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Boston: Uno degli attentatori fu interrogato nel 2011, ma nessuno lo prese sul serio

Paolo Mastrolilli per la stampa
La polizia festeggia giustamente la cattura di Dzhokhar Tsarnaev e la fine dell’incubo a Boston. Per l’intelligence americana, però, l’attacco alla maratona rappresenta un flop non lontano da quello dell’11 settembre. Soprattutto per l’Fbi, che due anni fa aveva interrogato Tamerlan, fratello maggiore e probabile ispiratore dell’attentato. Il Federal Bureau of Investigation quindi si ritrova su entrambi i campi della partita: quello dei vincenti, per il contributo dato alle indagini, ma anche quello dei perdenti, perché ha avuto tra le mani il capo del complotto e non ha capito che rappresentava una minaccia.

Il primo elemento lo ha fornito la madre di Tamerlan, Zubeidat Tsarnaeva, che per accusare gli inquirenti americani di aver falsamente incastrato il figlio, ha rivelato che l’Fbi lo seguiva da tempo: «Era da tre o cinque anni che lo controllavano. Sapevano cosa stava facendo. Conoscevano le sue azioni e i siti Internet dove andava. Erano venuti a casa, mi avevano parlato. Mi dicevano che era un leader e avevano paura di lui. Con tutti questi controlli, come potrebbe aver fatto una cosa del genere?». Questa domanda naturalmente non scagiona Tamerlan, come pensa la madre: anzi. Però ieri mattina l’Fbi, messa davanti all’evidenza, ha pubblicato questo comunicato: «All’inizio del 2011 un governo straniero ci ha chiesto informazioni su Tamerlan Tsarnaev. La domanda era basata su informazioni secondo cui era un seguace dell’islam radicale e un forte credente.

Era cambiato drasticamente nel 2010 e si preparava a lasciare gli Usa, per andare nel paese in questione a unirsi a gruppi clandestini non specificati. In risposta alla richiesta, l’Fbi ha controllato tutti i database, le informazioni, le comunicazioni, e l’uso di siti associati alla promozione di attività radicali. Il Bureau ha anche interrogato Tamerlan Tsarnaev e i suoi famigliari, ma non ha trovato alcuna attività terroristica». Il governo coinvolto era quello russo, preoccupato che il giovane volesse tornare in Dagestan per legarsi agli estremisti islamici ceceni.

Ora può darsi che l’Fbi abbia ragione, nello stretto senso letterale del suo comunicato: non aveva trovato la prova che Tsarnaev avesse contattato un gruppo terroristico. Però colpisce che non abbia lanciato un allarme sulla pericolosità di Tamerlan e non l’abbia seguito meglio, visto che la sua radicalizzazione era evidente. Aveva sposato una ragazza cristiana, Katherine Russell, ma lei si era convertita all’islam. Lui seguiva i sermoni di Abdel al-Hamid al-Juhani, imam salafita russo filo-Al Qaeda, e Feiz Mohammed, religioso australiano che predica contro Harry Potter, dice che lo stupro è colpa delle vittime, e spinge i bambini al martirio. Dopo il viaggio di sei mesi fatto l’anno scorso in Russia, Tamerlan aveva messo molte di queste cose su Internet, e c’è il sospetto che abbia ricevuto addestramento sulle bombe. Lo zio Ruslan dice che un armeno di Boston gli aveva fatto il lavaggio del cervello.

L’intelligence ora sta rivendendo le tracce del passato, per capire se ha sottovalutato segnali, trovare il movente, e chiarire se i due fratelli hanno agito da soli o per conto di qualcuno, che li ha aiutati a trovare l’esplosivo e maneggiarlo. Se la risposta sarà negativa, resterà che l’Fbi li aveva per le mani e, come era già accaduto in parte con Zacarias Moussaoui nel 2001, Carlos Bledsoe a Little Rock e Hasan Nadal a Fort Hood, non l’ha capito.

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