Il fulcro della relazione che la Gran Bretagna ha portato davanti alla Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, sul caso di due donne licenziate perché portavano la croce al collo, dice – in sostanza – che a rimetterci deve essere la religione cristiana, proprio grazie al suo carattere liberale. Mentre quella musulmana deve essere rispettata per via delle norme che vincolano i suoi fedeli. Per il governo, insomma, le croci si possono vietare, mentre il velo e il turbante no.
Le due vittime, Nadia Eweida e Shirley Chaplin, furono licenziate nel 2006 e, in seguito, persero il ricorso presentato davanti ai tribunali inglesi. La prima donna fu licenziata dalla British Airways perché si rifiutò di togliere la croce che portava al collo che, a parere dei dirigenti dell’azienda, rovinava la divisa della compagnia. La seconda fu esclusa dal reparto di un ospedale statale in cui lavorava da 30 anni per non aver accettato di nascondere la catenina.
Neil Addison, avvocato del Thomas More Legal Centre (per la difesa delle vittime di discriminazioni religiose), ha sottolineato che le motivazioni del governo inglese si spostano sempre più in là: «Non si vietano più simboli religiosi in generale, ma si proibisce di portare simboli cristiani in pubblico per il fatto che non sono obbligatori. Diversamente dal velo o dal turbante islamici che, invece, devo essere accettati perché imposti dal credo musulmano. Questo significa privilegiare alcune religioni rispetto ad altre». Tale decisione, ha continuato Addison, è ancor più grave dal momento che «mina le fondamenta di uno Stato laico, lasciando che la giustizia prenda decisioni su basi religiose e teologiche per dire cosa sia obbligatorio o meno». […]
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Gran Bretagna: «Sì al velo islamico, no alla croce cristiana»