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Fratelli Musulmani: chi sono e cosa vogliono

Conosciamo il movimento islamista che è andato al potere in Egitto, Marocco e Tunisia e che influenza la politica di Algeria, Libia, Palestina e prossimamente Siria
di Silvia Scaranari

Per comprendere qualcosa dei Fratelli Musulmani di cui molto si scrive anche sulla stampa italiana bisogna partire dall’auto definizione dell’islam: Islam din wa dunya wa dawla (islam religione, società e Stato), secondo la quale l’islam affonda le sue radici nella stessa rivelazione che Allah ha donato all’uomo.
L’islam basa la sua esistenza su un libro, il Corano, che ritiene dettato direttamente da Allah, attraverso il suo arcangelo Gabriele, al “profeta” Muhammad con una pretesa di assolutezza che nessun altro testo sacro immagina neanche lontanamente di attribuirsi. Nel Corano vi sarebbe tutto quanto può servire all’uomo: sia quello che deve credere, sia quello che deve fare. Nelle diverse sure (114 capitoli da cui è formato il testo) troviamo non solo i punti fondamentali della fede, ma anche le regole di comportamento sociale e di organizzazione politica, la cosiddetta shan’a, la retta via per ottenere la salvezza eterna, da cui i giuris-periti hanno attinto nei primi secoli per definire il diritto musulmano.
Per sintetizzare al massimo, nel Corano è contenuto sia il Credo di una religione che la Costituzione di uno Stato, uniti ad un forte spirito di missione verso tutto il mondo. Lo Stato islamico lecito è quello che adotta la shari’a come base dei suoi codici penale e civile e amministrativo e quindi è din wa dawla ovvero la umma, il califfato, che riunisce tutti i credenti in un’unica realtà socio-politico-religiosa.
Secondo la tradizione islamica, questa unificazione si è realizzata concretamente in modo perfetto durante la vita di Maometto e, imperfettamente, con i primi quattro califfi: Muhammad dopo essere fuggito nella città di Yatrfb, che da lui prese il nome di Medina, stabilì la costituzione medinese che rappresenta la realizzazione della civiltà islamica completa, ove gli aspetti religiosi sono anche sociali e politici. L’organizzazione medinese resta oggi come ieri il punto ideale di riferimento di tutta la comunità e a questo ideale si rifà il mondo del riformismo islamico. La differenza si ritrova solo nell’intensità di speranza di realizzazione concreta o ancora nelle modalità di realizzazione di questo ideale. Nella storia degli ultimi due secoli il problema della creazione di uno Stato islamico è stato dibattuto ampiamente e sono state prospettate soluzioni diverse facendo sorgere nel mondo occidentale le categorie di islam modernista o filo-occidentale e islam conservatore, fondamentalista, integralista o moderato, categorie nate in Occidente che poco rispecchiano la vera natura dell’islam.
In questo contesto si pongono i Fratelli Musulmani, un movimento che nasce proprio dal dibattito sullo Stato musulmano, nel periodo successivo alla Prima guerra mondiale e allo smembramento dell’Impero ottomano, quando incominciano a emergere in modo significativo le aspirazioni dei Paesi arabi all’indipendenza dalla sottomissione agli Stati europei.

ORIGINI E DIFFUSIONE
Nascono ufficialmente nel 1928 ad opera di un maestro elementare egiziano molto vicino al locale movimento sufi, Hasar al-Banna’ (1906-1949), nella cittadina di I Isma’iliyya in Egitto. Oggi sono diffusi in tutto il Medio Oriente e nel Nord Africa, anche se in certi Paesi usano altre denominazioni.
Alla fine degli anni Venti del secolo scorso, il mondo islamico cercava di reagire alla presenza dell’Occidente, nella speranza di rifondare una realtà chiaramente islamica. Contro il processo di secolarizzazione culturale e di sfruttamento economico imputato agli occidentali, Hasan al-Bannà’ propone una ripresa degli insegnamenti coranici più rigorosa, nella convinzione di poter migliorare le condizioni dei lavoratori egiziani prima e di tutti i musulmani poi. L’auspicio è ricostruire uno Stato coerente con le indicazioni del Corano, in cui vengano rispettati i diritti di Allah e quelli del muslim. Per ottenere questo si deve affrontare un vero e proprio jihàd, una lotta per conformare i costumi, la devozione e le istituzioni politiche alla legge islamica.
Sin dall’inizio, M Hasan al-Banna’ e i suoi seguaci privilegiano l’insegnamento, il mondo della sanità e delle attività sociali in genere, e organizzano incontri di preghiera e di lettura dei classici teorici del diritto islamico. Prendono le distanze dall’insegnamento degli “ulama” e applicano un ponte fra tradizionalismo e modernità in modo pragmatico. L’educazione del buon musulmano avrebbe prodotto la riforma della famiglia e questa della società e dello Stato permettendo l’instaurazione dello Stato islamico in modo graduale, pacifico, come una ineluttabile necessità del popolo.
Presto si organizzano (nel 1936 sono circa 20.000) e cercano di influire direttamente sulle decisioni politiche attaccando violentemente i politici locali accusati di essere asserviti all’Occidente e di aver tradito l’islam. L’organizzazione si articola differenziando i ruoli e le appartenenze. Nascono i Propagandisti estivi e i Rover (scout) fondati per attrarre i giovanissimi e proporre loro nuovi valori come virilità, coraggio, cavalleria, perseveranza contro l’inerzia delle vecchie generazioni. Nel 1937 vengono costituiti i Battaglioni degli ausiliari di Allah, un gruppo di fratelli zelanti con preparazione fisica e militare, allo scopo di entrare in politica come parlamentari.
Lo stesso anno Hasan al-Banna’ incarica cinque fratelli di fondare l’Apparato speciale, un esercito islamico segreto, forte, autofinanziato, pronto a attaccare gli ebrei, persuaso che i deboli governi arabi non sarebbero stati in grado di recuperare le terre occupate da Israele in Palestina. Il movimento è pronto per una transizione su posizioni politiche più radicali. Sayyd Qutb (1906-1966), scrittore, critico, giornalista, rientrato da un viaggio negli USA entra nel movimento e assume, negli anni Quaranta, il ruolo di ideologo del gruppo spingendolo inesorabilmente verso posizioni più violente.

