Dopo Kevorkian: quanti ''dottor morte'' in attività
Pubblicato il 18/06/11 alle 15:19:20 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
In Italia è Veronesi, insieme a Viale, uno dei maggiori sostenitori dell’eutanasia La recente morte di Jack Kevorkian, il medico che nella sua vita ha aiutato a morire almeno 130 pazienti, lascia indubbiamente un vuoto incolmabile nell’immaginario della lobby eutanasica mondiale. Kevorkian, per tutti quelli che fanno della legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito una questione di civiltà, è stato «un grande medico», come lo ha definito Silvio Viale salutando la sua morte con un «viva Kevorkian» che è sintesi efficace del manifesto programmatico dei radicali. Kevorkian, soprannominato «il dottor morte», ha fatto scuola e oggi sono molti coloro che stanno seguendo le sue orme. Philip Nitschke, il medico australiano fondatore di Exit International, organizzazione da sempre dedita a propagandare la «buona morte», è forse il più titolato a raccoglierne l’eredità. Nitschke, detto «il dottor morte australiano», si è guadagnato la fama internazionale girando il mondo per ribadire che morire è un diritto. Il suo libro che illustra le migliori tecniche per suicidarsi, The peaceful pill eHandbook, viene aggiornato sei volte l’anno con le novità più interessanti per facilitare coloro che vogliono suicidarsi.
Grazie ai consigli di Nitschke, il 28 aprile scorso una coppia di sposi inglesi si è suicidata ingerendo il Nembutal, un potente barbiturico. Don, 81 anni, aveva un cancro, Iris, 88 anni, non poteva sopportare l’idea di rimanere senza di lui. Da un punto di vista mediatico, Ludwig Minelli è un degno emulo di Nitschke. Minelli non è medico, ma dell’aiuto a morire ha fatto la propria ragione di vita, fondando Dignitas, che, nelle sue cliniche svizzere, offre il suicidio a persone provenienti da tutto il mondo.
Negli anni, sull’operato della creatura di Minelli sono stati avanzati molti dubbi: dalle urne cinerarie ritrovate nei fondali del lago di Zurigo, fino ai sospetti sul patrimonio accumulato da Minelli stesso, sono stati molti gli episodi che hanno dato di Dignitas un’immagine poco rassicurante. è poi Eduard Verhagen, il medico olandese che ha elaborato il celebre «Protocollo di Groningen» col quale si è inteso sistematizzare l’eutanasia neonatale. In un’intervista pubblicata nel 2008 sulla rivista della Consulta di bioetica, Verhagen ha affermato in merito ai neonati affetti da gravi forme di spina bifida: «La questione quindi diventa: come e quando finirà la loro vita?
Accadrà in una maniera umana e dignitosa?», sottintendo di fatto la liceità della loro uccisione. A questi casi a cui i media hanno dedicato maggior attenzione, si associano molte altre notizie. «The new doctor death» titolava Newsweek nel marzo 2010.
L’articolo raccontava la storia del dottor Lawrence Egbert, che per sua stessa ammissione avrebbe aiutato oltre 300 statunitensi a morire. Ultima della serie una donna di Phoenix che ha inalato elio. «Nessun senso di colpa», ha dichiarato Egbert a proposito della sua attività.
Nessun rimpianto neppure per la dottoressa scozzese Libby Wilson, fondatrice di «Friends at the end», un’organizzazione pro-eutanasia, arrestata per aver aiutato a morire una malata di sclerosi multipla. La dottoressa è stata poi rilasciata poiché nel Regno Unito si configura un reato solo se chi aiuta a morire trae benefici economici dalla morte causata. Risale al 2005 un caso che scosse il Belgio, quello relativo al medico Boudewijn D.W., accusato di aver somministrato iniezioni letali a cinque suoi pazienti, senza il loro consenso ma solo con quello della famiglia e dell’équipe di infermieri.
In Italia è Veronesi, insieme al citato Viale, uno dei maggiori sostenitori dell’eutanasia, definita in un’intervista rilasciata a Repubblica nel 2006 «un atto di carità. Un atto di giustizia». Concetto ribadito a maggio, quando intervenendo alla Bocconi di Milano, ha parlato della morte procurata come di un «diritto assoluto della propria autodeterminazione» e un «approdo irrinunciabile della civiltà». Con buona pace di Ippocrate.