ORIANA FALLACI, ‘PASOLINI UN UOMO SCOMODO’ (RIZZOLI, PP 116, EURO 17). Un’amicizia impossibile, fatta di incontri e scontri, e proprio per questo forse più autentica di quelle che si considerano vere. Oriana Fallaci e Pier Paolo Pasolini, due personalità contrapposte che non potevano non incontrarsi. “Io così dura e tu così dolce” dice la giornalista del suo amico-nemico Pier Paolo. E proprio la morte brutale del poeta-regista mostra la forza del loro confrontarsi.
Per prima la Fallaci non accettò la versione ufficiale dell’omicidio di Pasolini, il 2 novembre 1975 a Ostia, mettendosi in prima linea con una controinchiesta pubblicata sull’Europeo in cui sosteneva che l’assassino dell’autore di ‘Petrolio’ non fosse uno – l’allora minorenne Pino Pelosi su cui sono state fatte ricadere per lungo tempo tutte le colpe – ma più persone. E, benchè la dinamica brutale sulla fine dello scrittore e regista resti ancora un mistero, il tempo ha dato ragione alla Fallaci. Lo mostrano, a 40 anni dalla morte di Pasolini, i contributi della giornalista apparsi sull’Europeo e ora raccolti nel libro ‘Pasolini un uomo scomodo’, con l’introduzione di Alessandro Cannavo’ e una nota dell’editore, pubblicato da Bompiani.
“Oriana si butta a copofitto nell’indagare sulla dinamica dell’assassinio, per nulla convinta che l’orrendo crimine tra le casupole del litorale laziale fosse opera solo del ragazzo di vita Pino Pelosi, ma che nella notte tra il primo e il 2 novembre 1975 si fosse compiuto un agguato organizzato, al quale avevano partecipato altre due persone” scrive Cannavò.
‘Ucciso da due motociclisti?’ è il titolo di un suo articolo che scatena polemiche e accuse. La Fallaci protegge senza esitazioni le sue fonti fra cui l’anonimo ragazzo di vita romano che ribattezza “il ragazzo-che-sa”. “Subisce – ricorda Cannavò – una condanna in primo grado confermata in appello: quattro mesi di reclusione e la mancata solidarietà del mondo giornalistico”.
Lo aveva messo in conto, ma a trent’anni dalla morte di Pasolini in un’intervista alla Stampa, spiega sempre Cannavò, “Oriana dice del caso Pasolini: “aveva aperto la strada della mia disistima per il giornalismo, la polizia, la legge'”.
Con Pasolini la Fallaci si era incontrata per la prima volta nel ’63. Tre anni dopo aveva scritto di Pier Paolo un indimenticabile ritratto: “Eccolo che arriva: piccolo, fragile, consumato dai suoi mille desideri, dalle sue disperazioni, amarezza, e vestito come il ragazzo di un college”. E’ ‘Un marxista a New York’, pubblicato sempre sull’Europeo dove, davanti al Lincoln Center, la Fallaci dice a Pasolini che aspetta impaziente un taxi: “Ti farai tagliare la gola, Pier Paolo”.
Quando esce ‘Lettere a un bambino mai nato’ Pasolini stronca in una lettera il libro: “Non voglio sapere cosa v’è dentro la pancia di una donna. Mi disgusta la maternità”. E la Fallaci non lo dimentica nella ‘Lettera a Pier Paolo’ che scrive in suo omaggio, subito dopo il delitto. “Quella lettera crudele, spietata, dove mi picchiavi con la stessa violenza – dice la Fallaci – con cui ti hanno ammazzato”.
Proprio un anno prima di quel terribile 2 novembre 1975 i due avevano ricominciato a frequentarsi e Pasolini aveva scritto la prefazione al libro di poesie ‘Vi scrivo da un carcere’ di Alekos Panagulis, il rivoluzionario greco compagno della giornalista.
“Ho vissuto molto intensamente la morte di Pasolini perchè era un amico. Aveva scritto una bella prefazione a un libro di Alekos Panagulis, un libro di poesie”. In questo incontrarsi e scontrarsi, perdersi e ritrovarsi a venir fuori sono le contraddizioni di Pasolini nel fisico e nell’anima e la visceralità della Fallaci ma soprattutto il loro essere accomunati dalla capacità di svelare e cercare con determinazione la verità. Il libro si chiude con in appendice la ricostruzione dell’intervista impossibile ‘Un senso di giustizia’ in cui Mauro Volterra, collega dell”Europeo’, cerca di strappare una confessione al “ragazzo-che-sa”.
ANSA