23 apr – Un paio di giorni prima delle ultime elezioni tunisine i blogger protagonisti della rivoluzione del 14 gennaio diffusero, tra le altre, una vignetta raffigurante tre scatole: sulla prima c’era scritto «Partito politico 1», sulla seconda «Partito politico 2» e sulla terza «Dio». Pur consapevole di non avere più a che fare con lo scarso senso dell’umorismo del presidente Ben Ali, l’autore si firmava «W», confermando la tesi del connazionale e collega «Z» secondo il quale nel mondo arabo l’unica difesa da censura e autocensura è l’anonimato.
Vinsero i Fratelli Musulmani e, in barba all’annuncio di un’era islamica moderata, due settimane fa i cartoonist Jabeur Mejri e Ghazi Beji sono stati condannati a sette anni di prigione per «blasfemia online»: avevano disegnato su Facebook Maometto nudo. […]
«I caricaturisti spaventano i tiranni più dei giornalisti, perché si rivolgono agli intellettuali ma anche agli analfabeti e oggi, grazie ai social network, possono fare a meno di una testata che li pubblichi» nota il cartoonist egiziano Sameh Samir. In una delle prime illustrazioni circolate in piazza Tahrir alla caduta del regime, l’ex presidente Mubarak chiede a Gheddafi e al re saudita Abdullah: «Quanti nemici avete voi su Facebook?».
Scherzare sul potere equivale a una bestemmia in Paesi come l’Arabia Saudita, che rompe i rapporti diplomatici con la Danimarca dopo l’uscita delle vignette sul Profeta, l’Iran parodiato da Marjane Satrapi o la Libia della fu Jamaria, dove un anno fa l’artista Kais al Hilali veniva freddato da un cecchino mentre affrescava il faccione del Colonnello su un muro di Bengasi. […]
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