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Stragi incrociate tra musulmani e buddisti

E’ in corso in questi giorni in Birmania una vera e propria pulizia etnico-religiosa caratterizzata da una brutalità mai vista, con interi villaggi bruciati, omicidi, violenza sulle donne ed uccisione di bambini.

A quanto si è potuto apprendere dalle testimonianze, chi è scampato alle stragi si è rifugiato nelle foreste o si trova sulle spiagge, nella speranza di trovare una barca per il vicino Bangladesh.

Alla base delle violenze esercitate dalle bande buddiste ‘Mag’ vi sarebbe la fede islamica delle vittime su terra birmana e la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe stata la violenza sessuale su una donna buddista ad opera di tre musulmani (due condannati a morte dalla Corte penale ed uno suicida in carcere) ed il linciaggio di una decina di islamici ad opera di buddisti; forte è il sospetto che ai gruppi aggressori siano appoggiati dallo stesso governo centrale ed a essere colpita è in particolare la regione di Rakhine, a maggioranza islamica, dove interi villaggi sono stati attaccati e dove in molte migliaia sono stati costretti a fuggire.

I musulmani nello stato di Rakhine, che sono circa 800.000, sono considerati immigrati clandestini provenienti dal Bangladesh e, nonostante abitino in quelle terre da secoli, sono costretti a forti restrizioni sia sul movimento che in tema di diritti civili.

Il sito Arabia.net riporta che il numero dei morti e degli sfollati rasenta ormai cifre allarmanti: secondo gli attivisti dei diritti umani della Birmania, sarebbero già state uccise 250 persone, ferite 500. scomparse 300 e gli sfollati in fuga sarebbero quasi 300.000.
Gli screzi fra i due gruppi etico-religiosi sono partiti begli anni Trenta, in epoca di colonialismo inglese, quando ci furono numerosi massacri; sono poi proseguiti nei decenni successivi, per Via delle continue campagne di spostamento a cui sono state costrette le popolazioni musulmane.

Fa tuttavia pensare, alla luce dei gravi episodi recenti di violenza, il silenzio della comunità e dei media internazionali e quindi delle organizzazioni impegnate nella lotta per i diritti umani, le quali, come l’Unchr, si sono limitate fino ad ora a comunicati di “viva preoccupazione”.

www.notiziegeopolitiche.net

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=15806

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