Globalizzazione del fondamentalismo islamico dopo primavera araba
Pubblicato il 28/01/12 alle 14:54:22 GMT pubblicato da Una_via_per_Oriana
Il rischio di una globalizzazione dell’estremismo islamico, come era prevedibile, segue a distanza di un anno la primavera araba Attraverso queste pagine esprimemmo subito il dubbio che quanto stava accadendo poteva avere ricadute negative sulla minaccia terroristica qualora non attentamente monitorato.
Le manifestazioni, infatti, fin dall’inizio si proponevano spesso con approcci estremistici che nulla avevano a che fare con la cultura pastorale e contadina di quella gente, ma che erano permeate da una specie di magnificazione collettiva. Piazze che non si limitavano a rivendicare i loro diritti, ma si auto esaltavano gridando “Allah Akbar” (Dio è il più grande), con atteggiamenti molto simili a quelli ricorrenti a Gaza, a Teheran, Bagadad o Kabul. L’inizio di uno tsunami che avrebbe coinvolto di lì a poco i Paesi africani limitrofi e scavalcato il Mediterraneo per inondare tutto il Medio Oriente.
Vicende totalmente ignorate dall’Europa, solo un gemito timido della Asthon che condannava i massacri di Mubarak e di Bel Alì, senza andare oltre con concrete iniziative politiche. Un’Europa che fin dall’inizio ha dimostrato la più completa inadeguatezza a gestire eventi che di lì a poco avrebbero rappresentato una trasformazione storica e culturale epocale.
Ben presto, l’onda anomala ha superato il Mediterraneo raggiungendo il Barein, il Qatar, l’Oman e lo Yemen dove da tempo erano operative cellule di Al Qaeda. Un effetto domino che ha raggiunto anche la Siria suscitando l’immediata e feroce repressione del Presidente Assad.
I veri obiettivi dei protagonisti della primavera araba sono stati improvvisamente cancellati dai risultati elettorali tunisini ed egiziani e da ciò che sta accadendo in tutta l’Africa islamica. Non democrazie laiche, ma grande prevalenza di realtà islamiche radicali. [...]