L’islamizzazione della Libia mette a rischio il processo di riconciliazione del Paese. Ieri il Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt) ha varato un pacchetto di leggi che prevedono pene fino all’ergastolo per chi inneggia a Muammar Gheddafi, offende l’islam o denigra la rivoluzione del 17 febbraio.
Secondo i legislatori, il Paese è ancora in uno Stato di guerra e tali restrizioni servono ad evitarne la destabilizzazione in vista delle elezioni parlamentari di giugno. Il testo afferma che chi diffonde informazioni volte a interrompere o inficiare i preparativi per il nuovo Stato offende i cittadini e merita il carcere. La serie di provvedimenti include anche la confisca delle proprietà dei familiari del defunto rais e degli ex funzionari del regime.
Gli esperti notano che dopo l’uccisione di Gheddafi e la cattura del figlio Saif al-Islam la Libia è ormai in mano agli estremisti islamici che affollano il Consiglio nazionale di transizione e vogliono fare del Paese uno Stato islamico basato sulla sharia. Fonti locali affermano che nei villaggi e nelle città circolano armi di ogni genere. La poca sicurezza spinge la gente a farsi giustizia da sola. L’assenza di leggi e di controlli ha dato spazio alla criminalità organizzata che gestisce traffici di cibo, armi, denaro e controlla anche gli acquedotti. Per mettere un freno all’estremismo e alle vendette fra gruppi tribali, la scorsa settimana i leader del Cnt avevano realizzato un decreto legge che bandiva i partiti politici con espliciti riferimenti alla religione, tribù ed etnie. Ciò ha scatenato le proteste dei movimenti vicini ai Fratelli musulmani che hanno fatto ricorso costringendo il Cnt a cancellare la legge.
Come accaduto in Marocco, Tunisia ed Egitto, anche in Libia a dettare la linea politica sono Fratelli musulmani e salafiti. Fuorilegge durante il regime essi hanno conquistato in pochi mesi posti di rilievo nella gestione delle politiche petrolifere, ponendosi come partner strategici per le società straniere attirate in Libia dalle politiche economiche di Gheddafi. Finanziati e sostenuti da Paesi come Qatar e Arabia Saudita, i Fratelli musulmani si presentano alle elezioni parlamentari di giugno con un grande apparato organizzativo. Ciò rende molto probabile una loro vittoria.
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