5 apr – Testi scolastici che promuovono il fanatismo religioso, discriminano le minoranze e innescano conflitti interreligiosi: la scuola pakistana è – ancora una volta – oggetto di attenzione e studio degli attivisti cattolici di Ncjp che, in un rapporto dettagliato, hanno preso in esame gli elementi alla base della discriminazione di matrice confessionale.
Il rapporto intitolato “Istruzione o alfabetizzazione fanatica”, la Commissione nazionale di Giustizia e pace della Chiesa cattolica invita a ripensare i curricula scolastici, perché anche i cristiani, gli indù, i sikh e quanti appartengono alle minoranze in Pakistan possano approfondire lo studio della propria religione, mentre oggi devono sottostare all’obbligo di apprendere le basi dell’islam, come avviene in alcune aree del Paese fra cui il Punjab.
Dal rapporto emerge che migliaia di studenti non-musulmani sono “costretti” a studiare l’islam ed elementi della religione musulmana, nel timore di discriminazioni. Fra queste, la decisione presa dal Parlamento del Punjab – una delle province del Pakistan – e approvata “all’unanimità”, che rende obbligatorio nel piano studi l’apprendimento del Corano. E ai non musulmani “non viene offerta una valida alternativa”. Al contempo, anche in materie come scienze sociali e analisti della lingua il 20% circa dei contenuti è legato all’islam. Ancora: agli studenti non musulmani non viene assegnato il bonus extra di 20 punti, riservato a quanti approfondiscono studi islamici.
AsiaNews da tempo sottolinea l’importanza dell’educazione quale fattore di riscatto e di crescita per il Pakistan, tanto da dedicare alla scuola e all’istruzione un dossier approfondito (cfr, L’educazione può fermare i talebani in Pakistan). Peter Jacob, segretario esecutivo Ncjp, spiega che “l’istruzione e le politiche scolastiche in Pakistan” sono fra i settori in cui emergono evidenti discriminazioni di natura confessionale e violazioni ai diritti umani di base. A queste si aggiungono una cronica “mancanza di spirito di iniziativa” e complicazioni causate da “corruzione diffusa e inefficienze”.
Nello studio elaborato dagli attivisti cristiani si ricorda l’articolo 20 della Costituzione, il quale garantisce libertà religiosa, assieme all’articolo 22 secondo cui “nessuno è obbligato a ricevere un’istruzione religiosa, o prendere parte a cerimonie religiose, di un credo diverso dal proprio”. Tuttavia, il sistema scolastico ed educativo in genere sembrano “dimenticare” queste due leggi fondamentali della Carta dello Stato, mentre applicano con solerzia la norma prevista dall’articolo 31, in base al quale “è vincolante lo studio dell’islam e del Corano” tanto che – aggiungono gli attivisti cristiani – non vi sono più differenze sostanziali fra le istituti pubblici e le madrassa, le scuole islamiche.
Il rapporto denuncia infine che le religioni diverse dall’islam sono viste “con disprezzo e pregiudizio”. A fronte di una situazione che si fa sempre più critica, Giustizia e pace auspica una modifica sostanziale delle politiche scolastiche e la possibilità a studenti indù, cristiani, sikh e di altre religioni di approfondire le conoscenze della propria fede o, in alternativa, l’educazione etica e civica.
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