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Un killer gira in Africa, obiettivo: Saif Gheddafi

Il capo dell’attuale governo libico, Mahmoud Jibril ha dichiarato che Gheddafi é stato assassinato in base all’ordine impartito “da una parte straniera”.
Potremmo fare ragionevoli ipotesi sul mandante (uno Stato, ‘Servizi’, ‘Finanza’, ‘Economia’) ma sarebbe irresponsabile per cui ci limitiamo a un punto certissimo, ovvero che comunque l’Italia é del tutto al di sopra di ogni sospetto.

La ragione dell’assassinio é di una evidenza palmare. Gheddafi era stato catturato con il figlio. Andava consegnato alla Corte internazionale dove la sua difesa sarebbe stata la chiamata a correi di tanti VIP del mondo politico, finanziario, economico mondiale. Lo stesso Jibril ha dichiarato che in sostanza Gheddafi per le sue relazioni internazionali era depositario di tanti segreti.

L’avevano preso progioniero. Lo avevano anche, eufemismo, ‘maltrattato. Ma vivo era e vivo stava per essere portato in qualche comando dei ribelli. Una scena simile a quella del 4 giugno di 43 anni fa – entrambe documentate dalle immagini nella ressa di gente intorno-. Compare una pistola. Uno sparo. Un foro alla tempia. Allora nella testa di Rober Kennedy, a Los Angeles. Ora nella testa di Gheddafi nei pressi della sua città natale.

Quel colpo di pistola, ci dicono, parte da lontano. Assisteremo nel tempo che verrà a ricostruzioni degli eventi, ben costruite onde smentire quanto dichiarato dal Capo del Cnt. Una sorta di imperativo categorico in una con ‘il progetto’.

E perché?
Perché non c’é solo l’evento del 20 ottobre 2011 quando quel foro alla tempia consntì di seppellire nel deserto con le spoglie del Rais i segreti che quella testa custodiva. Non tutti i segreti sono finiti sottoterra. C’é da qualche parte una testa che almeno una parte ne conserva. Il ‘progetto’, consequenzialmente alle dichiarazioni di Jibril, contempla un altro colpo di pistola. Il killer (i killer) girano per l’Africa-

Obiettivo Sayf Al-Islam Mu’ammar Gheddafi significativamente traducibile in “Spada dell’Islam”, 39enne secondogenito di Gheddafi. E’ girata voce che avrebbe contattato la Corte Penale Internazionale, la cui Procura contro di lui aveva fatto spiccare il 16 maggio scorso mandato internazionale di arresto per crimini contro l’umanità, chiedendo un passaggio aereo per consegnarsi. Qualche dubbio c’é, conoscendo gli arabi che, vedansi Saddam, Gheddafi, lo stesso Mubarak e tanti altri, non scappano (Ben Ali sì, ma, guarda caso, leader dello Stato arabo più occidentalizzato di tutti).

Occorre farlo tacere, a tutti i costi. Ma non é detto che…
Laureato in architettura a Tripoli, ha studiato anche a Vienna a alla London School of Economics. Era, con un fratello, l’erede politico del padre, con idee aperte, al punto che la sua televisione venne chiusa da Gheddafi perché, appunto, di idee troppo aperte.

Quella parte di segreti che il padre aveva condiviso con lui probabilmente non sono depositate soltanto fra i neuroni del suo cervello. Da qualche parte ne avrà certamente depositata copia perché possono essere la sua garanzia, la sua assicurazione non sulla ma di vita.

Una caccia al tesoro é sicuramente in corso, quasi a ricordare l’altra, quella di casa nostra del carteggio di Mussolini con gli inglesi nel 1945. Fa il paio con l’altra, quella dei killer.

Ci auguriamo di sbagliare. Dopo una guerra sbagliata, post-coloniale, mistificata. Dopo le stragi perpetrate dalla NATO per via degli ‘effetti collaterali’ – cinica definizione militare per indicare le stragi di civili, quei civili che l’intervento NATO avrebbe dovuto tutelare, assodato che i civili sono tali da qualsiasi parte stiano – un altro colpo in testa sarebbe la glorificazione del delitto di Stato, altro che il Pricipe di Machiavelliana memoria.
f.
www.gazzettadisondrio.it – 10.XI.2011

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