L’USO DELLA VIOLENZA
Dopo aver partecipato alle elezioni del 1945 con notevole successo, vengono esclusi dal Governo a causa di brogli. Aumenta così lo zelo rivoluzionario e molti partecipano alla guerra Palestinese nel 1948. Temendone la forza, il governo egiziano di re Fuad II ordina lo scioglimento del partito, ma senza grande convinzione. Poco dopo, un attivista assassina il primo ministro egiziano e con questo il movimento manifesta di aver scelto la strada della violenza. A violenza risponde violenza: Hasan al-Banna’ viene a sua volta ucciso due mesi dopo, probabilmente per ordine del governo. Nel 1952 il colpo di Stato dei Liberi Ufficiali depone la monarchia egiziana e instaura la Repubblica. Nel 1954 i Fratelli Musulmani sono accusati di aver organizzato l’attentato al Presidente egiziano Gamal Abdel Nasser (1918-1970), quindi vengono sciolti e duramente repressi in tutto l’Egitto. Sayyd Qutb, catturato e condannato, subisce vari anni di carcere durante i quali scrive le opere principali (All’ombra del Corano e Pietre Miliari), quindi viene rilasciato ma, dopo poco, verrà accusato di un tentativo di colpo di Stato e impiccato il 26 agosto 1966.
I Fratelli Musulmani hanno sempre tentato di aumentare il potere politico facendo eleggere propri esponenti in partiti diversi, come il piccolo Partito Socialista dei lavoratori. Dal 1970, con l’avvento del presidente Sadat (1918-1981), che si definisce “il Presidente credente”, godono di maggiore libertà e accentuano la da’wa (la missione), intensificando la re-islamizzazione dal basso, creando reti di sostegno come scuole, ospedali, ricoveri, sindacati, centri di preghiera, scuole coraniche, una forte rete di comunicazione, servizi di assistenza ai più poveri, con un rigoroso rispetto delle norme islamiche e una netta separazione fra donne e uomini, ottenendo così un forte consenso popolare.

I SUCCESSI POLITICI
Dal 1981 il movimento continua a svilupparsi fino a ottenere nelle elezioni del 2005 l’elezione di 88 deputati. Successo ripetuto il 28 novembre 2010, anche se i candidati si ritirano al secondo turno per protestare contro Mubarak, accusato di brogli. Durante le prime proteste di piazza Tahrir al Cairo, nel gennaio 2011, i Fratelli Musulmani tengono una posizione defilata per poi presentarsi con forza alle elezioni parlamentari a novembre, ottenendo 235 seggi su 498, e poi alle presidenziali del giugno 2012, quando il loro candidato Mohamed Morsi diventa Presidente del Paese islamico più popoloso della zona mediterranea. Nel frattempo, gli sviluppi delle cosiddette primavere arabe portavano al potere anche in Marocco e in Tunisia partiti o movimenti che rientrano in senso lato nella famiglia spirituale dei Fratelli Musulmani. Pur non vittoriosi nelle ultime elezioni del 2012, partiti affini hanno una notevole importanza nella vita politica dell’Algeria e della Libia. La branca palestinese dei Fratelli Musulmani, Hamas, ha vinto le ultime elezioni tenute in Palestina, nel 2006, e controlla la Striscia di Gaza. Infine, i Fratelli Musulmani sono il gruppo più rappresentativo dell’opposizione siriana che lotta contro il governo Assad.

Fonte: Il Timone, n.117 novembre 2012

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