Pubblicato il 10/12/08 alle 06:50:12 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
della DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI del 1948 Relazione di David G. Littman per la conferenza “La ragioni di Oriana, le ragioni dell’Occidente” Europa Sensa Radici: crisi di valore e d’identità
Nel 1981, due anni dopo l’ascesa al potere dell’Ayatollah Khomeini, la posizione della Repubblica Islamica dell’Iran, divenne chiara alla 36a Assemblea Generale dell’ONU, quando il suo rappresentante dichiarò che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani rappresentava “una interpretazione secolare della tradizione Giudeo-Cristiana che non può essere accettato dai mussulmani; se una scelta deve essere fatta tra la stipula della Convenzione e la Legge Divina seguita nel Paese, l’Iran sceglierà sempre la legge Islamica.” Con molta enfasi, lo stesso anno, fu presentata la Dichiarazione Universale Islamica dei Diritti Umani (UIDHR) all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) a Parigi, alla presenza di Ahmad Ben Bella dell’Algeria, Mukhtar Ould Daddah della Mauritania, il Principe Saudita Muhammad al-Faisal e il consigliere del Presidente pachistano Zia al-Haq. Dieci anni dopo, la Professoressa Ann Elizabeth Mayer lo descrisse nel quarto capitolo del suo libro Islam and Human Rights: Tradition and Politics :L’Islam e i Diritti Umani: Tradizioni e Politiche [Westview Press: Boulder and San Franciso/London, 1991]:
Ad una prima lettura della versione Inglese della UIDHR, essa sembra esserne un modello molto vicino alla UDHR, ma dopo una lettura più attenta, molto similitudini sono fuorvianti. Inoltre, sotto molti punti di vista, la versione inglese diverge dalla versione in arabo.
Il 7 dicembre 1984, ancora una volta, davanti alla Terza Commissione dell’Assemblea Generale dell’ONU, il rappresentante dell’Iran, il Sig. Rajaie-Khorassani, dichiarò la posizione del suo paese a proposito della UDHR.
A parere della sua delegazione, il concetto dei diritti umani non è limitato alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. L’uomo ha origini divine e la dignità umana non può essere limitata ad una seria di norme correnti […] certi concetti presenti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani devono essere rivisti e corretti. [L’Iran] non riconosce nessuna autorità o potere se non quella del Dio Onnipotente e nessuna autorità legale se non quella della legge Islamica. Come già fatto in precedenza alla 36a sessione dell’Assemblea Generale, convenzioni, dichiarazioni e risoluzioni o decisioni di organizzazioni internazionali contrarie all’Islam, non avevano validità nella Repubblica Islamica dell’Iran. […] La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani rappresenta una visione moderna della tradizione Giudeo-Cristiana, e quindi, non poteva essere condivisa dai mussulmani, venendo essa in contrasto con il sistema di valori riconosciuto dalla Repubblica Islamica dell’Iran; quindi, il suo paese non avrebbe esitato a violare tutte le sue disposizioni, se avesse dovuto trovarsi a scegliere tra il violare la legge divina del paese o quella delle Convenzioni Internazionali..
D’allora in poi questa presa di posizione dell’Iran si è sempre ripetuta.. Fu chiaramente espressa il 30 ottobre 1992 da parte dell’Ambasciatore Sirous Nasseri in risposta alla Commissione dei Diritti Umani a Ginevra (l’ente dell’ONU che controlla il Patto Internazionale sui Diritti Politici e Civili del 1966) rispondendo alle perplessità e alle domande della Commissione al secondo rapporto periodico dell’Iran.
Si potrebbe obiettare che ogni Stato firmatario dell’Accordo dovrebbe semplicemente applicare le sue disposizioni alla lettera. Tuttavia, molti rappresentanti erano insoddisfatti della rigida applicazione delle norme dei Diritti Umani e chiedevano che tradizioni, culture e contesti religiosi fossero presi in considerazione nel valutare la situazione dei diritti umani del paese.
