Gran Bretagna, preoccupa il fenomeno delle conversioni in carcere
Pubblicato il 21/07/10 alle 15:11:51 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Circa il 30% dei detenuti musulmani estremizza la propria fede religiosa durante la permanenza in un istituto di pena ll fenomeno della conversione in carcere sta assumendo in Gran Bretagna proporzioni decisamente preoccupanti. Circa il 30% dei detenuti musulmani estremizza la propria fede religiosa durante la permanenza in un istituto di pena E' quanto si evince da uno studio del Muslim Prisoner's Experiences, condotto sulla base di circa 90 indagini ispettive che dimostra come l'islam riesca a diffondersi a macchia d'olio nelle carceri britanniche.
Infatti, negli ultimi anni il numero dei detenuti musulmani è sensibilmente lievitato passando dai 2.500 del 1994 (pari al 5% della popolazione carceraria), agli attuali 10.300. Di particolare interesse è l'analisi sulle cause che determinano tale comportamento da parte della popolazione carceraria musulmana.
In primis vi è una ragione sostanzialmente sociologica in quanto, spesso, la dimensione religiosa appare come l'unica possibilità capace di garantire un significato alla propria condizione, specialmente nei casi in cui alla restrizione personale si aggiunge quella di straniero che nella maggior parte dei casi significa appartenere ad una minoranza. La religione, in sostanza, si presenta al musulmano come concreta possibilità di procedere verso una rinnovata autostima, stimolando il bisogno di appartenenza.
Una seconda ragione, più prosaica ma non meno importante nel contesto carcerario, è quella dell'alimentazione. A tutti i detenuti islamici, infatti, è offerto il cibo halal, secondo le prescrizioni coraniche. Una terza motivazione di attrazione verso l'islam viene identificata in un altro privilegio concesso ai musulmani, ossia quello di essere dispensati da ogni attività lavorativa e dai corsi rieducativi, in occasione delle preghiere del venerdì.
Fin qui tutto normale. Tuttavia, uno dei principali motivi di preoccupazione lo si rinviene nelle parole di Ann Owers, ispettore carcerario che ha condotto l'indagine, secondo la quale "l'esperienza del carcere può creare alienazione con la conseguenza di restituire alla società persone più propense alla violenza o, addirittura, a cadere nella trappola ideologica dell'estremismo" invitando quindi i direttori degli istituti penitenziari "a trattare i detenuti musulmani come singoli individui e non come parte di un turbolento gruppo separato".
Negli ultimi tempi, tali argomentazioni sono state evocate dai più come pretesto per una critica a 360 gradi verso la politica britannica in tema di immigrazione ed integrazione.
Ciò in base all'assunto che il popolo britannico sia (e sarà...) comunque restio al dialogo interculturale. Simili affermazioni, volte a screditare le capacità di cognizione e tolleranza degli inglesi, risultano francamente opinabili in virtù di ciò che si sta concretamente realizzando oltremanica.
A mio avviso, invece, nonostante la persistente e diffusa diffidenza dei cittadini di Sua Maestà, c'è da sottolineare come la Gran Bretagna (insieme alla Spagna) sia in prima fila nell'attivazione di iniziative volte alla piena integrazione degli stranieri, musulmani e non, che si estrinseca in una serie di attività che negli ultimi anni hanno posto l'immigrato, lo straniero al centro del dibattito politico e culturale.
Anche il Sindaco di Londra, Boris Johnson, in occasione del Ramadan, ha invitato tutti i cittadini londinesi a partecipare, almeno un giorno, al digiuno, affinché possano trarre edificanti ed istruttive lezioni dallo spirito e dal significato del digiuno, dimostrando una chiara sensibilità verso le ragioni dell'altro .
Personalmente, reputo che il sistema multiculturale britannico, tanto esecrato da popolari opinion maker, seppur non ancora compiuto ed assolutamente perfettibile con il contributo della politica, della comunità musulmana e della società civile, si avvii ad essere un esempio per tante altre nazioni per le quali, ancora oggi, identità, multiculturalismo ed integrazione sono, purtroppo, semplici parole prive di un reale, concreto significato.