La Fallaci sui trentenni: non siate ubbidienti. Bisogna avere il coraggio di dire no, quando quello che ci viene chiesto di fare dal sistema è sbagliato
1 genn – “Io mi divertivo ad avere trent’anni, io me li bevevo come un liquore i trent’anni. Sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatre, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perchè sono liberi, ribelli, fuorilegge; perchè è finita l’angoscia dell’attesa e non è cominciata la malinconia del declino. Perchè siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti; se siamo atei siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perchè anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perchè abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perchè abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perchè abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se c’incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. E’ viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui scenderemo un po’ ansimanti e tuttavia freschi. Non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e avanti e meditare sulla nostra fortuna: e allora com’è che in voi non è così? Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così”.
Questo scriveva Oriana Fallaci ne “Se il Sole Muore” del 1965, libro in cui racconta le speranze, le ossessioni, le delusioni di un gruppo d’astronauti alle prese con la più grande avventura del secolo: la conquista della Luna. La giornalista aveva 36 anni e aveva già scritto 4 libri prima di questo. Insomma erano altri tempi.
L’uomo doveva ancora conquistare la luna, il muro di Berlino non era crollato, la globalizzazione non aveva assottigliato le differenza tra i paesi del globo, non c’erano ancora state le stragi mafiose, che hanno ucciso tra gli altri uomini come Falcone e Borsellino, la fine dell’apartheid e l’attentato alle torri gemelle. Sarà per questo che oggi avere trent’anni non significa che l’angoscia dell’attesa è finita ma al contrario vuol dire che la strada da percorrere per raggiungere i propri sogni è ancora in parte da fare. Questo non vuol dire però che non ci sia più spazio per sognare. Tutt’altro: Mandela più di altri ci ha insegnato che perseverare può significare vincere e Falcone e Borsellino che si può anche morire per un’ideale.
Il consiglio della Fallaci è ancora attualissimo. Svegliamoci!!! Essere obbedienti non è certamente il modo per centrare l’obiettivo. I grandi uomini che ho citato prima sono stati tutto tranne che obbedienti e sono rimasti nei nostri cuori scrivendo la storia. Bisogna avere il coraggio di dire no, quando quello che ci viene chiesto di fare dal sistema è sbagliato. Se ciò che vediamo attorno a noi non funziona bene, dobbiamo cercare di fare la nostra parte per cambiare le cose. Nessuno lo farà per noi. Il mondo in cui hanno vissuto i trentenni nati negli anni ’30 era quello costruito prima dai loro genitori e poi da loro. Quindi se la realtà che ci hanno lasciato in eredità i nostri di genitori non ci piace, dobbiamo cercare di modificarla piano piano; non ci sono molte altre possibilità per migliorare la nostra condizione.
Non arriverà nessun Dio o nessuna fatica con la bacchetta magica a mettere tutto a posto. Impegnarsi in ciò in cui si crede, provare e ritentare nel caso in cui vada male, sbattere la testa e farsi un bernoccolo perchè si è caduti sbagliando e ci si è fatti male e trovare la forza per rialzarsi potrebbe essere un buon modo per poter dire a se stessi di averci provato.
Cercare di vivere ogni singolo giorno come se fosse l’ultimo, ma avere comunque un piano nella propria testa e cercare di fare un passo alla volta lungo il percorso credo sia un’altra saggia mossa, anche se mettere insieme queste due facce di una stessa medaglia spesso non è affatto facile (e perchè dovrebbe?). Va bene anche deviare dal percorso ogni tanto, credo sia normale e costruttivo, ci permette di conoscerci meglio e di scoprire l’altro, il diverso da noi. Chi l’ha detto che la una strada frastagliata sia peggiore di una dritta? Magari è più eccitante, meno piatta per alcuni di noi. L’importante è ascoltarsi. Diventare troppo ubbidienti ci potrebbe far correre il rischio di non sentire più la nostra vocina interna. Ecco, fare tacere la nostra coscienza e il nostro istinto è il peggiore errore che possiamo fare.
http://www.today.it/blog/trentenni-sottosopra/oriana-fallaci-se-il-sole-muore.html