Un risveglio dell’Islam, chiamato da alcuni fanatismo od estremismo e da altri ancora rinascita, stava prendendo piede […] Era facile obiettare che i rappresentanti dei paesi Islamici avevano preso parte al dibattito che portò alla stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ed al conseguente Patto, ma è altrettanto chiaro che all’epoca i paesi islamici non avevano il peso politico che volevano – e che hanno, invece, ai nostri giorni. Per ciò, i paesi islamici elaborarono una loro Dichiarazione Islamica dei Diritti Umani [CDHRI del 1990]. I Membri della Commissione posero la questione se la Repubblica Islamica dell’Iran aveva particolari obbiezioni da fare sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ed il Patto; una attenta analisi della Dichiarazione Islamica dei Diritti Umani chiarisce quello che, nell’ottica dei Paesi Islamici, è carente nei due strumenti.
[Iran] è giunta alla conclusione che i due documenti erano compatibili con la legge Islamica. […] Le discrepanze […] tra la legislazione domestica e il Patto non dovevano essere esagerate. Una migliore comprensione dell’Islam, della legge islamica ed internazionale poteva essere raggiunta solo superando queste differenze e con un dialogo aperto.
Queste dichiarazione furono fatte dall’Ambasciatore delle Repubblica Islamica dell’Iran nello stesso anno in cui gli Stati Membri dell’OIC adottarono la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam. È cruciale paragonare la Dichiarazione del Cairo con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
La Dichiarazione del Cairo e l’Universalità dei Diritti Umani
Gli Strumenti dei Diritti Umani Internazionali
1. Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR). La UDHR fu adottata da una vasta maggioranza degli Stati Membro delle Nazioni Uniti, inclusi tutti gli Stati Islamici, con l’eccezione dell’Arabia Saudita.
2. Gli Accordi Internazionali sui Diritti Politici e Civili (ICCPR) e sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR), che divennero effettive nel 1976, sono vincolanti per tutti i firmatari, inclusi 46 dei 56 Stati Membri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OIC).
La Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam
3. I 45 Stati Membri dell’OIC, il 5 agosto 1990, addottorano la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam . Il documento dichiara che tutti i diritti derivano da Dio; l’introduzione dichiara “essendo comandamenti vincolanti e divini, nessuno, per principio, ha il diritto di sospenderli interamente o in parte, né di violarli od ignorarli.”
4. Alla Conferenza Mondiale dei Diritti Umani a Vienna del 1993, l’Iran – con il sostegno di altri Stati Islamici – spinse affinché la Dichiarazione del Cairo fosse accettata come una valida alternativa alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. L’obiettivo fu parzialmente raggiunto nel 1997 quando, senza discussioni o dibattiti nell’Assemblea Generale, la Dichiarazione del Cairo fu inclusa da parte delle Nazioni Uniti in Human Rights: A Compilation of International Instruments: Volume II: Regional Instruments ( Diritti Umani: Lista degli Strumenti Internazionali: Volume II: Strumenti Regionali) (New York and Geneva, 1997, Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights, Geneva).
Complementare od Alternativa?
5. Il 10 dicembre 2007, Giorno dei Diritti Umani, dinanzi al Consiglio dei Diritti Umani, l’Ambasciatore Pachistano parlò a nome dell’OIC di quanto contribuirono i paesi mussulmani alla creazione della Dichiarazione dei Diritti Umani e dei due patti internazionali. Dichiarò, inoltre, che la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam: “non era un’alternativa in contrasto con la visione mondiale dei diritti umani, anzi era il completamento della Dichiarazione Universale, salvaguardando le specificità degli elementi religiosi e culturali dei paesi mussulmani.”
