Discorso che Oriana Fallaci pubblicò nel 2005, quando fu insignita del Annie Taylor Award, prestigioso riconoscimento statunitense. I temi che la Fallaci affronta sono quelli delle sue celebri opere, tutte edite da Rizzoli.
Non credo nemmeno nella fandonia del cosiddetto pluriculturalismo. (E a proposito di quella fandonia: lo sapevate che al Barbican Center Theater di Londra hanno mutilato Tamerlano il Grande, il dramma scritto nel 1587 da Christopher Marlowe? A un certo momento del dramma, Christopher Marlowe fa bruciare il Corano da Tamerlano. Mentre il Corano brucia, gli fa anche sfidare il Profeta gridando: «Ed ora, se ne hai davvero il potere, vieni giù e spengi il rogo». Bé, poiché quelle parole aggravate dalle fiamme del rogo infuriavano le autorità mussulmane di Londra, il Teatro Barbican ha eliminato l’intera scena. Mezzo millennio dopo ha censurato Marlowe).
E ancor meno credo nella falsità chiamata Integrazione. Integrarsi significa accettare e rispettare (più educare i propri figli ad accettare e rispettare) le regole, le leggi, la cultura, il modo di vivere del posto nel quale si sceglie di vivere. E quando si impone la propria presenza a un paese che non ci ha chiamato e tuttavia ci tiene, ci mantiene, ci tollera, il minimo che si possa fare è integrarsi. Soprattutto se si è chiesto e ottenuto di diventare cittadini. Status che esige lealtà, fedeltà, affidabilità, e possibilmente amore per la Patria cioè la Nuova Patria che si è scelta.
Ebbene, nell’Europa-Eurabia gli altri immigrati si integrano. Più o meno si integrano. Quelli che vengono dai paesi di cultura cristiana, ad esempio. Dalla Russia, dall’Ucraina, dalla Bulgaria, dall’Ungheria, dalla Slovenia, e tutto sommato anche dalla Romania che davvero non ci esporta il meglio del meglio. Perfino i discutibili cinesi che provocatoriamente si chiudono dentro le loro mafiose enclave, in certo senso finiscono con l’integrarsi. I mussulmani, no. Forse qui, negli Stati Uniti, lo fanno. Beati voi. In Europa, no. Nella maggior parte dei casi non si curano neanche di imparare la nostra lingua, le nostre lingue.
Incollati alle loro moschee, ai loro Centri Islamici, alla loro ostilità anzi al loro disprezzo e alla loro ripugnanza per tutto ciò che è occidentale, obbediscono soltanto alle regole e alle leggi della Sharia. E in compenso ci impongono le loro abitudini. Le loro pretese, il loro modo di vivere. (Cibo e poligamia inclusi). Cari miei, per capire che gli immigrati mussulmani non hanno alcuna intenzione di integrarsi con noi, che al contrario vogliono indurre noi a integrarsi con loro, basta considerare l’Intifada che questo autunno è scoppiata nella provincia di Parigi e poi in tutta la Francia. Ma credete davvero a ciò che sostengono i media quando sostengono che quelle scommesse e quegli incendi sono dovuti esclusivamente alla disoccupazione e alla povertà? Credete davvero che non abbiano niente a che fare con la guerra dichiarataci dall’Islam?
Occhi negli occhi non bastano le prese di bavero. Quelle sommosse erano e sono un’altra arma, un altro volto di questa guerra. Appartenevano, appartengono, alla strategia dell’invasione. Una strategia molto intelligente, ammettiamolo. Perché, grazie ad essa, l’odierno espansionismo islamico non ha bisogno delle armate e delle flotte usate dal defunto Impero Ottomano. Per realizzarsi gli bastano le orde di immigrati che ogni giorno arrivano in Sicilia con le navi o i gommoni o le barche, e ai quali i traditori nostrani spalancano le porte per farli entrare col cavallo di Troia e dare fuoco alla città. Una strategia intelligente anche perché non spaventa come spaventavano le loro armate, le loro flotte, le loro scimitarre, le barbarie di quando in Italia si scappava gridando Mamma-li-Turchi. E perché richiede tempo. Richiede pazienza. Richiede nuove generazioni installate nei paesi da conquistare.
I kamikaze inglesi del 7 luglio non erano forse immigrati di seconda o terza generazione? I rivoltosi francesi di quest’autunno non erano forse immigrati di seconda e terza e perfino quarta generazione? Se sbaglio ditemi perché tra quei rivoltosi non v’erano immigrati cinesi o vietnamiti o filippini o dall’Europa orientale. Non meno poveri e non meno disoccupati. (Ammesso che quelli dello scorso autunno fossero davvero poveri e disoccupati. Alla televisione ho visto ragazzi ben nutriti e ben vestiti come, a suo tempo, i nostri sessantottini ultraborghesi). Ditemi perché essi erano e sono tutti arabi mussulmani o nord-africani mussulmani.
Ditemi perché bruciando le automobili e gli autobus e le scuole e gli asili e gli uffici postali e i cassonetti della spazzatura e le case urlavano «Allah-akbar, Allah-akbar». Ditemi perché, quando venivano intervistati dai giornalisti, rispondevano: «Noi non siamo francesi. Non vogliamo essere francesi». Ditemi perché agivano in modo così coordinato, come se dietro il loro delirio vi fosse la mente di qualche esperto di Al Qaeda. E visto che parliamo di invasione, ditemi perché in Europa gli immigrati mussulmani materializzano così bene l’avvertimento che nel 1974 ci rivolse l’Onu e il leader algerino Boumedienne. «Presto irromperemo nell’emisfero del nord. E non vi irromperemo da amici, no. Vi irromperemo per conquistarvi. E vi conquisteremo popolando i vostri territori coi nostri figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria».
Bando alle illusioni: noi italiani, francesi, tedeschi, inglesi, spagnoli, svedesi, danesi, olandesi eccetera stiamo per diventare ciò che diventarono i Comanci e gli Apache e i Cherokee e i Navajos e gli Cheyenne quando gli rubammo l’America. Stranieri in casa nostra. Anno 2016? Anno 2100? Parlando della futura dominazione mussulmana dell’Europa-Eurabia, alcuni studiosi già riferiscono a noi come ai «nativi». Agli «indigeni». Agli «aborigeni». Di questo passo finiremo anche noi dentro le Riserve come i Pellerossa.
di Oriana Fallaci
grande Oriana,intelligente e lungimirante