettuale. [...]