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Oriana: punto di riferimento in quella che rischia di diventare la notte dell’Europa

Oriana Fallaci

 

In quella che rischia di diventare la notte dell’Europa, i suoi articoli e i suoi libri erano e restano un importante punto di riferimento e, soprattutto, una sferzata per le coscienze assopite di troppi.

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Non ho mai ritenuto Oriana Fallaci un’intollerante, ma intransigente si e, a modo suo, “integralista” nella difesa della nostra civiltà. La nostra civiltà: civiltà cristiana, certo, ma non solo. Da vera laica (termine da lei convertito nel paradosso “atea-cristiana”) coerente col suo passato, la Fallaci si è schierata fino all’ultimo in difesa di quella sintesi della cultura latina e cristiana coi più recenti valori di libertà nati nel secolo dell’illuminismo. Questa sintesi è peraltro legata insieme all’umanesimo, e da quell’invisibile filo che lega Virgilio a Boezio, via via fino a Manzoni, passando attraverso Beccarla e Voltaire.

Oriana Fallaci da sincera laica, da ex progressista degli anni ’70, non poteva non gridare il suo sdegno verso chi liquida il burqa, la mutilazione delle bambine, le norme della shari’a , come un fatto fisiologico riconducibile a “culture diverse”. Come se nel teorema delle “culture diverse” non vi fosse un implicito razzismo, quasi a dire che è naturale che una donna nata in Sudan debba avere meno diritti di chi è nata nel deprecato occidente “capitalista”.

Le istituzioni, italiane ed europee, sembrano già da tempo agire come sotto sequestro; si oscilla tra frasi di circostanza, soppesate col bilancino, a farneticazioni come quella di trattare coi tagliagole quasi fossero una controparte degna del nostro rispetto. Sia detto per inciso: certi ministri, nonostante i loro studi classici, sembrano dimenticare che, quando si combatte “contra latrones”, allora è impossibile trattare cl nemico, sempre che non si tratti la resa di uno dei due. Riguardo allo zelo diplomatico dei politici europei, la storia pare ripetersi, pur con le dovute varianti: una trentina d’anni fa fu coniato il neologismo”finlandizzazione” per indicare un paese “occidentale” dove regnasse, sulla politica e sui mass-media, una sorta di autocensura preventiva. Nella Repubblica Finlandese in effetti esistevano come del resto esiste ancora , una destra e una sinistra in dura polemica tra loro, ma bene attente entrambe a non fare mai cenno a gulag, o a qualsiasi cosa potesse irritare il potente vicino russo.

Stesso discorso per la stampa, assai restia a parlare di Sacharov o Sinjavskij. Nei confronti del mondo musulmano, si sta insinuando una sorta di “finlandizzazione” religiosa, tale da impedirci un giudizio libero come potremmo darlo, ad esempio, sui buddisti oppure sugli induisti. Dopo aver combattuto per anni, (soprattutto dal ’68 in poi), i dogmi e i precetti di casa nostra, ora sembra che accettiamo supinamente i tabù dettati da un integralismo cosi opposto alla nostra storia, almeno degli ultimi secoli.

Ormai è fin troppo chiaro il gioco degli islamici nei confronti di questa stanca Europa: ruoli diversi per una tattica comune, quella che potremmo definire del bastone e la carota. Da una parte la “carota”, in mano ai musulmani “moderati”; ufficialmente pronti al dialogo, ma soprattutto pronti ad ergersi a vittime per ogni frase, anche di larvata critica nei confronti della loro religione. Dall’altra il “bastone”: appannaggio degli “integralisti”, pronti a rispondere a vignette satiriche, o a parole sgradite di chicchessia bruciando chiese e massacrando cristiani. Che i perfidi occidentali poi, non si permettano di pensare che le due cose sono collegate da una sorte di “gioco di squadra”, ossia di ricatto mondiale! In fondo, i musulmani “moderati” abbondano di dichiarazioni del tipo: ”non sono veri islamici, noi condanniamo l’omicidio!”…queste frasi ci commuovono davvero per la loro “spregiudicatezza”, e ci mancherebbe solo che il rappresentante di una comunità dicesse che l’assassinio è cosa buona e giusta.!

