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Arabia Saudita: Internet e stampa estera nel mirino delle fatwe

“Vietato mettersi in contatto con la stampa straniera”. Ad affermarlo, il gran Mufti dell’Arabia Saudita Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah, che dalla sua moschea nel cuore della capitale Riyad, ha lanciato l’ultima di una lunga serie di fatwe contro i media e contro il web.

 Come riportato dal sito di Al Arabiya, per il Gran Mufti la stampa estera non farebbe altro che “spargere caos, conflitto e divisione nelle terre musulmane”.

Perciò contattarli “non solo non è permesso, ma è considerato tradimento e cospirazione con i nemici dell’Islam”.

A rischio ci sarebbero infatti “la sicurezza del Regno e della religione. Se proprio le persone hanno qualcosa di urgente da dire – continua la più alta carica religiosa del Paese – che si rivolgano alle autorità competenti. Dentro lo Stato”.

Così, la battaglia del Mufti contro i media s’inasprisce ulteriormente.

Già all’inizio di quest’anno, Sheikh Abdul Aziz aveva lanciato un’altra fatwa, diretta stavolta contro Twitter, il social network dei 140 caratteri.

Colpevole, secondo il leader religioso, di essere una “piattaforma grondante accuse e falsità, usata solo per ottenere fama personale”.

“Twitter è una pratica che deve essere evitata dai veri musulmani” aveva intimato durante il sermone, chiedendo alla Commissione per la promozione della Virtù e la prevenzione del Vizio di “reprimere più severamente i cittadini che lo utilizzano”.

Ironia della sorte, l’appello ha seguito proprio l’annuncio dell’investimento di 230 milioni di dollari da parte del principe Saudita Alwaleed bin Talal Bin Abdulaziz Alsaud, proprio in azioni di Twitter

Ma, a prescindere dagli affari, le parole del Gran Mufti sono tenute in grandissima considerazione nel Paese, dal popolo fino alle più alte sfere.

Le sue condanne e i suoi infuocati giudizi pubblici non sono certo una novità: basti ricordare il recente appello a “distruggere tutte le chiese esistenti nella Penisola araba”, o l’invito a “ritirare tutti i fondi arabi dalle banche occidentali” e ad “applicare la Sharia in tutti i settori”, anche nei rapporti economici tra gli Stati.

Ma sono soprattutto i media a scatenare i suoi anatemi più appassionati. Che non fanno che aggravare una situazione di censura e repressione del dissenso già molto pesante nel Paese.

Soprattutto durante e dopo le Primavere arabe del 2011, la censura governativa ha cominciato a farsi ancora più opprimente. […]

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