Terrorismo, zero condanne, islamici arrestati chiedono danni a Italia
Pubblicato il 14/10/10 alle 12:07:58 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Veneto base logistica? E’ scontro pm-giudici. Ottantamila euro per ogni ingiusta carcerazione. Gli inquirenti: preparano attentati e documenti falsi, condannateli [...] Non è solo un fatto di cronaca giudiziaria. Il caso Saber è solo l’ultimo certificato dell’esistenza di uno scontro in atto nel Veneto fra inquirenti e giudici sulla questione del terrorismo internazionale. In estrema sintesi: i primi parlano di terrorismo e considerano il Nord Est un bacino di reclutamento e finanziamento di azioni all’estero, una sorta di base logistica; i secondi, che fino ad oggi hanno sempre assolto, negano questa impostazione, sia per mancanza di prove sia per una diversa interpretazione degli eventi bellici internazionali, dove il ruolo degli indagati non è associato al terrorismo anche quando i gruppi finanziati sono militarmente attivi.
Procure, Ros dei carabinieri e Digos della polizia, ma soprattutto Ros, da una parte; e giudici dall’altra. «Si è lavorato tanto per nulla e il rischio è che si vada avanti così, con perdita di stimoli», dicono gli investigatori. «Non si può condannare se non ci sono le prove dell’associazione terroristica», ribattono i secondi. E’ successo così per l’iracheno Saber, che attende in libertà il giudizio d’appello dopo essere stato arrestato con varie accuse: capo di una cellula collegata ad Al Zarqawi, ideatore con i guerriglieri sunniti iracheni di un attacco al cuore di Bagdad, regista della vendita in Iraq di velicoli ultraleggeri prodotti da una ditta italiana di Varese e destinati forse ad attacchi kamikaze nel centro della capitale. «Impianto accusatorio smontato in sede di giudizio», gongola l’avvocato Giorgio Pietramala.
Ed è successo lo stesso in analoghi procedimenti. A Vicenza, per esempio, dove quattro algerini tacciati di partecipazione alla rete creata in Italia dal Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc), altra associazione terroristica legata ad Al Qaeda, erano stati arrestati con misura d’urgenza per il rischio di un attentato imminente. Vicenza è stata considerata una base del Gspc collegata a Napoli, città dalla quale si erano trasferiti. Contro di loro una pletora di accuse: dal procacciamento di documenti falsi al reclutamento di affiliati, dalla raccolta di finanziamenti per l’organizzazione al proselitismo all’approvvigionamento di armamenti in collegamento coi circuiti criminali internazionali. Per gli algerini si sono tradotte in oltre un anno di carcere. Poi il colpo di scena della doppia assoluzione, in primo grado e in appello. «Non è stato dimostrato nulla», ha scritto la Corte d’Assise d’appello di Venezia nel dichiararli innocenti. «A Napoli lo stesso gruppo è stato condannato», insorgono gli investigatori sospettando il doppipesismo della giustizia. «Non è vero, non erano esattamente gli stessi fatti», replica il loro avvocato, Paolo Mele.
Risultato: gli algerini hanno chiesto un maxirarcimento danni allo Stato italiano: 80 mila euro a testa, cioè 250 euro al giorno per 370 giorni di ingiusta detenzione [...]