6. Quest’ultima dichiarazione, però, è incomprensibile. Sotto nessun aspetto, si può considerare la Dichiarazione del Cairo un complemento della UDHR, non facendo alcun riferimento ad essa, mentre gli Articoli 24 e 25 della CDHRI dichiarano: “Tutti i diritti e le libertà stabiliti in questa Dichiarazione sono soggette a la Shari’ah Islamica” e “L’unico riferimento per la spiegazione e precisazione a qualsiasi articolo della Dichiarazione è la Shari’ah Islamica.”
7. Facendo riferimento alla Shari’ah, soprattutto gli Articoli 2, 7, 12, 16, 19, 22 e 23 molte delle clausole nella Dichiarazione del Cairo limitano i diritti in essa contenuti.
8. A questo proposito, lo stesso 10 dicembre 2007, il commento dell’Ambasciatore Nooke della Repubblica Federale della Germania al Consiglio dei Diritti Umani è degno di nota: è sinceramente dispiaciuto della “tendenza di certe area della comunità internazionale a respingere il principio di universalità, facendo ricadere i diritti fondamentali sotto fattori come la tradizione, la cultura, la religione o il livello di sviluppo.”
Come la Shari’ah limita i Diritti Umani
9. Nella Shari’ah, le donne mussulmane e i non-mussulmani non hanno lo stesso trattamento degli uomini mussulmani. Quindi, la Shari’ah fallisce nell’ onorare lo stesso diritto di eguaglianza come dichiarato nella UDHR e negli accordi internazionali, negando parte dei diritti umani a quelli che vivono nei paesi in cui si applica la Shari’ah.
10. Limitando i diritti, permettendo solo quelli della Shari’ah, la Dichiarazione del Cairo non è di complemento alla UDHR e agli accordi internazionale, ma ne mette a repentaglio molti dei diritti che dovrebbe garantire. [Vedere riferimenti vi vii viii per dichiarazioni precedenti su questo argomento.]
Limitando la Libertà Religiosa
11. La Dichiarazione del Cairo limita la Libertà Religiosa. L’Articolo 10 dichiara: “L’Islam è una religione di natura incontaminata. È proibito praticare qualsivoglia forma di costrizione su altri uomini o sfruttare la loro povertà ed ignoranza per convertirli ad un’altra religione od a laicismo.” Convertirsi dall’Islam è assolutamente proibito, visto che è opinione generale nel mondo Islamico che solo la costrizione o l’ignoranza porterebbero qualcuno all’abbandono dell’Islam.
12. Notoriamente, in molti paesi dove si pratica la Shari’ah, l’abiura e qualsiasi azione o dichiarazione blasfema viene severamente punita, anche con la morte.
13. Nel dicembre 2007, alla sesta sessione del Consiglio dei Diritti Umani, l’Unione Europea propose una risoluzione sull’eliminazione delle discriminazioni in base alle credenze religiose. Il 14 dicembre, sempre a nome dell’OIC, il delegato pachistano disse che le differenze erano sempre evidenti nella formulazione della risoluzione, nell’inter alia, nel rispetto per tutte le religioni e credi, nel rispetto per le leggi nazionali e norme religiose sul diritto di convertirsi. “A causa della frase ‘incluso il diritto di convertire il proprio credo o religione’ siamo costretti a dissociarci dal paragrafo operativo 9 (a).” Tuttavia, questo fondamentale diritto umano viene assolutamente garantito sotto l’Articolo 18 della UDHR e dall’Articolo 18 dell’ICCPR.
Limitando la Libertà di Parola
14. Secondo la ICCPR, Art. 19, la libertà di espressione o parola può essere soggetta a restrizioni, ma unicamente se questo è previsto dalla legge e se necessario:
(a) per rispetto dei diritti o della reputazione altrui;
(b) per la salvaguardia della sicurezza nazionale, dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica.
15. Tuttavia, la dichiarazione del Cairo va oltre, sottoponendo questa libertà alla Shari’ah. Secondo l’Articolo 22 della Dichiarazione del Cairo, “ognuno ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione in un modo che non contravvenga ai principi della Shari'ah” e la libertà d’espressione non può essere usata per “indebolirne la fede”.
