Pubblicato il 01/07/08 alle 10:30:50 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Così i passanti facevano l'elemosina
Denuncia choc al 113.: nomade arrestata dai carabinieri. La donna è accusata di aver fatto piangere il bambino, davanti al supermercato per impietosire i clienti.
AREZZO Proprio non si puo’. Non si può vedere un bambino picchiato all’unico scopo di farlo piangere per impietosire la gente. Eppure questo è successo nei pressi del supermercato Pam di via Calò, in zona Cappuccini. Episodio che non ha avuto drammatiche conseguenze ma che lascia in bocca il sapore acido del disgusto e che avrà come conseguenza diretta un processo in tribunale contro una giovane nomade appartenente alla comunità Rom di Perugia. L’accusa ipotizzata nei suoi confronti è di maltrattamenti in famiglia.
E’ una cittadina coscienziosa, una signora che era andata a fare la spesa, a telefonare scandalizzata al 113 appena ritornata a casa. Lungo il tragitto ha pensato e ripensato a quella scena che le era apparsa davanti agli occhi, decidendo infine di non poter volgere lo sguardo altrove. Così, indignata, si libera del fardello. E dice tutto senza tralasciare il minimo particolare. L’operatore sobbalza perché il racconto non può passare inosservato. "C’è una nomade - racconta la donna - che sta picchiando un bambino piccolo per farlo piangere. Così le persone si commuovono e lasciano un’elemosina più ricca". Aggiunge la signora che non è la prima volta che le capita di assistere a una scena del genere. "Non l’avevo denunciata prima perché non ero sicura che ci fossero percosse. Ma stavolta sì".
I carabinieri non perdono tempo e una pattuglia si fionda in via Calò, giusto in tempo per fermare la nomade con accanto il figlioletto in lacrime. Cominciano gli accertamenti. Il bimbo, secondo un primo esame, presenterebbe segni nel corpo che possono far pensare agli effetti di percosse. Sarà però il tribunale dei minori di Firenze, attraverso una perizia, a valutare esattamente la situazione. Nel frattempo il bambino, che ha appena cinque anni di età, è stato tolto alla potestà della madre e affidato a una struttura protetta che opera in provincia di Arezzo.
Nei confronti della nomade è scattato l’arresto, convalidato proprio ieri mattina dal giudice monocratico Gianni Fruganti, davanti al quale la donna era comparsa per il processo per direttissima. L’udienza è stata aggiornata al 17 aprile prossimo. Nel frattempo il giudice ha disposto di rimettere subito in libertà la nomade non sussistendo più il rischio di reiterazione del reato, visto che il bambino è stato già affidato ad altri. Di fatto, dunque, non esistono più le esigenze cautelari.
Alla donna, difesa dalla dottoressa Federica Valeriani e dall’avvocato perugino Dionigi, è stato contestato il reato di maltrattamenti in famiglia. Lei, che risulta appunto domiciliata a Perugia nell’ambito di una comunità Rom piuttosto consistente, ha trent’anni. Ora dovrà presentarsi davanti al giudice per giustificare il suo comportamento.