di Rodolfo Casadei
Magistrale la stoccata con cui il Servizio per la famiglia dell’arcidiocesi di Milano ha infilzato il Registro delle unioni civili che il sindaco Pisapia e la sua maggioranza stavano per regalare a Milano: la proposta di delibera, ha spiegato il responsabile Alfonso Colzani, parlava di unioni fra persone e non di coppie, quindi apriva la porta al riconoscimento delle famiglie poligamiche. Arcigay e presidente della Commissione affari istituzionali del Comune hanno balbettato che la critica era sbagliata perché c’è una legge nazionale che proibisce la poligamia. Ma chi avrebbe potuto impedire a un immigrato che ha contratto matrimoni poligamici nel suo paese di origine di registrare a Milano il suo presepe familiare come unione civile da «promuovere e tutelare» (così recita la delibera) allo stesso titolo delle altre unioni? Anzi, il registro milanese sarebbe stato esattamente l’escamotage che gli avrebbe permesso di aggirare la legge italiana che riconosce solo la sua prima moglie, e di ottenere tutele e provvidenze per tutto il gruppo.
Il Consiglio comunale, nella seduta del 27 luglio scorso, ha dovuto infine riconoscere la fondatezza dei rilievi, e modificare il testo. Ma ad essere legittimata dall’amministrazione milanese non sarebbe stata solo la poligamia d’importazione. Per scoprirlo bastava collegarsi, il lunedì della settimana precendente il voto, al sito poliamore.tumblr.com. Il primo messaggio della giornata recitava: «È di nuovo lunedì. Sarà colpa degli anarco-insurrezionalisti. O delle unioni civili che incitano alla poligamia gay. Stiamo diventando in quanto poli il nuovo male assoluto?». Poco sotto, la notizia ripresa da Repubblica della posizione assunta dalla Chiesa milanese contro il registro di Pisapia, ma solo nella parte dell’articolo in cui viene denunciato il rischio poligamia. Non certo per caso. “Poli”, infatti, sta per poliamorosi, cioè adepti del poliamore. Cioè persone che vivono un’intimità sessuale durevole di gruppo. Quelli italiani hanno un sito internet ufficiale (Poliamore.org) e una pagina di Facebook (Poliamore Italia). Non vanno confusi con gli scambisti, né identificati con le più banali e datate “coppie aperte”. Le relazioni poliamorose sono strutturate e si prolungano nel tempo.
CINQUE CUORI E UNA CAPANNA
Quando nel luglio 2009 Newsweek dedicò un lungo e celebrato articolo al fenomeno, descrisse una combinazione di cinque persone, tre uomini e due donne, che si era formata nell’arco di dodici anni: dopo due anni di convivenza, Terisa e Scott avevano lasciato entrare nella loro vita Larry, che da quel momento aveva condiviso con Scott le grazie di Terisa; la quale poi aveva deciso di trasformare il triangolo in un quadrilatero aggiungendo Matt, un uomo sposato; la cui moglie Vera non si era persa d’animo e aveva intrecciato una relazione con Larry (che nel frattempo aveva legalmente sposato Terisa); i momenti di noia del geometrico connubio erano vivacizzati da rapporti con partner occasionali intrattenuti da tutti e cinque i componenti del pentagono, sempre dichiarati apertamente e approvati dai rispettivi coniugi/amanti.
Non tutte le relazioni poliamorose sono così aperte: alcune praticano la polifedeltà, cioè ammettono i rapporti sessuali solo all’interno del gruppo. E non tutte sono eterosessuali, anzi: le relazioni poliamorose sono molto diffuse nel mondo gay e dei bisessuali. Un articolo intitolato “Una relazione stabile a tre? Ecco come può funzionare” su onlinegay.it racconta: «Franco DiLuzio e Mark Lander si sono conosciuti mentre lavoravano al G-Lounge, un locale nel quartiere Chelsea di New York. Dopo cinque anni di relazione si sono sposati. Le cose, però, sono cambiate molto prima di quanto ci si potesse aspettare. Appena due mesi dopo le nozze, infatti, tramite un sito di incontri online Franco conosce Vinny Vega, un fotografo di moda 24enne, e quello che era cominciato come un diversivo si è trasformato presto in qualcosa di serio. Tra Vinny, Franco (45 anni) e Mark (41) adesso c’è quella che si definisce una relazione poliamorosa chiusa».
La più famosa triade a maggioranza bisessuale è quella formalizzata nel settembre 2005 in Olanda da Victor de Bruijn (46 anni all’epoca), Bianca (31) e Mirjam (35). I primi due erano sposati da due anni e mezzo quando conobbero in una chat Mirjam, a quel tempo coniugata. Otto settimane dopo quest’ultima lasciò il marito e andò a vivere con la coppia. Nel triangolo le due donne facevano sesso sia fra loro che con l’uomo. Ottenuto il divorzio, Mirjam organizzò coi due nuovi compagni una vera e propria cerimonia nuziale, con scambio di anelli e abiti bianchi. Victor dichiarò che la loro era la prima unione civile a tre della storia olandese. Non era vero, ma molta stampa abboccò e presentò come un matrimonio a tre quello che era in realtà un “samenlevingscontract”, cioè un contratto di coabitazione: la legge olandese restringe infatti le unioni civili riconosciute alle coppie, dello stesso o di opposto sesso. Tuttavia il caso del signor Victor e delle sue due “mogli” costituisce un precedente storico, perché per la prima volta i partecipanti a una relazione poliamorosa chiedevano che il loro rapporto fosse riconosciuto legalmente come unione civile o come matrimonio. Con loro cominciava la militanza per il riconoscimento dei “diritti civili” poliamorosi.