16. Il 18 dicembre 2007, l’Assemblea Generale dell’ONU con 108 voti a favore, 51 contrari e 25 astensioni, adottò una risoluzione che “Combatteva la Diffamazione delle Religioni”. Dal 1999 risoluzioni simili sono stata adottate dalla Commissione per i Diritti Umani e dal nuovo Consiglio. Tuttavia, questa fu la prima volta che una simile risoluzione fu accettata dall’Assemblea Generale. La risoluzione esprimeva, ancora una volta, “profonda preoccupazione per la negativa personificazione della religione e le sue manifestazioni di intolleranza e discriminazione nelle questioni e credenze religiose.” L’unica religione effettivamente nominata è l’Islam. La risoluzione sottolinea l’importanza e il diritto di tutti alla libertà di parola, e che questa deve essere esercitata con responsabilità – e quindi può essere limitata, inter alia, “per rispetto verso credenze e religioni”. 17. Molto delegazioni si opposero alla risoluzione. A nome dell’Unione Europea, il delegato portoghese spiegò il perché:
Nella difesa dei diritti umani, l’Unione Europea non vede l’importanza e la validità del concetto di ‘diffamazione delle religioni’. Dal punto di vista dei diritti umani, i membri delle comunità religiose non devono essere visti come parte di entità omogenee. Le leggi internazionali sui diritti umani proteggono in primo ordine gli individui e la loro libertà di praticare la loro religione o credo, piuttosto che la religione in se stessa.
18. Malgrado le obiezioni, coloro che si opposero alla risoluzione si trovarono persero due a una verso quelli a favore.
19. I risvolti di questa risoluzione sulla libertà di criticare le pratiche e leggi religiose sono ovvii. Difesi ed armati con l’approvazione delle Nazione Unite, gli Stati adesso possono prendere provvedimenti contro qualsiasi mancanza di rispetto nei confronti della religione, scegliendo loro la stessa definizione di “mancanza di rispetto”.
20. Gli Stati Islamici vedono i diritti umani esclusivamente in termini islamici, visione che sta diventando dominante anche all’interno delle Nazione Unite, grazie al potere dei numeri. Le conseguenze per l’universalità dei diritti umani sono brutalmente messi in pericolo.
Conclusioni
21. La maggioranza degli Stati Membro della OIC sono firmatari della UDHR e dei Patti Internazionali, il ICCPR e il ICESCR. Adottando la Dichiarazione del Cairo del 1990, gli stessi Stati stanno rinnegando gli impegni pressi liberamente quando firmarono la UDHR e gli altri due patti..
22. Ovviamente, la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam è il tentativo di limitare i diritti garantiti dalla UDHR e dai Patti Internazionali. Non è assolutamente possibile che suddetta Dichiarazione possa correre parallela alla Dichiarazione Universale.
23. Quindi, la dichiarazione dell’Ambasciatore del Pakistan del 10 dicembre 2007 travisa la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
24. La OIC sta tentando di limitare la libertà di religione, promuovendo la Dichiarazione del Cairo, rifiutando la formulazione della risoluzione del Consiglio sull’eliminazione della discriminazione in base alla religione o credo che permetterebbe agli individui di convertire il proprio credo o religione.
25. Nella continua promozione della risoluzione “Combattere la Diffamazione delle Religioni” nella Commissione sui Diritti Umani, il Consiglio dei Diritti Umani e l’Assemblea Generale, la OIC tenta di limitare sia la libertà di parola che quella di religione e trasformare i diritti umani in religione.
