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India, aborti forzati al terzo, sesto e ottavo mese: erano tutte bambine

6 giu – Costrette ad abortire al terzo, quinto, sesto, addirittura all’ottavo mese di gravidanza: è accaduto nel distretto di Beed (Maharashtra) a quattro donne diverse, ma tutte in attesa di bambine. Una di queste donne, 28 anni, è morta per complicazioni legate all’intervento. Per il suo caso, la polizia ha arrestato una coppia di medici, Sudam Munde e sua moglie Saraswati Munde, il 18 maggio scorso. All’inizio di giugno, le forze dell’ordine hanno arrestato un altro medico, Shivaji Sanap, per aver praticato un aborto al sesto mese su una minorenne di 17 anni. Il dottore gestisce una clinica privata e illegale.

La polizia ha fermato anche due delle donne costrette ad abortire – Mangal Masu Dhinghe, 29 anni, e Manisha Vilas Javle, 28 -, ritenute responsabili di aver fatto sparire i loro feti. Il 2 giugno scorso, gli agenti hanno trovato i corpicini senza vita di due neonate nel letto del fiume Bindusara, vicino alla città di Beed. Secondo i medici legali, l’aborto delle due piccole – una di cinque mesi e otto giorni, l’altra di otto mesi e sei giorni – sarebbe stato indotto da qualche droga. Dopo questo ritrovamento, il district collector ha ordinato un’indagine in tutti gli ospedali e cliniche per la maternità.

Il dr. Pascoal Carvalho, membro della Pontificia accademia per la vita, spiega ad AsiaNews: “Il distretto di Beed è noto per i numerosi casi di feticidi e infanticidi femminili. Nel Maharashtra, esso ha il rapporto tra maschi e femmine sotto i 6 anni più basso di tutto lo Stato: 801 bambine ogni 1000 maschi”. Tuttavia, spiega il medico, “i dati dell’ultimo censimento nazionale (Census 2011) raccontano la stessa triste storia, per tutta l’India. Nel 1991, le bambine sotto i 6 anni erano 4,2 milioni in meno rispetto ai maschi; nel 2011, la differenza è salita a 7,1 milioni”.

Questo “grave male sociale”, aggiunge il dr. Carvalho, “è in parte legato a ragioni culturali: la nostra è una società patriarcale che da sempre preferisce il figlio maschio. La femmina è considerata un peso: deve essere educata e poi data in moglie, ma per un matrimonio bisogna fornire una dote consistente. E anche una volta sposata, la donna non sarà rispettata finché non dà alla luce un bambino”.

Tuttavia, a favorire la diffusione di tali pratiche vi è anche una speculazione da parte dei medici, che sfruttano un problema sociale per arricchirsi. I test clinici per determinare il sesso del nascituro sono illegali in India, ma rivolgendosi a cliniche private (illegali e molto costose) è possibile eseguirli. “Uccidendo feti di bambine – sottolinea il dr. Carvalho, anche membro della Commissione per la vita umana dell’arcidiocesi di Mumbai -, la coppia di medici ha accumulato una fortuna. La polizia ha scoperto che essi possiedono beni per 150 miliardi di rupie (circa 2,7 miliardi di euro): 160 ettari di terreni coltivabili; due lotti edificabili nella città di Parli; quattro bungalow; 12 automobili; 40 conti bancari e due appartamenti ad Aurangabad”.

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