E LA GAUCHE DÀ MAN FORTE
Negli ultimi mesi i poliamorosi hanno reso esplicite le loro richieste in tutto il mondo. In Australia hanno tentato senza successo di fare inserire nelle proposte di legge di laburisti e Verdi per il riconoscimento dei matrimoni fra persone dello stesso sesso anche le relazioni poliamorose, ma la loro battaglia è comunque approdata sui principali giornali. In Francia da due anni ferve il dibattito su polyamour.info, il sito di riferimento dei poliamorosi d’oltralpe. C’è chi propone la creazione di PoliPacs (i Pacs sono unioni civili introdotte nella legislazione nel 1999), chi vuole il riconoscimento del matrimonio poligamico come parte della nuova legge sui matrimoni fra persone dello stesso sesso che il presidente Hollande vuole introdurre, e chi teorizza una “famiglia associativa scelta” a partire nientemeno che dalla legge sulle associazioni del 1901. C’è chi chiede che sia possibile riconoscere la genitorialità di un figlio a più di due persone, e chi propone come calcolare la pensione di reversibilità ai “coniugi” superstiti di una relazione poliamorosa sulla base del diverso numero di anni trascorsi insieme.
In Canada i poliamorosi sono riusciti a farsi rappresentare legalmente in un giudizio di costituzionalità sulla legge che proibisce la poligamia. Il presidente della Corte ha sentenziato che le unioni poliamorose non ricadono sotto i rigori della legge, purché restino informali e non pretendano l’ufficialità. Ha commentato John Ince, l’avvocato che ha rappresentato i poliamorosi in giudizio: «Le leggi garantiscono privilegi a quanti sono legalmente sposati, e molti poliamorosi vorrebbero avere gli stessi diritti. Il problema è che la coabitazione poliamorosa è così nuova che non è stato ancora elaborato un modo per applicare i diritti di cui godono le coppie monogame alle coabitazioni multiple. Saranno elaborati caso per caso nel corso del tempo. Le coppie gay hanno vinto le loro battaglie in questo modo. In un arco di tempo pari a due decenni hanno intentato cause per custodie di figli, diritti pensionistici, questioni fiscali, eccetera. Solo dopo che sono stati stabiliti diritti e doveri in queste materie le coppie gay hanno infine ottenuto il privilegio di partecipare al matrimonio istituzionale monogamo».
I poliamorosi partecipano con proprie rappresentanze riconoscibili ai Gay Pride in tutto il mondo (nel giugno scorso gli italiani a quello di Roma) e normalmente sono ospitati in strutture riferibili al movimento Lgbt, ma nei paesi dove unioni o matrimoni fra persone dello stesso sesso non sono ancora riconosciute non sono molto ben visti dagli attivisti gay: si teme – non certo a torto – che le loro pretese diventino un’arma propagandistica nelle mani di chi respinge le nuove leggi “progressiste”. Stanno invece molto simpatici, almeno in Europa, all’estrema sinistra. Perché i loro esponenti più acculturati si dichiarano fieramente anticapitalisti e criticano la monogamia con toni da materialismo dialettico.
È il caso di Françoise Simpère, autrice di Amare più uomini e di Guida agli amori plurali per un’ecologia amorosa. Un altro personaggio pubblico francese prima di lei, l’economista consigliere di Mitterrand Jacques Attali, cinque anni fa aveva preconizzato che il XXI secolo sarebbe stato quello «dell’amore multiplo». Ma la Simpère, autrice anche di romanzi erotici, va oltre: «Vorrei che i valori veicolati dai poliamorosi, cioè l’ascolto, lo scambio, la tolleranza, sostituissero quelli di questa società capitalista dura e possessiva», ha dichiarato in un’intervista. «Il pluriamore è libertario, anarchico e rivoluzionario. Ho incontrato qualche “poli” fra gli Indignati, e questa è la prova che siamo accomunati dalla contestazione al mondo attuale».
IL SENTIMENTO PROLETARIO
«La monogamia istituzionalizzata come la pratica la nostra civiltà da più di duemila anni è la chiave di volta del sistema imperialista nel quale viviamo, quello del capitalismo che è sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo», scrive un utente del sito Polyamour.info. «La monogamia istituzionalizzata rappresenta l’istituzionalizzazione di una società della proprietà privata a danno della vera solidarietà e della condivisione, a cominciare dall’aspetto proprietario dell’amore e dei sentimenti, con il quale si sancisce una restrizione in materia e in cambio si riceve il diritto di possesso sul proprio coniuge». E ancora vi meravigliate se il Registro delle unioni di Pisapia, ex di Democrazia Proletaria, ha tentato di lasciare la porta aperta a questi araldi del progresso?