26. Mentre potrebbe essere di aiuto nella diffusione della UDHR mostrare quali sono gli standars richiesti per i diritti umani -in una forma o in un’altra- in modo che laddove sono particolarmente radicate Convenzioni dei “ Diritti Umani “ sia a livello nazionale che locale, legate a forme culturali e religiose, deve essere chiaro che l’obiettivo primario delle Nazioni Unite, degli Stati Membri, di tutte le società civili deve essere l’accettazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
27. Le dichiarazione che nascono da una particolare cultura, religione o nazione sono – soprattutto se chiamate “Dichiarazioni” o giustificate come “revisionismo culturale” – possono creare confusione, anche perché poi associate e erroneamente incorporate alla UDHR. Queste incorporazioni possono facilmente indebolire l’universalità della UDHR e i Patti Internazionali. Queste argomentazioni furono sottoposte alla Commissione Internazionale dei Giuristi (ICJ) nel 1990, anno in cui la CDHRI fu presentata alla Conferenza OIC a Dakar. Il frequente uso e riferimento alla CDHRI da parte dei rappresentanti della OIC e dei suoi Stati Membro, dimostrò l’importanza di questo iniziale segnale d’allarme.
28. Riguardo ai retroscena della CDHRI, sono da me stati riassunti in un articolo di 10 anni fa:
La controversa Dichiarazione dei Diritti Umani nell’Islam (CDHRI) fu adottata al Cairo il 5 Agosto 1990 dalla 19ma Conferenza Islamica dei Ministri degli Esteri ( sessione sulla Pace, l’Interdipendenza, lo Sviluppo) dei 45 Paesi Membri della Organizzazione della Conferenza Islamica (OIC), conseguenza della relazione sul Meeting della Commissione di Esperti Legali tenutasi a Teheran dal 26 al 28 Dicembre 1989. La CDHRI stabilisce che la legge islamica della Shari’a è “ l’unica fonte di riferimento”, per il rispetto dei Diritti Umani nel mondo islamico, e per ciò la si può considerare superiore alla UDHR. La CDHRI fu presentata per essere approvata al Summit OIC dei Capi di Stato e Governo, tenutasi a Dakar, in Senegal il 9 Dicembre 1991. Questo fu comunicato a mezzo stampa dagli Uffici di Ginevra della Commissione Internazionale dei Giuristi (ICJ).I pericoli della CDHRI sono esposte in questo comunicato stampa unitamente agli avvertimenti alla Commissione delle Nazioni Unite sui Diritti Umani di Adama Dieng, suo Segretari –Generale, e prominente giurista Senegalese che allertò la comunità internazionale sulle gravi implicazioni negative che avrebbe comportato questa decisione.
29. In ragione della sua statura di giurista internazionale e personalità pubblica,questo comunicato stampa della ICJ emesso da un eminente giurista Mussulmano dovrebbe essere sottoposto ad una più attenta lettura per capire la “tempesta” intorno alle “Dichiarazioni” dei diritti umani che indica i conflitti delle medesime. Leggerò alcuni passi chiave dal testo del 5 Dicembre 1991 rilasciato dalla Commissione Internazionale dei Giuristi.
30. CONFERENZA STAMPA
COMMISSIONE INTERNAZIONALE DEI GIURISTI
Ginevra, 5 dicembre 1991
PREOCCUPAZIONE DEI GIURISTI PER LA DICHIARAZIONE SUI DIRITTI UMANI NELL’ISLAM
[All’apertura del Meeting dei Capi di Stato e di Governo degli Stati Membro dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OIC) in Dakar, Senegal, la Commissione Internazionale dei Giuristi (ICJ) riafferma il suo interesse nel summit, tenutosi nell’ideale della cooperazione regionale ed internazionale tra Governi.]
[Tuttavia] La Commissione Internazionale dei Giuristi desidera portare all’attenzione delle comunità mussulmane e dell’opinione pubblica mondiale i risvolti negativi dell’accettazione da parte del Summit, della Stesura della Dichiarazione Islamica sui Diritti Umani nell’Islam, discusso il 5 agosto 1990 al Cairo, durante la 19a Conferenza Islamica dei Ministeri degli Esteri.