L’intellighenzia sinistra, sempre pronta a denunciare le violazioni dei diritti, purché avvenute in Europa o negli USA, si presenta assai più distrutta per quanto avviene nei paesi islamici. Forse è troppo complesso denunciare cosi, su due piedi, gli sgozzamenti o le lapidazioni … quasi a dire: in fondo sono culture diverse, non diventiamo superficiali! Non sarà che qualcuno di questi signori, ammantati di buonismo e pacifismo, vuole premunirsi e tenersi “amici” anche i più biechi integralisti? Ma no, personaggi simili non esistono nel mondo della cultura…e comunque i Kamikaze, cosi come non distinguono (a Gerusalemme come a Beslan) fra militari e civili, fra adulti e bambini, non farebbero certo distinzione fra gli europei cattivi e guerrafondai e i pacifisti buoni e politically correct.

Si accennava, all’inizio a un certo laicismo imperante negli anni ’70: dove sono ora le attiviste dell’Udi, le “streghe” e quante/quanti scrivevano sui muri “PaoloVI fatti c…i tuoi, che al corpo nostro ci pensiamo noi”? Evidentemente, le battaglie di molti, a parole per i diritti civili e per una maggiore libertà (sessuale e non) erano solo a volte a sgretolare-tramite una fase di entropia anarcoide-de la società “capitalista e borghese”. Svuotata dal suo interno la società occidentale, con la distruzione dei suoi valori portanti, sarebbe stato più facile adeguarsi a quel “nuovo ordine” collettivista che a molti appariva vincente e ineluttabile. Che l’occidente indebolito debba ora crollare (con trentenni di ritardo) non più a favore del comunismo, ma della teocrazia islamica, in fondo va bene lo stesso.

Dove sono finiti, dicevo, i sessantottini, i “sessantasettini” e quanti lottavano contro il “Potere”, fosse esso rappresentato dai banchieri, dai vescovi o dai rappresentanti delle istituzioni? A più di uno potremmo chiedere, prendendo a prestito una canzone in voga in quegli anni; “Sei finito in banca pure tu?”, cogliendo nel suo sguardo (e nella cravatta bene annodata) una eloquente risposta. Magra soddisfazione: andati in disarmo tanti vecchi pseudorivoluzionari e i loro nuovi epigoni. D’altro canto, molti soloni danno per scontata una lenta, ma inesorabile islamizzazione dell’Europa (i dati sull’immigrazione parlano chiaro), e sembra si preparino al futuro rinunciando a lottare per la propria identità e le proprie radici. In questo senso, una certa sinistra pare accettare il terrorismo come ulteriore espiazione della vecchia Europa per le Crociate oppure per il colonialismo.

Sempre riguardo al mondo intellettuale, forti ombre gravano sui cattolici di sinistra, e quanti confondono l’ecumenismo del Concilio Vaticano II con una resa , morale e dottrinaria, nei confronti di un’altra fede. Tanto per fare un esempio, i cattopacifisti non si sentono in imbarazzo nel dialogare con una religione il cui profeta di spada ha ferito parecchio, usandone e abusandone contro chiunque gli sbarrava il passo? Altri insistono sul “dialogo interreligioso”. A questi ultimi vorrei obiettare che non vi è dialogo sincero se esso è viziato dalla paura (magari non per se stessi ma per quei missionari in terre ostili). Qualsiasi dialogo, qualsiasi accordo in questo senso sarebbe in realtà il diktat di quella parte che appare più forte o comunque più minacciosa.

Oriana Fallaci aveva capito questo e molto altro, e ne ha preso le debite distanze. Forse, prossima alla morte, avrà sorriso immaginando i necrologi coccodrilleschi che tanti le avrebbero tributato. La scrittrice è stata si ammirevole, ma non solo e non tanto “nella strenua lotta contro la malattia” (come asserito, il giorno della sua morte, in una sorta di ricordo “salutista” del capo dello Stato), ma soprattutto nella battaglia per tutti noi, anche coloro che amano sputare su quell’Italia e quell’Occidente in cui sono nati e cresciuti e in cui, in realtà, si trovano fin troppo bene.

Maria Assunta Bussi

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