Presieduta dal Segretario-Generale, la Giurista senegalese Adama Dieng, la Commissione Internazionale dei Giuristi, analizza il documento attraverso gli strumenti dei diritti umani internazionali, soprattutto la Dichiarazione Universale del 1948 e i Patti sui Diritti Civili e Politici, e attraverso i Diritti Economici, Sociali e Culturali.
Queste dichiarazioni, patti ed accordi furono sottoscritti ed accettati attraverso dibattiti e discussioni lunghi e laboriosi, tenendo conto della diversità e molteplicità di opinioni che attraverso i secoli ed i paesi, si unirono nella necessità di un consenso inter-culturale: una cultura universale dei diritti umani. Per raggiungere questo obbiettivo, nessuna civiltà particolare, Occidentale o meno, ebbe il sopravvento.
La Stesura della Dichiarazione sui Diritti Umani nell’Islam presente un problema per la ICJ e per altri difensori dei diritti umani.
Nel sistematico e dogmatico riferimento alla Sharia Islamica, la Stesura della Dichiarazione è preoccupante perché:
1. Attacca minacciosamente il consenso inter-culturale su cui gli strumenti dei diritti umani internazionali si basano;
2. In nome della difesa dei diritti umani, introduce una intollerabile discriminazione contro i non-mussulmani e le donne;
3. Deliberatamente rivela restrizione e limitazione su diritti e libertà fondamentali, al punto che alcune disposizioni sono illegali in vari paesi mussulmani;
4. Approva, sotto forma di “Sharia Islamica” pratiche come la punizione corporale, che attaccano l’integrità e la dignità dell’essere umano.
Tutto questo fatto nel nome della religione mussulmana, seppur la “Sharia Islamica” si allontana spesso dallo spirito e dai testi sacri dell’Islam.
Agli occhi di molti giuristi islamici, la “Sharia Islamica” è un prodotto storico, una legge che deve essere adattata alle esigenze dell’epoca, ai concetti giuridici contemporanei e agli strumenti legali internazionali.
Nella convinzione che il messaggio dell’Islam, come quello di molte religioni, sia un messaggio di tolleranza, fratellanza, giustizia e speranza, la Commissione Internazionale dei giuristi crede che sarebbe uno sbaglio accettare la Stesura della Dichiarazione da parte del Summit di Dakar. Questo porterebbe alla legittimazione di pratiche intolleranti che contraddicono le norme e le leggi sui diritti umani internazionali ormai consolidate e radicate.
Conseguentemente, l’adozione della Stesura della Dichiarazione darebbe al mondo un’immagine distorta dell’Islam, a nutrimento e crescita di pregiudizi e xenofobia nei paesi non-mussulmani.
* * * * * In conclusione, l’universalità dei diritti umani è di strategica importanza. I dibattiti sulla natura della Sharia nei paesi islamici e altrove è intellettualmente interessante, ma non rilevante per la UDHR, né per le decisioni intergovernative ad essa connesse. Le norme basate sul consenso universale reciproco della UDHR, creano una struttura per la società mondiale, permettendole di funzionare. È l’universalità della UDHR che la porta ad essere una base comune per le relazioni interculturali, attraversando frontiere nazionali e culturali. Le questioni sui diritti umani nelle relazioni internazionali vengono spesso poste nella sfera della morale –il ‘relativismo culturale’ e spesso connesso ad essa morale- anche se esistono tutti gli strumenti internazionale vincolanti a che siano sviluppati i principi della UDHR. Una della lezioni della Guerra Fredda è che solo una posizione ferma e non-compromettente sulle questioni fondamentali, può portare ad un effettiva attuazione degli ideali ed obiettivi della Carta Internazionale dei Diritti Umani ed altri strumenti delle Nazione Unite, che includano le nostre radici Giudeo-Cristiane-Secolari.